Leggendo la recensione del libro “Oltre la Morte – Per una mediologia del videogioco” scritta dal generalmente ottimo Ivan Fulco (che potete leggere anche voi cliccando QUI), sono rimasto piuttosto stupito. Possibile che un lettore attento come Fulco, profondo conoscitore del mondo dei videogiochi, non abbia colto i macroscopici errori contenuti nel libro? Alessio Ceccherelli è, probabilmente, un grande antropologo, ma moltissimi riferimenti ai videogiochi contenuti nella sua opera sono errati, cosa che mi fa supporre una sua conoscenza piuttosto superficiale del medium videoludico. Ma facciamo alcuni esempi estraendo direttamente dal libro alcuni brani autoesplicativi del discorso/polemica.
Pag. 24, nota 16:
Uno dei primi, in questo senso, fu Ultima IV, di Richard Garriott, forse il vero padre degli RPG elettronici, e il primo a pensare allo scorrimento di un tempo interno al gioco, parallelo a quello reale. A metà degli anni ’80, ci fu poi il caso Dune, in cui l’unico modo per far scorrere più velocemente il tempo era proprio quello di mettere a dormire il protagonista e farlo svegliare il giorno dopo.
Ultima IV il padre degli RPG elettronici? Dune uscito a metà degli anni 80? Mettere a dormire il protagonista per far avanzare il tempo?
Calmi che il bello deve ancora arrivare. Quindi, piano con le domande e andiamo avanti.
Pag. 28:
Se nei giochi a solo il software permette di sbagliare senza intaccare la vita del personaggio, che può morire infinite volte e riprovare, in gran parte delle communities virtuali se il personaggio muore, muore per sempre, riducendosi a fantasma, e il giocatore può rientrare nella comunità solo dando vita a un altro personaggio, con altre caratteristiche e un’altra personalità.
Questa dove l’ha presa? Chiunque abbia provato un qualsiasi MMORPG sa che non è così che funziona normalmente (sottolineiamo il normalmente, che è meglio) il genere e, anzi, negli anni si è cercato di rendere più soffice la morte dei personaggi e il loro successivo ritorno in vita. Un libro che parla della morte nei videogiochi che non sa come funziona la morte in uno dei generi che più ha fatto parlare di se negli ultimi anni?
Ma bando alle ciance e proseguiamo con qualche altro esempio.
A cavallo tra pag. 30 e pag. 31:
In riferimento alle avventure grafiche: Oltre ad essere tutti strutturati narrativamente su una trama gialla o poliziesca, questi videogiochi danno un’importanza fondamentale all’atmosfera in cui il personaggio viene inserito: suoi il più possibile coinvolgenti, giochi di luci e ombre al massimo del realismo, visuale spesso interrotta da ostacoli con un conseguente accrescimento di adrenalina.
Qui mi sembra si sia fatta una certa confusione accorpando due generi (le avventure grafiche tradizionali con i survival horror) o, semplicemente, confondendoli. Oltretutto non tutte le avventure sono dei gialli o dei polizieschi. Nonostante l’investigazione sia sempre presente, esistono avventure di moltissimi generi differenti.
Ma proseguiamo, rimanendo a pag. 31:
negli adventure l’azione si svolge molto lentamente e l’unica ragione di alcuni scenari è proprio quella di farli osservare per la loro bellezza: il sogno di un cinema interattivo.
Sinceramente questo passaggio non l’ho capito. Ovvero, se l’ho capito bene lo considero abbastanza puerile e inesatto, visto che con gli anni proprio le avventure grafiche sono il genere che più si è staccato dalla cinematograficità coatta impostasi in altri generi.
Vabbé… andiamo avanti.
Pag. 36:
Parlare dei giochi di ruolo non è mai semplice. Sono forse gli unici, tra i generi videoludici, a derivare direttamente dagli omonimi giochi da tavolo, e sono gli unici ad avere una versione multiplayer on line più importante e significativa della versione base per PC.
Qualcuno mi può spiegare l’ultima parte? Sinceramente non l’ho capita. Ovvero, ho capito che chi l’ha scritta aveva le idee leggermente confuse, ma per il resto stento a trovargli un’interpretazione adeguata.
Avanti Savoia!
Pag. 48:
In riferimento ai GDR: Molto spesso, a meno che non si possegga un display molto grande o che non si usi la televisione, la visuale sul campo da gioco è molto limitata, tanto che insieme al menù dei comandi c’è quasi sempre una mappa più piccola dell’intero campo.
Anche qui la confusione è tanta e, soprattutto, l’associazione tra display molto grande e la televisione, dimostra una certa ignoranza rispetto alle basi della grafica… anche perché l’affermazione successiva è completamente inventata e non trova riscontro nella realtà. Nella maggior parte dei giochi di ruolo quello che si vede a 640×480 è uguale a quello che si vede a 1600×1200. Ovviamente aumenta la definizione, ma quasi sempre la “quantità” di mondo di gioco inquadrata è equivalente. Le eccezioni ci sono e naturalmente, con la diffusione di monitor con proporzioni diverse dai 4:3, la quantità di mondo di gioco inquadrata varia a seconda della proporzione dello schermo posseduto, ma sempre se è il gioco a prevederlo.
Dai dai dai, un altro esempio e poi tiro le conclusioni che sennò vado avanti per ore.
Pag. 49:
Il genere in assoluto più narrativo è senza dubbio l’adventure, l’unico ad avere una vera e propria trama e a fondare la propria motivazione sulla più tipica delle dicotomie narratologiche: fabula e intreccio.
Quindi le avventure grafiche sarebbero le uniche, tra i videogiochi, ad avere un vera e propria trama? Da quando? Luttazzi direbbe: “cazzata o stronzata?” ma io sono più serio e mi limito semplicemente a far notare la profonda inesattezza di un’affermazione del genere. Possiamo definire le avventure grafiche più narrative dei survival horror o dei JRPG?
Potrei continuare per qualche altro migliaio di caratteri a riportare errori, imprecisioni, inesattezze e così via, ma credo abbiate capito dove voglio andare a parare. È vero che il libro pone alcune questioni interessanti; peccato però che la moltitudine di svarioni che contiene, oltretutto inerenti al medium di cui pretenderebbe di esaminare una delle componenti, ne mini profondamente la credibilità e che, quindi, il discorso generale ne risulti sbiadito e privo di autorevolezza, autorevolezza necessaria per rendere fondato e dare un qualche valore al periodo finale della recensione di Fulco: Ma il risultato finale non ne risente, offrendo a conti fatti un altro utile contributo alla sempre più interessante scena italiana dei game studies.
In effetti ci sono imprecisioni non da poco, mi stupiscono tutte queste inesattezze.
I Lol’d
Questo non può che confermare una cosa, ossia di come la critica al videogioco debba essere sostenuta da competenze in materia molto ben ferrate, molto più rispetto al cinema o alla letteratura.
Ma casi del genere danno fiducia no?
Della serie, se Ceccherelli ha pubblicato un libro con queste inesattezze direi che c’è spazio per chiunque voglia dare il proprio contributo.
Non lo so AIO… non conosco le condizioni che hanno portato alla pubblicazione del libro di Ceccherelli… certo che la provenienza “accademica” gli da un certo peso… ma non credo che degli esterni avrebbero la via spianata per la pubblicazione, pur facendo un lavoro migliore.
Se hai i soldi tutte le strade sono spianate.
Oh, questo mi ha insegnato la società, mica avrete da ridire? 😀
No, infatti puoi autopubblicarti anche 300.000 copie, poi però non so se qualche giornalista si degnerebbe di trattare un libro che gli arriva senza un qualunque editore alle spalle.
Però ti consiglio di dare un occhio a Pandragon, dove ho fatto uno stage come editor. Loro, pagando una modica cifra (ehm), ti pubblicano tutto quello che vuoi. Anche il meglio del peggio, quindi perchè non un BEL saggio da inserire nella cerchia dei game studies?
Io tendo a diffidare di esperti sopratutto con titolo di studio. Avere un titolo o il potere di parlare non ti esime dal scrivere cavolate. Visto troppe volte ormai.
Coolcat, ma sei io mi pubblicassi un libro (poi non potrei più pagare l’affitto, ma ipotizziamo) ci sarebbe sempre un giornalista pronto a parlarne.
…
Su Ars Ludica, sicuramente! 😀
Quella sulla morte dei mmorpg è tremenda… tanto più che il titolo del libro lascia intendere che si parli diffusamente della tematica al proprio interno.
Più che minare il valore del periodo finale del libro (ti sei dato all’eufemismo stavolta eh karat? quasi non ti riconosco =P) direi che mi serve qualcuno che mi trattenga dal lanciarlo dalla finestra o_o’
Sia chiara una cosa: quelli riportati sono sono una sparuta rappresentanza degli esempi fattibili sul pressapochismo del libro. Purtroppo ce ne sono molti altri.
andiamo bene…
Se ricordo bene In Ultima Online i personaggi morti erano costretti a vagare come fantasmi, ma nessun altro MMORPG l’ha imitato ò__O
Sempre i MMORPG devono essere alla base dell’affermazione per cui gli RPG sarebbero addirittura i soli in cui il multy sarebbe più importante del gioco in singolo (definito “versione base per PC”, come se occorresse una versione enhanced per il multi).
Comunque: maddeché???????????
nono attenzione: su ultima online si muore e si diventa fantasmi ma poi ci si ressa come in (quasi) qualsiasi mmorpg o con una magia da un compagno o da un healer, magari ci sono modalità particolari in qualche shard, ma in linea di massima quella affermazione è una grossa fesseria .
L’unico gioco che ricordi in cui succede una cosa del genere online è la modalità personaggio “hardcore” nel multiplayer di diabloII (gdr piuttosto atipico tra l’altro)
LOL!
Quasi quasi scrivo un libro sulla fusione a freddo di cui sono un esperto internazionalmente riconosciuto…
Sante parole!!! Troppo spesso degli stronzi (questo è un francesismo eh NDMM) parlano di cose di cui non sanno un benemerito cavolo senza neanche documentarsi UN MINIMO!
BRAVI
Ciao
Daniele Manga-Man
Oggi leggo questo: http://next.videogame.it/videoletture/92482/