Dopo mesi di anteprime e interviste il titolo che aspettavate è sugli scaffali; lo volete ma prudentemente preferite leggere un paio di recensioni prima di sganciare la sudata grana. Tutto pare in ordine, vi fidate del voto e del recensore: un attimo dopo state barattando ‘anta euro per l’oggetto dei vostri desideri, sicuri di aver fatto un buon affare.
Eppure dopo un giorno di gioco intensivo cominciate a scovare magagne: che siano bug o gravi lacune del gameplay poco importa, siete pentiti dei soldi buttati e vi trovate a ponderare quanto poco affidabile possa essere stata la professionalità dei recensori consultati. Sarà capitato a tutti di non trovarsi d’accordo con voti e pareri della cosiddetta stampa specializzata ma, messi da parte pareri soggettivi, quando il problema riguarda la superficialità con cui il titolo viene esaminato e valutato allora la situazione è grave.
Condividerò con voi un caso abbastanza famigerato nel contesto della stampa videoludica d’oltremanica.
Amiga Power era una rivista abbastanza atipica: nata nel 1991 nella scuderia Future Publishing, si presentava come il successore spirituale di Your Sinclair, leggendaria testata dedicata allo Spectrum e rivale storica di Crash della Newsfield. Ciò che la contraddistingueva rispetto alle concorrenti era lo humor ereditato da Your Sinclair, con cui condivideva parte della redazione storica, e l’approccio schietto che caratterizzava le sue recensioni: utilizzando la scala di valori percentuale nella sua interezza, Amiga Power non si faceva problemi a demolire brutalmente un gioco immeritevole con punteggi bassissimi e commenti avvelenati. Era anche solita sfottere le riviste concorrenti, insinuando con velata reticenza (sono ironico) che molti recensori dell’epoca intascavano mazzette per pompare i voti.
Questa particolare filosofia da una parte rese la rivista immensamente popolare, dall’altra tendeva a spaventare software house e inserzionisti che spesso ritiravano pubblicità e smettevano di inviare i titoli da recensire.
Tornate indietro di un paio di anni: Dragon Ninja della Ocean era una delle conversioni più attese del 1989; uscì inizialmente per gli 8 bit riscuotendo un buon successo e in estate fu la volta delle versioni a 16 bit. La versione Amiga che qui prenderemo in esame era quanto di più simile potesse esserci sulla macchina Commodore alla paradigmatica conversione arcade perfect, sogno e chimera di una generazione di videogiocatori che immancabilmente vedeva rovinati gli adattamente per home computer degli arcade preferiti. Più veloce del coin op e addirittura con particolari aggiunti come lo scrolling parallattico del secondo livello, si presentava come una manna per gli appassionati del coin op originale. Addirittura su Amiga con memoria espansa presentava elementi extra come la musica e i nemici femminili, offrendo un’esperienza ancora più fedele.
Ok, ma cos’è Dragon Ninja? È un picchiaduro a scorrimento della Data East, uno degli ultimi cloni di Kung Fu Master assieme a Vendetta della Irem. Uscito nel 1988, era già in ritardo sui tempi: il successo di Double Dragon con la possibilità di spostarsi in profondità oltre che muoversi solamente a destra e sinistra come nel sopracitato Kung Fu Master e relativi imitatori aveva stregato i videogiocatori e fatto fiorire diversi cloni come Crime Fighters di Konami e Golden Axe di Sega; il successivo arrivo di Final Fight e relativa schiera di titoli analoghi su CPS1 di Capcom avrebbe piantato l’ultimo chiodo nella bara del genere.
Tutto questo excursus serve per focalizzare la vostra attenzione sulla bidimensionalità di Dragon Ninja: non potendo girarci attorno, un ostacolo doveva essere obbligatoriamente saltato, e da qui nacque il fattaccio.
Amiga Power recensì la versione budget di Dragon Ninja -pubblicata a basso costo sotto l’etichetta Hit Squad– con un terribile 4% firmato da Stuart Campbell, giustificando il punteggio con la motivazione che i programmatori avevano dimenticato di implementare il salto orizzontale.
Il gioco in virtù della sua natura rigorosamente bidimensionale presenta sezioni impossibili da aggirare senza staccare i piedi da terra a meno di non suicidarsi: ad esempio il secondo livello ci obbliga a superare i rimorchi di un camion, e pericoli simili divengono una consuetudine negli stage successivi tra vagoni di un treno in corsa e fetide acque di fogna. Una lacuna disastrosa quanto imperdonabile, peccato che fosse tutto falso. In Dragon Ninja per Amiga il salto orizzontale esiste eccome, è semplicemente scomodissimo da effettuare, complice anche l’alta velocità del gioco.
Per la cronaca, lo si esegue premendo su sul joystick per poi lasciarlo in posizione neutra mentre il personaggio comincia un balzo sul posto e, a mezz’aria, dare la direzione desiderata: difficile quanto volete, cionondimeno presente.
Il publisher, decisamente contrariato da quella recensione, decise di far visita alla redazione di Amiga Power per mostrare di persona quanto fosse stato falso e affrettato il loro giudizio.
Questo generò una errata corrige sul numero 13 della rivista, dove la cricca fece mea culpa ammettendo il proprio errore, sebbene a detta loro le istruzioni del gioco erano state debitamente studiate e messe in pratica senza successo prima di elargire il giudizio originale. Ah, nel caso ve lo chiedeste, il voto venne aumentato di soli 10 punti, ritenendo tale sistema di controllo comunque fallimentare, capace di rendere il gioco in ogni caso estremamente frustrante.
Orgoglio ferito a parte, ricordiamo che la versione recensita era una riedizione economica e che Dragon Ninja era comunque nei negozi da almeno un paio di anni: non il massimo della professionalità recensire un titolo già ampiamente conosciuto e sviscerato su altre testate in precedenza e ciononostante partorire un parere superficiale senza andare a fondo o informarsi. Morale? Non accontentatevi di una recensione, leggetene tante e scambiate pareri sui forum, fortunatamente il 1991 è passato da un pezzo da quel che leggo sul calendario.
Eh, meno male che esistono i forum più che le recensioni 😀
Il problema è che tutte le recensioni sono parecchio uniformate, derivando da quattro o cinque master realizzati dalle riviste/siti più professionali. Quindi a patto di conoscere quale sia il master, si può evitare di leggere tanti copy con parole diverse. Trovo quasi più utile un buon consiglio di un amico che centinaia di recensioni.
Personalmente leggo solo recensioni di chi ha speso 60€ per un gioco invece di chi è pagato per farlo. …chissà perché è *leggermente* più oggettivo di fronte alla merda.
A me però il caso citato sembra uno dei pochi per cui si può dare tranquillamente ragione a chi ha scritto la recensione. Se dopo aver provato e aver seguito le istruzioni, non era ancora possibile ottenere l’effetto desiderato, come qualunque utente medio si aspetta, mi sembra anche giusto che per questo venga stroncato il titolo.
Cmq vedere usare l’intera scala percentuale, se ci si vuole sempre attenere al voto numerico, mi piacerebbe.
sacrosanto condannare il gioco per il sistema di controllo infame, ma nella recensione “vera” non era questione di difficoltà, ma di una grave omissione da parte dei programmatori il motivo del voto (“the programmers have somehow FORGOTTEN TO INCLUDE THE JUMP FUNCTION”). Omissione poi largamente dimostrata falsa.
In effetti pur facendo abbastanza pena la versione Amiga (da quanto leggo qui e su un vecchio numero di Retrogamer) probabilmente non meritava un penoso 14/100.
se non erro capitò la stessa cosa anche con il seguito di Headhunter: nella recensione dell’edizione inglese di OXM, il tizio si lamentava del fatto che le sequenze filmate non si possono saltare, e che le sezioni in moto rovinavano il gioco. peccato che i filmati si potevano saltare, e le sezioni in moto erano completamente assenti.
ma poi di cosa ci lamentiamo, ci sono dei tizi che hanno fatto una fortuna scrivendo dell’assenza di una trama in giochi che invece ce l’hanno, e chi ha orecchie per intendere intenda.