Players 07 Free Edition disponibile!

Anche Players 07 diventa free! Avete dovuto aspettare tutta l’estate, magari nel frattempo avete anche perso la verginità, ma ora la vostra disperazione sta per finire: l’unica rivista senza culi in copertina è arrivata al numero 7… gratuito! Ovviamente, se siete tra i fortunati utenti premium lo avete letto già a suo tempo, ma altrettanto ovviamente non si può pretendere troppo da certa gente che nemmeno nei peggiori bar di Poggio Moiano. Comunque, bando alle ciance, cliccate sulla copertina e leggete questo sfavillante numero.

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Con qualche giorno di ritardo (ahem, le ferie, sapete) è finalmente disponibile su Issuu il numero 07 di Players.

Se siete Utenti Premium, vi rimandiamo al post originale per l’accesso alle versioni online e al PDF.

In caso contrario, potete sfogliare Players 07 Free Edition direttamente dall’embed nel post linkato più sotto, dalla nostra home page o dalla colonna laterale delle pagine interne del sito.

Nel caso voleste dare un’occhiata anche ai numeri precedenti, fate un salto all’Archivio. Buona lettura!

 

Nel numero 07 di Players:

Arte: Angela Fraleight / di Andrea Chirichelli
Stories:
 La mia isola multimediale / di Giovanni Donda, Antonio Lanzaro, Paolo Savio, Andrea Chirichelli
Cinema: Review di Melancholia / di Andrea Chirichelli
Cinema: Review di Mindgame / di Cheivan Ghadir
Cinema: Review di Drive / di Andrea Chirichelli
Cinema: Review di Polisse / di Andrea Maderna 
Cinema: Review di Super 8 / di Andrea Chirichelli
Cinema: Review di Karigurashi No Arrietty / di Cheivan Ghadir
Cinema: Review di Les Petits Mouchoirs / di Andrea Chirichelli
Cinema: Review di Kung Fu Panda 2 / di Andrea Chirichelli
Cinema: Review di Attack The Block / di Andrea Chirichelli
Cinema: Cinema, gimmick e 3D / di Piero Ciccioli
Tv: Glee / di Emilio Bellu
Still: Silvia Saba / di Simone Tagliaferri
Comics: Il Campo dell’Arcobalen / di Cheivan Ghadir
Comics: Nemesis / di Andrea Maderna
Comics: Priest / di Piero Ciccioli
Letteratura: Review di The Information: a History, a Theory, a Flood / di Alberto Li Vigni
Letteratura: Review di I papi e il sesso / di Simone Tagliaferri
Letteratura: Review di Repertorio dei pazzi della cittò di Palermo / di Simone Tagliaferri
Letteratura: Le Parole del Postribolo – Photoshop / di Simone Tagliaferri
The Gramophone: Speciale Micromusic: alla scoperta del micromondo dell’8 bit / di Fabio Bortolotti
The Gramophone: Review di Dope Stars Inc. – Ultrawired / di Tommaso De Benetti
The Gramophone: Review di Woodkid – Iron EP / di Tommaso De Benetti
The Gramophone: Review di Flogging Molly – Speed of Darkness / di Matteo Del Bo
The Gramophone: Review di Graveyard – Hisingen Blues / di Matteo Del Bo
Tech: The Last Hours of Portal 2 / di Tommaso De Benetti
Videogiochi: Review di Shadow of the Damned / di Piero Ciccioli
Videogiochi: Review di Infamous 2 / di Paolo Savio
Videogiochi: Review di Child of Eden / di Piero Recchi
Videogiochi: Review di F.3.A.R. / di Andrea Chirichelli
Videogiochi: Review di Hunted: The Demon Forge / di Andrea Chirichelli
Videogiochi: Review di Zelda Ocarina of Time 3D / di Dario Oropallo
Videogiochi: Review di Alice: Madness Returns / di Antonio Lanzaro
Videogiochi: Review di Dungueon Siege III / di Andrea Chirichelli
Videogiochi: Unlocked – Ricordati di ricordare / di Antonio Lanzaro

Chantelise – A Tale of Two Sisters

Pubblicato da Cape Fulgur | Sviluppato da EasyGamesStation | Piattaforme: PC | Rilasciato nel 2011 (occidente), 2007 (Giappone)

Ce lo vedo un giocatore moderno alle prese con Chantelise – A Tale of Two Sisters: grafica bruttina ma colorata, look giapponese estremo e tante vocette carine a fare da sottofondo all’azione incalzante. Non si diverte. Ha gli occhi gonfi e trasuda bile da tutti i pori. Sta morendo in continuazione. Proprio non ce la fa a superare il granchio gigante, secondo boss che sembra uscito dall’inferno, nonostante l’aspetto nemmeno troppo minaccioso. Non resiste più. Non riesce ad avanzare da ore, eppure in altri giochi ha ucciso nemici molto più grossi e più belli da vedere. Cos’è che non va? Perché non c’è una via di fuga, un trucco per vincere facile, un’arma più potente che possa salvarlo dal fallimento? Niente: ha pagato, ma il gioco non gli si inchina davanti come una puttana che prima o poi deve concludere l’amplesso. Chantelise richiede di imparare: il boss e le mappe vanno studiati, la protagonista deve essere equipaggiata con senno e solo poi si può partire alla carica. Sparare a caso va bene per gli action tripla A, qui non basta. Niente lucine colorate con boom finale. È questione di tempo e di abilità. I livelli seguenti sono anche più punitivi, nonostante alcuni boss avanzati siano meno impegnativi dei primi due.

Chantelise – A Tale of Two Sisters, secondo titolo del catalogo di EasyGamesStation a essere tradotto in occidente da Cape Fulgur, sceglie la difficoltà come cifra stilistica. Poco gli interessa del giocatore medio e della sua frustrazione. Il gioco in sé è un GDR d’azione alla giapponese che per certi versi ricorda gli Zelda. La struttura dei livelli è molto lineare, con mappe chiuse che vanno ripulite in sequenza lineare dai mostri per aprirne l’uscita. Ogni mappa contiene un forziere segreto che va trovato risolvendo degli enigmi. Scoprendo tutti i forzieri di una locazione si sblocca una mappa arena, in cui bisogna prendere parte a dei combattimenti piuttosto ardui. Scoprendo tutti i forzieri segreti di tutte le locazioni, si sblocca una locazione segreta. Alla lunga, nonostante siano facoltativi per avanzare, i segreti risulteranno essenziali per non dilapidare patrimoni nell’esosissimo negozio dell’unico villaggio presente, e per rendere più abbordabile il gioco.

La trama narra di Chante ed Elise, due sorelle costrette loro malgrado a combattere per cercare di far tornare umana Chante, trasformata in fatina da un potere misterioso. Lo stile dei disegni ricorda molto quello di un altro gioco di EasyGamesStation, Recettear, con cui Chantelise condivide il mondo di gioco e alcuni asset (gli oggetti e alcuni mostri). La storia si dipana intorno a una manciata di personaggi, costretti a reggere tutto l’impianto narrativo. Nel corso dell’avventura c’è qualche colpo di scena, ma in generale la narrazione è lineare e, a parte alcuni flashback non giocati, scorre senza troppe complicazioni.

Il sistema di combattimento è basato sugli attacchi fisici, portati da Elise, e sull’uso di magie, che Chante può lanciare dopo aver raccolto e usato i cristalli che cadono dai nemici e dagli oggetti. La crescita dei personaggi non è affidata ai classici punti esperienza, ma a delle statistiche legate all’equipaggiamento: all’inizio dell’avventura si potranno indossare solo due oggetti, ma andando avanti si sbloccheranno altri slot, per un totale di cinque (uno andrà sudato nel dungeon survival). Le magie sono legate a quattro elementi e variano negli effetti e nella potenza a seconda del numero di cristalli consumati nel lancio. All’inizio si potranno lanciare incantesimi solo da uno o due cristalli, ma andando avanti si sbloccheranno i potenti incantesimi da tre cristalli e le evocazioni, che costano ben quattro cristalli.

Chantelise non è un titolo privo di difetti e, anzi, paga parecchio l’essere stato pubblicato in occidente dopo Recettear: non parlo della difficoltà, che considero un pregio, quanto della mancanza di originalità e della difficoltà a digerire la spoglia grafica 3D abbinata ai disegni 2D dei mostri e dei personaggi. Insomma, gli manca quel sapore di novità, quell’elemento caratterizzante che gli avrebbe dato uno slancio diverso e lo avrebbe elevato dall’essere soltanto un buon titolo economico, figlio legittimo della cultura indie Giapponese, ma già ampiamente surclassato da chi lo ha preceduto.

Gioventù Ribelle non esiste più

Una breve notizia per dare il triste annuncio della dipartita definitiva di Gioventù Ribelle, il famoso gioco di Raul Carbone sul Risorgimento italiano che doveva far tremare la serie Call of Duty (e un po’ anche Battlefield 3, suvvia).

Sul sito ufficiale sono spariti i riferimenti al titolo che, di fatto, esce fuori dal progetto generale di celebrazione dei centocinquant’anni dell’unità d’Italia (a meno che non lo tengano in caldo per il duecentenario… beh, così avrebbero un sacco di tempo per realizzarlo).

Quindi, niente più tunnel cioccolatosi e killing spree a Porta Pia, niente più papi impalati dietro le barricate e nemici che quando muoiono spariscono come fantasmi. Un vero peccato.

A noi, che abbiamo conservato gelosamente i file del gioco, piace ricordarlo così:

https://www.youtube.com/watch?v=C4KdcRHoXOA

Grazie per averci fatto sognare!

[Diario] Kombattimenti Mortali, incubi e Jennifer Aniston

Sono uno storico detrattore della saga di Mortal Kombat, ma allo stesso tempo amo l’impegno e la voglia di migliorarsi; come la mettiamo allora?

Un po’ di storia: nel 1992 esce il primo capitolo del picchiaduro targato Midway e eserciti di giovani si scoprono morbosamente attratti dalla salsa di pomodoro. John Tobias, che aveva anni prima contribuito allo Smash Tv di quel guru di Eugene Jarvis creando alcuni degli sprite più iconici della scena arcade anni ’90, cede l’anima al demonio assieme al compagno di setta Ed Boon, e i due imbandiscono assieme un’unione sacrilega tra la grafica digitalizzata di Pit Fighter di Atari e la formula del picchiaduro ad incontri che SF2 aveva tanto egregiamente portato alla rivalsa. il risultato è un picchiaduro mediocre che deve il successo a sangue e frattaglie dispensate a profusione sullo schermo anche grazie alle famigerate Fatality, mosse con cui è possibile eliminare in modo cruento l’avversario alla fine dell’incontro.

 

Mutoid Man, pixel su tela, prima che John Tobias mettesse la sua matita al servizio del demonio.

 

Ricordo comunque con affetto il gioco, non per la dubbia qualità quanto perchè all’epoca barattai il numero di Game Power (5.000 Lire) riportante i comandi per eseguire le suddette fatality con la cartuccia di Super Mario Land 2 (60.000 lire circa). Episodi di vita a parte, nello stesso anno esce Fatal Fury 2 su Neo Geo, per nominare un contendente a caso non appartenente alla scuderia Capcom: le alternative quindi sono parecchie e indiscutibilmente superiori, ma Mortal Kombat comunque sbanca nelle sale giochi e con le relative conversioni, aprendo la strada a progetti dal potentissimo retrogusto kitsch come War Gods, Survival Arts e Time Killers.

Sissignore, Mortal Kombat fu uno dei flagelli dell’industria videoludica, e proprio per questo vendette milioni di copie. Prendere nota, prego.

Ma poi, improvvisamente, qualcosa è cambiato. Il secondo capitolo introduce il concetto di juggle combo, dimostrando ai fan del genere che si poteva essere più creativi rispetto al solito buffer pugno-hadoken, il terzo con la sua barra della corsa aggiunge le target combo, il quarto…il quarto no, fa cagare e basta. Ma le edizioni per le console di sesta generazione, tra stili di combattimento intercabiabili e duelli all’arma bianca, erano davvero titoli godibili, fino ad arrivare al recente reboot della serie, probabilmente uno dei migliori picchiaduro degli ultimi anni. Ma anche negli spin-off l’evoluzione è tangibile: dal terrificante MK Mytologies: Sub Zero, titolo veramente BRUTTO con le dovute maiuscole, siamo arrivati a Shaolin Monks, rispettabilissimo picchiaduro a scorrimento uscito in un periodo in cui le delusioni più cocenti sul genere provenivano da softco insospettabili, come Namco con Urban Reign o Capcom con Beatdown e sopratutto Final Fight: Streetwise, un seguito talmente poco “seguito” che Akira Nishitani, il papà dell’arcade originale, ne ignorava l’esistenza.

Dio buono, sto lodando Mortal Kombat; sarebbe più probabile il volo di Cubi Borg che sganciano pacchi di riviste porno sulle maggiori capitali europee.

Comunque, complice il rilascio del buon Freddy Krueger come quarto ed ultimo Kombattente DLC, prelevo online il bundre dei personaggi extra ed aggiorno il gioco. Anche stavolta dentro di me mi congratulo silenziosamente con i Netherrealm Studios dato che, tra aggiornamenti vari, mi regalano diversi costumi alternativi; considerando il milking estremo di SFIV e Marvel Vs Capcom 3 ho imparato a non dare per scontati simili doni, peraltro graditissimi. Quindi eccomi qua, tutto carico che squarto Sub Zero col buon Freddy sotto il megacartellone di Come ammazzare il capo e vivere felici.

Intendiamoci, a me Jennifer Aniston fa più sangue di dieci emorragie messe assieme, ma qui mi sembra un attimo fuori posto… Rimango perplesso quando cambio livello e mi ritrovo a combattere nella metropolitana con schiere di cartelloni simili appese al muro. Faccio un attimo mente locale  e sono certo di aver assistito al product placement in almeno tre stage, quindi vado giù duro di Google per sapere cosa mi sono perso considerando anche l’assenza forzata dal PSN causa hacker rottinculo.

A quanto pare la cosa va avanti da un po’, con pubblicità cicliche di film in uscita al cinema e in Blu-ray. Diciamo che quando il contratto è attivo ci troviamo roba come questa:

mentre quando non c’è nulla da pubblicizzare ci becchiamo questo:

ovvero la pubblicità del fittizio film di Johnny Cage Ninja Mime, che detto tra di noi andrei a vedere al cinema anche subito.

Il product placement nei videogiochi è cosa vecchia, dai cartelloni nei vari Fifa e PES a perle del trash più becero come il mitico Pepsiman, ma a mia memoria è la prima volta che qualcosa di tanto appariscente compare in un picchiaduro. Sapevo che anche nel suo momento più splendente Mortal Kombat doveva muoversi contro la mia ulcera.

No, non credo che la Honda abbia segretamente pagato Capcom per far sfasciare la Lexus nei bonus stage di SF2.

Qualcuno di voi ricorda avvenimenti simili? Magari che ne sai, in Giappone qualche gioco di catch o sumo pubblicizzava fantomatiche marche di fundoshi.

Ora che ci penso questa sembra una trovata degna di Suda, tempo di rigiocare a Super Fire Pro Wrestling Special con rinnovato occhio critico…