Vogliamo anche che la gente si interroghi sulla bellezza. Perché un’esperienza interattiva dev’essere divertente? Perché deve avere regole, obiettivi, compiti, missioni? Non può semplicemente essere bella? Un dipinto può essere bello e perfettamente appagante. Come la musica. O come opere su altri media. Perché non un prodotto interattivo? Vogliamo esplorare l’estetica multi-sensoriale. E scoprire come l’interazione possa contribuire al piacere che proviamo di fronte alla bellezza.
Ah i Tale of Tales, quelli che hanno varcato il sistema solare dell’interazione. E pensare che c’è chi è rimasto all’interazione ludica – poveretto.
Spero per loro che inventino il Nobel per l’interazione, se lo meriterebbero.
Vabbé scherzo, ma proprio non li reggo. 🙂
Peeeeerché Tgm, potevi ancora salvarti… 😀
La critica esaltata per i lavori dei Tale of Tales stranamente mi ricorda sempre I vestiti nuovi dell’imperatore.
dal punto di vista del gameplay, cosa sarebbe esattamente una “vignetta interattiva”?
dal punto di vista del gameplay, cosa sarebbe esattamente una “vignetta interattiva”?
dal punto di vista del gameplay, cosa sarebbe esattamente una “vignetta interattiva”?
dal punto di vista del gameplay, cosa sarebbe esattamente una “vignetta interattiva”?
dal punto di vista del gameplay, cosa sarebbe esattamente una “vignetta interattiva”?
Per la serie “ho compreso a fondo il lavoro di ricerca ed ampliamento che state facendo” … Todeschini sei una flotta di fallimento.
…sperimentare fa sempre bene e rende gratificanti anche vecchi e limitati gameplay(mi viene in mente Rez hd)
…Tale of Tales rinuncia quasi al gameplay in funzione di “un esperienza”…non la vedo una cosa negativa,nemmeno così positiva,ma uno spunto notevole per nuovi prodotti meno orientati al mass market così come lo conosciamo
“non siamo mai in grado di dire con precisione cosa diventerà un nostro progetto, perché è così che creiamo” -> Ehm, questo non mi pare positivo! 😀
Poi per carità, per quanto io sia un detrattore di The Path (e non di The Graveyard), apprezzo il fatto che i loro giochi facciano sorgere anche discussioni interessanti. Spero solo che Fatale sia qualcosa di decen… di diverso.
Essetì, pensi che chi scrive un romanzo o compone una canzone (pensa al jazz…) sappia sempre esattamente quale sarà il risultato finale (a parte un “canovaccio” di partenza)? Gli spunti e le idee migliori spesso vengono nel corso del processo creativo.
Mi piace questa frase:
Chiaramente no, ma un “gioco jazz” ha scarsissime possibilità di essere divertente (scusate l’aggettivo sicuramente non appropriato), se non è proprio basato su meccaniche molto semplici: così come quando il jazz è suonato da un’orchestra di parecchi elementi, *credo* che serva uno spartito, o chissà che cagnara.
L’impressione che ho avuto in The Path è di buone idee tenute insieme da litri e litri di colla opaca e vischiosa… questa “colla” è ciò che si ottiene quando non subentra a un certo punto un minimo di design, è come un cincischiare ritmico (eccessivamente protratto) di basso e batteria in attesa che al sassofonista venga in mente qualcosa da suonare.
Si ma chi va a comporre o improvvisare jazz usa un paradigma consolidato, riconosciuto e riconoscibile. Con tutte le regole del caso.
E’ altresì vero che durante la creazione di un videogame alcune buone idee arrivano in fase di realizzazione, ma dire “non sappiamo neanche noi cosa diventerà un nostro progetto” è un pò una frase ad effetto detta giusto per il gusto di farlo.
Se l’avessero pronunciata alla 3D Realms gli avreste dato retta per vent’anni 😀
Chi l’ha detto che le opere dei Tale of Tales devono divertire?
Non divertono, punto e basta. Sono parte delle nostre vite. Solo che non divertono, ok? Non divertono proprio per niente. Zero. Niente gioco. Avete 30 anni: “sperimentate”.
🙂
@Essetì
Come detto il jazz è solo un esempio estremo, ma si crea “strada facendo” praticamente in tutte le arti.
Per essere “divertente” nell’accezione comunente usata dai videogiocatori basta clonare gli schemi già in uso (chessò? fare un FPS, un RTS…), o almeno partire da quelli provandoli a modificare un po’. Se si vuole fare qualcosa di nuovo, tentare vie completamente differenti è difficile pianificare tutto a tavolino dall’inizio (anche perché con tutta probabilità non funzionerà).
Poi, vabbè, loro non intendono “divertire” nel senso canonico, ma in quello di interessare, affascinare, far riflettere, intrattenere, creare un’esperienza, differente e in qualche modo coinvolgente. Non mi sembra così difficile e non capisco il perché di tutto ‘st’astio, imbarazzo e difficoltà a rapportarsi a questa “novità”.
Non capisco (provocazione) perché ‘sto posto continui a chiamarsi “Ars Ludica” con tutto ‘st’odio che circola per ‘sti poveri tapini che sono quelli che più di tutti sembrano aver recepito e si sforzano tra mille insulti (ho dato un’occhiata in giro per il web) a portare avanti il discorso del manifesto 😀 .
@ Cherno
Semplicemente, essendo una produzione indie, è uno spirito, un tipo di approccio diverso da quello della megaproduzioni, più vicino a quello dei “giochi di una volta” realizzati in uno scantinato.
Pensi che, per fare un esempio, i Sensible per realizzare Parallax, Wizkid, ecc. non improvvisassero parecchio strada facendo? Tipo “oggi ho scritto questa routine di scrolling parallattico multidirezionale, che ci faccio?” “uh, che carina, mettici questa navicella che ho disegnato… anche delle piramidi ci starebbero bene”, “massì, anche degli scienziati pazzi strafatti di coca, come in quel film di fantascienza che abbiamo visto ieri…” (dalle interviste si direbbe che non lavorassero in maniera molto diversa).
Eppure di creatività in quei giochi ce n’era parecchia, mediamente molta di più che nelle megaproduzioni odierne che, inconsciamente o meno, sembrano sempre IL punto di riferimento anche qui dentro (“sì, carino il giochino indie MA…”) 😛 .
In linea teorica trovo interessanti i loro lavori, tanto che The Path l’ho comprato perché mi sembrava un’esperienza che avrei fatto volentieri; nei fatti non mi ha coinvolto per nulla, né ludicamente né emotivamente.
L’interazione con l’ambiente non è chiara e per quel poco che è chiara è frustrante (devi beccare il voxel giusto su cui stare per attivare alcune scene o per interagire con alcuni oggetti), il sistema di controllo richiede una notevole dose di morfina per essere sopportabile (fortuna che non devi sparare a degli zombi), i *minuti* interminabili per entrare nella casa della nonna dopo la traggedia sono carichi di pathos come un apecar che corre la 24 ore di Le Mans. Apprezzo lo sforzo, davvero, e non aspetto altro che di premiarlo con la mia approvazione, ma le idee interessanti non devono essere di per sé una giustificazione di una realizzazione non all’altezza.
Detto questo, rimango *sinceramente* in interessata attesa del loro prossimo lavoro, senza alcun genere di pregiudizio.
E che sarà mai ABS, non si possono neanche prendere un po’ in giro i Tale of Tales? 🙂
C’è Karat che è un grande sostenitore dei loro titoli e gli ha dedicato articoli appassionati. E di certo non è l’unico che li plaude.
In attesa che anche negli altri cresca un’attrazione Fatale, lasciamo libera la critica. No?
E “poveri tapini” mi sembra esagerato, fra poco espongono al MOMA se continuano così. 😉
André, la terza parte di A volte dove sta?
Me lo scrivi addirittura qui nei commenti? 🙂
Sto sistemando il commento a Resistance 2 e te la invio stanotte o al massimo domattina.