Amazing Maze

Prodotto e sviluppato da Midway | Piattaforme Arcade (emulabile con il MAME) | Rilasciato nel 1976

Simbolo arcaico, tensione intestinale, volontà di rappresentare e comprendere l’ignoto, prospettiva spirituale, fuga, smarrimento, estasi, visione.

Il labirinto è un simbolo affascinante di cui i videogiochi si sono immediatamente appropriati, probabilmente per una questione di affinità elettive, vista la natura ontologicamente (avviso ai lettori: questa parola è stata inserita soltanto per permettere a The Lamb di contestarla) ludica della rappresentazione labirintica.

Da questo Amazing Maze, che prende la forma manieristica del labirinto gettandola sullo schermo senza aggiunte o privazioni, arrivando ad Assassin’s Creed o a GTA IV, in cui la città/labirinto viene ludicizzata in tutta la sua potenza metaforica/allegorica.

Ma rimaniamo nel 1976.

Amazing Maze è semplicissimo: generato casualmente un labirinto dalla CPU, il giocatore deve riuscire a farlo attraversare dal suo quadrato, partendo da destra e dirigendosi verso sinistra, prima che il rombo avversario faccia lo stesso seguendo la direzione opposta. Lo scopo è quello di superare più labirinti possibili.

Innovativo come poteva esserlo un qualsiasi gioco del 1976, Amazing Maze introduce nel modo più ovvio possibile la forma labirinto all’interno del mondo dei videogiochi. Nello stesso anno, sempre la Midway, pubblicherà un altro gioco “labirintico”: Lazer Command, strutturalmente più complesso ma esteticamente ancora legato ad una visione classica.

Darwinia

Darwinia | Sviluppato da Introversion Software | Attualmente disponibile presso Introversion Software o via Steam | Piattaforma Windows, Linux (x86), Mac, prevista XBox360 | Rilasciato nel 2005

I darwiniani sono creature fragili e sarete spesso tentati di credere che se non ci fossero il vostro lavoro sarebbe più facile; ma Darwinia è il loro mondo, come destinatari e come artefici, e senza di loro non potreste in alcun modo portare a termine il vostro compito di liberarlo dell’infezione virale.

Per voi un darwiniano sarà sempre indistinguibile da un altro darwiniano; ma vi dispiacerà quando non riuscirete a catturare l’anima anche di un solo caduto per restituirla alla vita.

Quando incontrerete il popolo dei darwiniani rossi, vi chiederete quale diritto abbiano i darwiniani verdi di riprendersi la terra ora nelle loro mani.

Quando incontrerete il popolo delle formiche, vi renderete conto di quanto possa essere preziosa, o pericolosa, ogni singola anima perduta.

Darwinia vi porrà delle domande e vi darà delle risposte sulla vita, nel senso biologico del termine; vi porrà domande sulla religione, nel senso antropologico del termine; proporrà metafore di rara efficacia, nel senso, uh, efficace del termine.

Sì, ok, ma il gioco?

Il primo livello di Darwinia vi lascia perplessi con l’impressione “oh, no, è come Cannon Fodder, ma peggiore!”. Proseguendo vi verranno alla mente altri nomi: Syndicate (ma peggiore), Black & White (ma peggiore), Lemmings (ma peggiore), Total Annihilation (ma peggiore). Finché non vi renderete conto che Darwinia è Darwinia, e che se esistesse un gioco “come Darwinia, ma peggiore” sarebbe già molto divertente.

Paragonare Darwinia a Cannon Fodder, data la palese mancanza di ogni solido appiglio ad un genere specifico, è una scelta di comodo piuttosto diffusa, soprattutto se si sono giocati solo i primi livelli; con l’illusione poi che sia, sotto sotto, niente più che un RTS come tanti altri, si è indotti a ritenere che non sfugga alla tediosa ripetitività che attanaglia il genere, nel quale la differenza tra un livello e l’altro è spesso solo quanti cactus sono finiti nelle mutande dei nemici (e di conseguenza quanto essi siano arrabbiati).

In ogni livello di Darwinia avrete qualcosa di nuovo e diverso da fare. L’esperienza di gioco è relativamente breve, ma straordinariamente pura: niente livelli-riempitivo. Lo ripeto, perché non succede mai abbastanza spesso, nel “nostro” mondo: niente livelli-riempitivo, a meno di non considerare tali quelli di allenamento. Un vero peccato che la possibilità di creare livelli aggiuntivi sia stata utilizzata dalla comunità per produrre sostanzialmente livelli-riempitivo o remake, ma probabilmente chi ha delle buone idee già lavora alla Introversion.

Si diceva all’inizio che Darwinia è “a misura di darwiniano”. Potrete interagire direttamente col mondo creando piccoli plotoni (controllabili alla cannon fodder/Syndicate) e ingegneri (che avranno i compiti di impossessarsi di edifici chiave o raccogliere anime), o promuovendo darwiniani ad ufficiali (che potranno dirigere altri darwiniani); ma già le unità di trasporto per darwiniani, una volta tramutate in cannoni fissi, avranno bisogno dell’intervento dei darwiniani per funzionare; e dovrete anche badare a difenderle bene, perché se cadranno in mano nemica verranno utilizzate contro di voi. Lo stesso dicasi per gli edifici: un rigeneratore di anime produrrà darwiniani verdi finché sarà in vostro possesso, mentre ne produrrà di rossi se lo perderete.

Darwinia non è un gioco difficile, ma non sempre una strategia sarà equivalente a un’altra. L’intelligenza artificiale è basilare e segue (quasi sempre) le vostre stesse regole, ma è anche freddamente efficace. Scoprire e mettere in atto strategie di successo in alcuni livelli vi darà sincere soddisfazioni.

Giudizio sintetico: un’esperienza di gioco semplice, ma geniale e appagante come non si vedeva dai tempi di Populous (e con questo basta citazioni). Fate conto che abbia messo 4 omini verdi e un omino rosso. E un bollino blu. E un tentacolo viola. E…

Dubbi paranoici di un giocatore davanti ad una porta

E se passando quella porta morissi per colpa di una trappola?

E se passando quella porta venissi attaccato da un mostro troppo forte per il mio personaggio?

E se passando quella porta rimanessi incastrato?

E se passando quella porta mi venisse sottratto tutto l’equipaggiamento?

E se passando quella porta scoprissi un altro tassello della trama rovinandola completamente?

E se passando quella porta venissi disintegrato da un incantesimo?

E se passando quella porta s’impallasse tutto?

E se passando quella porta finissi in un baratro senza fondo?

E se passando quella porta perdessi i salvataggi?

E se passando quella porta fossi costretto a tornare indietro?

E se passando quella porta…

Ma sì, meglio caricare un altro gioco.

Perché dietro una porta, qualcosa c’è sempre.

La foto è di: gi varga

Arcade MMOG

OK, dopo aver letto la re-review di Tabula Rasa fatta da Eurogamer sono rimasto un po’ confuso: Tabula Rasa è bello perché non è come WOW ma per essere divertente e valido deve essere come WOW. Mi son chiesto, ma che cosa c’entra WOW? E’ come usare X-Wing come paragone per recensire Flight Simulator.

Uno dei maggiori difetti attribuiti al gioco è non avere Endgame Content. Ora, non è che l’EGC non ci debba essere, ma è altrettanto vero che non deve esserci per forza in tutti i giochi. Tanto meno deve essere obbligatorio averlo a pochissimi mesi dal lancio, quando, tranne qualche esaurito power player, la parte alta della classifica dei giocatori è ancora tutt’altro che affollata. Dopo tutto un MMOG può essere anche fatto per essere giocato e rigiocato per un un paio di mesi e poi ripreso dopo una pausa più o meno lunga quando esce un’espansione. Questo modello è alla base del successo di City Of Heroes, ad esempio.

Inoltre, ritengo che un eccessivo utilizzo di EGC sia un po’ un’ammissione implicita da parte dei developer di aver creato un sistema di gioco non bilanciato e poco controllabile. Altrimenti che senso avrebbe annichilire del tutto il sistema di gioco non appena raggiungi il livello massimo, proponendo un avanzamento statico e predeterminato, dove l’unico vero obiettivo sono gli unici drop viola per la tua fascia di difficoltà e tutto il resto è solo riempitivo superfluo per far tirarare avanti i tossici della taurina?

Tutto questo sa più di arcade da sala giochi, con tanto di power up che sfruttano le debolezze dei nemici offerti sul piatto d’argento, trash mob ininfluenti giusto per farti perdere tempo e raid boss coi pattern, come nei vecchi shmup. C’è pure il continue: l’abbonamento mensile. Sa di Arcade MMOG, vagamente psichedelico, ripetitivo, intossicante ma anche terribilmente vuoto una volta superata la compulsione.

Posso capire la battaglia dei numeri (peraltro un po’ insulsa), ma partire dalla prospettiva critica che tutti i MMOG devono fornire lo stesso livello di longevità, design, contenuti e playerbase è sbagliatissimo. Sarebbe come dire che tutti i giochi di un certo genere devono essere uguali e castrare il resto perché non è abbastanza uguale o è troppo uguale.

In entrambi i casi ci perdi.

Wii Fit ci salverà

Avanti obesi onanisti dal culo a chiatta piena di mondezza! E’ arrivato il vostro momento! Alzate le budella appesantite dagli anni in cui siete rimasti inerti davanti allo schermo.

Fino ad oggi avete creduto di potervi infilare in qualche mondo fatto di vettori e pixel per salvare regni, principesse, voi stessi e il vostro cane. Tutto quello che avete ottenuto è una panza da fare schifo ai cammelli orbi della Tunisia.

Alzatevi dalle vostre sedie sudaticce come le vostre natiche e iniziate ad agitarvi come salcicce sul girarrosto. E’ l’ora della riscossa! Dimostrate che non vi piace soltanto guardare film porno masturbandovi mentre mangiate patatine al formaggio!

Oggi anche voi entrate a far parte della società, perché la società è entrata a far parte di voi decidendo di farvi dimagrire!

E un, due, tre
e un, due, tre.

Non lo avete capito che fate schifo e che la vostra vita non ha avuto senso? Avete amato i videogiochi per arrivare alla rivelazione: siete degli esseri inutili che hanno sempre puntato sul cavallo sbagliato.

Tu che mi guardi basito con in mano Wii Diet, la dietà interattiva che picchia i carboidrati usando i Mii. Tu che hai in mano un joypad, residuato di un modo di concepire i videogiochi da sfigati cronici capaci soltanto di scaccolarsi combattendo contro qualche boss di forma fallica… sì, proprio tu.

Guardami e pensa alla tua nuova vita. Pensa a quello che sei e a quello che potresti diventare e gioisci! Wii Fit è qui!

Warblade

Sviluppato da EMV Software| Piattaforma PC, MAC | Rilasciato nel 2005 (PC)

Warblade è il remake per PC di un remake di Galaga per Amiga (Deluxe Galaga). Sviluppato dalla EMV software di Edgar M. Vidal, questo gioco ha una storia lunghissima. Praticamente il suo autore ha realizzato solo due giochi (l’altro è un clone di Pac-man) che, con gli anni, ha perfezionato aggiungendo dettagli su dettagli e ha portato sulle piattaforme più moderne.

Qualche anno fa Deluxe Galaga è stato nominato come uno dei migliori giochi per Amiga, riconoscimento solo formale ma importante, visto che è stato espresso a posteriori, in tempi non sospetti, da appassionati che hanno seguito la scena per anni.

Basta giocare per un po’ a Warblade (scaricate la demo) per rendersi conto della passione che ci ha messo dentro il suo autore e di come l’equilibrio raggiunto fra i diversi elementi sia difficilmente riscontrabile altrove. Semplicemente è… perfetto in se stesso. Non saprei come altro definirlo.

Warblade non può essere considerato un gioco nostalgico, perché in realtà il suo sviluppo non è mai cessato. E’ più un progetto di vita che, mattone dopo mattone, mira a spremere una struttura di gioco classica mantenendola fresca e ricavandone il massimo possibile.

Forse possiamo considerarlo un limite, ma è come se l’autore fosse un pittore lavorante in perpetuo sullo stesso quadro. Da pennellate su pennallate. Lo abbandona e lo riprende, anche solo per ritoccare un singolo dettaglio. Tenta di avvicinarsi ad una perfezione che sa di non poter mai raggiungere.

SITO UFFICIALE

[Retrospec] TIE Fighter

Prodotto e sviluppato da LucasArts | Piattaforme PC MS-DOS, Mac | Rilasciato nel luglio 1994

I tempi dello space simulator! Sembrava così aleatorio, eppure era così chiaro che il concetto del videogioco simulativo non richiedeva l’esistenza reale del mezzo simulato. Bastava che la gestione del mezzo spaziale e dei suoi limiti teorici fosse un po’ rarefatta, subordinata alla concezione tattica e ragionata del gesto videoludico basilare di sparare-alle-cose. Una sorta di suprema sofisticazione dello sparatutto, una sua consegna alle forme del verosimile. Che poteva importare che anche la fonte d’ispirazione fosse solo verosimile? Non si trattava di Flight Simulator che spacca le palle; il succo era la sfida, il combattimento, la missione da compiere.

Iniziai con Wing Commander (solo il primo), ma chissà perché non mi convinse mai. Saltai X-Wing e passai subito da parte imperiale. Amai disperatamente TIE Fighter, le tirate di otto ore il sabato, quando gli amic… i conoscenti della scuola mi avevano rifilato il solito pacco. Mai ebbi la sensazione di aver perso qualcosa nel cambio.

Non era nemmeno la licenza di Star Wars ad attrarmi; li avevo visti i film, li andai a rivedere in Thx o come si chiamava quella cosa digitale (ma poi, quante accidenti di ri-ri-ri-ri-riedizioni hanno fatto dopo?), ma non mi ci strappavo i capelli. In realtà per il gioco avrebbero potuto usare qualunque IP originale e più o meno squallida, per me sarebbe stato uguale. Lo amavo giocosamente, amavo visualmente i suoi poligoni grezzi e gouraud-shadati che abolivano il posticcio, le sue navi ammiraglie che capitolavano avvitandosi come narvali agonizzanti sotto l’impatto delle heavy bomb che sganciavo, i suoi caccia ribelli spelacchiati che erano solo un puntino sullo schermo quando sul mio TIE Advanced, emblema vagamente fallico del prestigio acquisito in cento battaglie combattute su cento catorci (per l’Impero Galattico sei giusto carne da cannone e il TIE Fighter è la versione fantascientifica del Mitsubishi Zero, un moschino agile e molesto che però muore sul colpo), li avevo già lockati e gli avevo sparato l’advanced concussion missile tutto rosso su per il sedere che gli avrebbe fottuto gli scudi in un secondo.

Era gioioso raggiungere gli obiettivi bonus e riempire il medagliere, era esaltante gestire la ripartizione dell’energia della nave tra scudi, cannoni e motore (tutti facenti riferimento a un unico generatore), era epico far saltare i generatori degli scudi delle navi grosse per vederle subito abbassare la cresta (contava molto la parte che colpivi!), era drammatico aspettare l’autoriparazione dei sistemi che ti avevano messo fuori uso.

Questo era TIE Fighter. Severo ed appagante, compulsivo e rilassante, tattico e istintivo. Lo space simulator poi morì, e morì anche un pezzo del mio nero cuore nerd. Trovai tante diverse alchimie che mi avrebbero esaltato, ma poche come quella di TIE Fighter mi sarebbero sembrate tanto accoste a una taumaturgia.

Commento: Uno dei miei giochi preferiti di sempre parto di una LucasArts in stato di grazia. Si vede che mi ci ero proprio rincoglionito, no?

Da ricordare: Il TIE Advanced. C’erano due caccia più potenti (almeno se contiamo l’espansione Defender of the Empire, altrimenti uno), ma mancavano deplorevolmente di stile.

Giudizio: Il miglior rappresentate di un genere non più rappresentato. A posteriori, la prova che a volte l’amore di un nerd ci vede benissimo.