Prodotto e Sviluppato da Nintendo | Piattaforma NES, GBA, NINTENDO DS, VIRTUAL CONSOLE | Rilasciato il 26 Novembre 1988 (Versione PAL)
OK, signori, c’è uno Zelda che fa schifo.
Sconvolti?
Non fate quelle facce. In realtà basterebbe poco per ribaltare questo giudizio perentorio, ma visto che questo poco non verrà mai fatto perché non prendersi la soddisfazione di massacrare con cattiveria uno Zelda? In fondo mi accontento di poco, visto che c’è gente che si diverte ad accoppiarsi con i cani e altri che sono settimane che guardano le schermate di configurazione di Crysis masturbandosi leggendo le decine di guide al tweaking sparse su internet (quella roba tipo: “ho ottenuto 0,023 frame per secondo in più disattivando la conta dei secondi nell’orologio di Windows, fantastico”). Lo so, le due cose non sono paragonabili. Molto meglio accoppiarsi con un cane (dipende dalla razza, però).
La trama: subito dopo i fatti del primo capitolo della serie, Link trova una Zelda centenaria addormentata in una specie di santuario. Praticamente un mago cattivo le ha lanciato contro un incantesimo che nessuno è stato in grado di dissipare. Per questo il fratello l’ha messa su un altare, l’ha sigillata e ha deciso che da quel momento tutte le principesse di Hyrule si sarebbero chiamate Zelda (e che donna tu partorirai con gran dolore e… mmmm questa è un’altra storia), in onore della bella addormentata. Indovinate chi è il preselezionato che può liberare l’anziana Zelda dal suo sonno eterno? Ma Link, ovvio. Per farlo, il nostro eroe verde deve piazzare sei cristalli in sei dungeon dopo aver sconfitto sei boss.
Il gioco è praticamente un platform/RPG. Gli elementi RPG sono pochi, in realtà: tre caratteristiche incrementabili salendo di livello, alcune magie da acquisire parlando con i saggi dei vari villaggi visitabili e… basta. Vabbé, non che la serie Zelda abbia mai brillato per la profondità del sistema ruolistico.
Zelda II è diviso in due fasi distinte: una esplorativa, vista dall’alto, in cui si viaggia fra le varie locazioni, e una platform vista lateralmente, in cui si esplorano nel dettaglio i luoghi raggiunti, si parla con i personaggi e si risolve qualche semplice enigma (nel caso dei villaggi) o si combattono dei nemici attraversando oscuri dungeon più o meno lunghi (nel caso dei templi o delle grotte). Ci sono anche degli incontri casuali, piuttosto snervanti, che danno vita a combattimenti contro nemici di varia natura (a seconda della porzione di mappa in cui ci si trova).
Per accumulare i punti esperienza necessari alla crescita dei livelli bisogna uccidere i nemici. Non tutti i nemici danno punti esperienza, comunque. Alcuni, i più deboli, non danno nulla mentre in alcuni casi si ottengono oggetti invece dei preziosissimi punti.
Lo so, lo so. Vi state chiedendo perché Zelda II è stato inserito fra i Retrocrap… ci arrivo subito.
Per due motivi precisi.
Il primo è la spada di Link: è corta. Per capirci pensate a Giuliano Ferrara nudo in una vasca di acqua gelida mentre guarda una foto di Prodi e provate a immaginare l’estensione suo pisello. Ecco. La spada di Link è il primo caso di spada “breve” più che di spada corta. Peccato che i nemici siano stati dotati di spade più lunghe delle sue e che quindi i combattimenti siano “leggermente” squilibrati a loro vantaggio. Oltretutto Link, a forza di nutrirsi di fatine, è debole come un articolo di Ostellino e colpisce in modo discretamente lento. È una gioia sentirsi impotenti nei livelli pieni di nemici, dove si viene attaccati da destra e da sinistra con il nostro eroe che subisce colpi continuamente, costringendo a tentare corse forsennate per cercare di limitare i danni.
Ma fosse solo per la spada non avrei inserito Zelda II fra i Retrocrap. In fondo i giochi difficili mi piacciono e, anche se la difficoltà è dovuta a qualche difetto di design, finché è domabile non mi crea molti problemi. Il vero problema di Zelda II sono i punti esperienza.
Immaginate di aver sudato dieci camicie con i baffi e sette tanga di Britney Spears per raggiungere i 2100 punti esperienza. Ve ne mancano 100 per salire di livello. Bene, vedo un nemico. Ora lo uccido e… no, mi ha ucciso lui. Poco male. Continuo e… ma dove sono finiti i punti esperienza? Hey! Rivoglio i miei 2100 punti esperienza! DOVE DIAVOLO SONO I MIEI 2100 PUNTI ESPERIENZA!?!
Ma proseguiamo ad immaginare. Mi trovo davanti alla stanza di un boss. Ho accumulato 2600 punti esperienza. Lo scontro è difficile. Decido di salvare così da poter ritentare in caso di insuccesso. Ecco, il salvataggio è stato effettuato e… perché sono tornato dalla stronza addormentata? Perché i miei punti esperienza sono ridotti a zero? Perché devo rifare tutto il dungeon? Perché non ci sono più gli oggetti che ho raccolto in precedenza ma i punti esperienza mi sono stati comunque tolti? Perché tanta cattiveria verso il povero videogiocatore?
Era l’inizio della seconda metà degli anni 80 e Isshin, il designer del gioco, colpito in testa da una luce solida sulla via di Damasco, decise che il giocatore doveva poter salire di livello soltanto accumulando tutti i punti esperienza necessari in una singola sessione di gioco, senza la possibilità di salvare o di proseguire nella sua opera in caso di morte. Decise anche che il giocatore sarebbe stato rispedito all’inizio dell’avventura dopo ogni salvataggio e dopo aver ricaricato la partita. Queste decisioni malate, furono accolte in modo entusiastico da un Myamoto ubriaco (in questo caso semplice producer) che, invece di tirare fuori una spada e costringere Isshin a fare seppuku, gli permise di perpetrare questo delitto contro la comunità videoludica.
Commento: frustrante come assistere al derby Roma-Lazio nella curva della Roma indossando la maglia della Lazio.
Da ricordare: molte cose, ma soprattutto come sia possibile rovinare un potenziale capolavoro commettendo due semplici errori.
Giudizio sintetico: questo è per le donne: regalatelo al vostro uomo, spogliatevi, e ditegli che gliela darete solo quando lo avrà finito. Mentre gioca toccatevi tutte le parti del corpo.