Sviluppato da People Can Fly | Pubblicato da Electronic Arts | Piattaforme: PC (versione provata), Xbox 360, PS3 | Rilasciato nel 2011

Ci ho provato a voler male a Bulletstorm, ma non ci sono riuscito. Lasciando perdere la storia, le battute smargiasse, i protagonisti che sembrano gonfiati come canotti e l’impossibilità di sfracellarsi in qualche burrone che vanifica un po’ la vertiginosa magnificenza degli scenari, non ce la faccio proprio a parlarne male.
Come si fa a rimanere insensibili davanti a un nemico calciato, poi preso al lazo, quindi ricalciato e, infine, trapanato nel deretano dopo che gli abbiamo girato intorno? Come si fa a non adorare la possibilità di spazzare via cinque avversari con un colpo solo facendo salire vertiginosamente il punteggio in un vorticare di numeri e scritte che si accavallano sullo schermo? È gratificazione ormonale, vero, ma funziona.
Bulletstom è gameplay puro, qualcosa di estremamente innovativo nel mondo degli FPS. Paradossalmente non sono stato infastidito nemmeno dall’estrema facilità (si muore pochissimo) e dal recupero automatico dell’energia stile Halo, fattori che solitamente lo fanno.
Il fulcro del gioco è il sistema di combo, intorno al quale girano tutti gli altri elementi. In questo senso Bulletstorm è un gioco sincero che non inganna il giocatore con un preteso realismo, fatto di armi che copiano malamente quelle reali e sparatorie con coperture che sembrano imitare i bambini che giocano ai cowboy.

Le armi di Bulletstorm sono volutamente assurde e tutte finalizzate a creare momenti d’azione coreograficamente nuovi e spettacolari. Anche il classico fucile da cecchino è stato manipolato per non renderne banale l’utilizzo, mentre l’introduzione del cappio energetico è un colpo di genio che non si vedeva da tempo, in un genere da sempre in affanno di idee.
Il fine è il punteggio, con la storia che rimane sullo sfondo pur essendo presentissima. Mentre si cammina si studia lo scenario per capire come sfruttarlo per eliminare i nemici nel modo più fantasioso possibile. Infilzarli, bruciarli, fargli l’elettroshock, farli sfracellare da altezze vertiginose; non ci sono limiti, e i nemici così non sono soltanto ostacoli da superare. Volendo si potrebbero paragonare a dei birilli: quando si gioca a bowling (gli Halo, i Killzone, i Call of Duty e così via) vanno abbattuti, mentre quando sono in mano a un giocoliere diventano delle appendici e si fondono idealmente con il corpo dell’artista/esecutore, diventando un elemento attivo dello spettacolo (Bulletstorm).
Questo uso inconsueto del nemico spinge il giocatore a interazioni creative che hanno senso al di fuori del movente del personaggio che sta impersonando. L’avversario non è più solo un pericolo, oppure lo è solo incidentalmente, e permette di sperimentare le possibilità messe a disposizione dall’interfaccia di gioco. Ad aiutare ci pensano anche i livelli, costruiti con una grande sapienza scenografica e sfruttando una palette di colore finalmente varia e viva, nonostante la presenza di passaggi più cupi e claustrofobici.

Commento: per quel che mi riguarda Bulletstorm è uno degli sparatutto migliori degli ultimi anni, superiore a tanti pretesi capolavori che si scopiazzano a vicenda. Ha dalla sua una certa originalità, possibile grazie allo studio di un gameplay non banale che sa premiare l’abilità del giocatore.