[Dofus] Frigost in uscita il 25 Giugno!

Fa caldo, vero? Non me ne parlate.

Nella fiacca dopo l’E3 ci pensa Dofus a dare un po’ di pepe all’estate videoludica, notoriamente avara di novità ed eventi: il 25 Giugno sarà rilasciata la nuova espansione di Dofus: Frigost, un evento quasi senza precedenti per il gioco, data la portata e le dimensioni dell’update gratuita.

Come al solito Ankama introduce il suo nuovo continente con un po’ di lore ed un bel trailer:

All’incirca un secolo fa, Frigost era una terra verde e fertile con un clima dolce e mite. Favorendo il progresso e l’innovazione, l’isola era riuscita a diventare la più grande potenza agricola del Mondo dei Dodici. Solo Amakna, la sua eterna rivale, minacciava il suo primato… Per evitarlo, il Conte Allarovescia, un genio della sua epoca, costruì una macchina in grado di influenzare il clima.

Affascinata da questa formidabile invenzione, Jiva, la guardiana di Gevian, chiese al Conte di poterla perfezionare per portare a termine una missione segreta. L’esperimento però finì male e Djaul, che non aspettava altro, andò su tutte le furie. Per punire i Frigostiani di quell’affronto decise di congelare l’isola nel tempo e condannò i suoi abitanti a vivere in un inverno perpetuo…

L’espansione è piuttosto succosa ed abbonda di contenuti e novità, ecco tutti i dettagli dalla press release:

L’Isola di Frigost ha la forma di una balena ed è 5 volte più grande dell’Isola di Otomai. Destinata ai giocatori dal livello 100 al 200, questa espansione propone nuove famiglie di mostri (Pappabuk, Ghiacciopaz, ecc…) e nuove missioni. La particolarità di questa espansione è una progressione per scenari in cui è necessario sbloccare le diverse missioni e zone una dopo l’altra. L’espansione sarà implementata in 3 parti e la più importante uscirà il 25 giugno. Il boss dell’espansione sarà accessibile solo nel terzo episodio.

Il primo episodio contiene 6 famiglie di mostri diversi (per un totale di 39 mostri), 4 dongioni, più di 80 nuove missioni (tra cui degli avvisi di ricerca in cui bisogna cacciare e catturare i mostri indicati), più di 100 oggetti (alcuni dei quali offrono dei nuovi bonus come la resistenza ai colpi critici) ed equipaggiamenti e 7 nuove zone da esplorare per un totale di 900 mappe. Sono stati implementati una ventina di nuovi recinti e più di 300 nuove case da comprare. Per aumentare la praticità, è ormai possibile registrare dei set personalizzati ed equipaggiarli in un clic e si possono anche creare delle build per i personaggi in funzione dei propri bisogni specifici. Questo episodio è destinato soprattutto ai personaggi dal livello 100 al 180.

Vi lascio con un po’ di immagini dove potete vedere le dimensioni del nuovo continente ed un po’ di creature, locazioni ed NPC della nuova espansione.

Molleindustria si conquista la pagina di lancio di ilfattoquotidiano.it

Un po’ fa piacere vedere il sito di un quotidiano generalista lanciarsi con in prima pagina un articolo dedicato ai videogiochi, soprattutto se si parla di un progetto come quello di Molleindustria. È quello che è successo questa mattina con il lancio del nuovo sito di Il Fatto Quotidiano, che riporta in prima pagina un articolo dedicato al progetto di Paolo Pedercini. Complimenti a questo nuovo riconoscimento per uno degli alfieri della ribellione nel mondo dei videogiochi.

I videogiochi sono arte?

Già una volta parlai di come nel mondo del cinema non si è arrivati mai a dire “il cinema è arte” in modo perentorio e definitivo, ma ci fu un lavoro di travaso, per certi versi favorito dal clima culturale dell’epoca, che affermò il cinema come arte attraverso un percorso fatto di opere e testi critici. Ovviamente non mancarono i detrattori che non ammettevano il fatto di associare la parola arte al nuovo medium o che, pur accettandone la possibilità, vedevano il cinema come un’arte minore rispetto alle arti classiche, soprattutto alla letteratura. Non mancarono anche le voci di quelli che volevano lasciare il cinema nel suo status di “forma tecnologica di intrattenimento”, relegandolo a curiosità per le masse borghesi desiderose di evasione.

Facendo un salto indietro, chi direbbe oggi che lo stesso successe con il romanzo? Attenzione, non con la letteratura, ma con la forma letteraria del “componimento narrativo in prosa storico o inventato imperniato sulle vicende di uno o più personaggi”, per dirla con il dizionario Garzanti. Questa non è la sede per fare la storia del cinema o della letteratura. Quello che ci serve di sapere è che, preso come valido il principio secondo il quale ogni nuova forma di espressione, nel cercare di affermarsi come tale, trova resistenze da parte della società e che le tesi contrarie si basano in primo luogo sul confronto con l’esistente, non possiamo sperare che i videogiochi riescano a mettere in evidenza le loro potenzialità espressive senza la gestazione di un discorso critico più articolato.

Di che tipo di critico abbiamo bisogno? Per dirla come Umberto Eco: “chi parte con un giudizio prefissato e imposto al lettore non è un critico ma una sorta di carabiniere o venditore (a scelta) dell’arte. È che il critico, lo si era detto, alla fine del processo critico deve elaborare una categoria, proporre un modello da accettare in cambio della lettura analitica che permesso, risolvere in una formula operativa l’opera che ha aiutato a vedere in tutta la sua complessità di congegno; e questa categoria sta al di fuori dell’opera perché è verbale, e come tale permette alla critici di <> le opere d’arte, la loro successione storica, il gioco delle influenze e delle leggi a cui soggiacciono.”*

Aggiungo io che il compito del critico videoludico, in questa fase, è quello di sbagliare, ovvero quello di rischiare proponendo modelli che siano un principio d’ordine, per quanto fallace, che avvii un dibattito serio interno al nostro mondo, cercando di aprirlo agli altri mondi. Quello che è già avvenuto a livello economico e commerciale, dovrebbe diventare un fine anche a livello culturale, in modo da stabilire contatti di reciprocità con gli altri media, uscendo dal gioco delle gerarchie.

Per farlo bisogna in primo luogo evitare le definizioni facili, che nascondono sempre la ricerca di gratificazione personale. Lo scopo primario è il dare forma a ciò che finora è lasciato a livello di mera intuizione, ovvero rendere intellegibile verbalmente la percezione di un senso profondo che si può avere di fronte a un videogioco, pur rischiando di limitarlo.

Non bisogna necessariamente costruire da zero, ma è possibile lavorare partendo dalle sensibilità individuali per cercare di farle confluire in una visione più articolata e globale. L’unica vera urgenza è quella di smetterla di spacciare i videogiochi, pur riconoscendone la natura, come un fatto meramente matematico; ovvero bisognerebbe piantarla di scomporli in minimi comuni multipli lì dove a contare è il quadro generale, che produce il suo senso nella mescolanza inscindibile dei suoi elementi.

Bisogna iniziare a concepire un videogioco come un flusso di informazioni espressive o funzionali legate tra loro le quali, prese singolarmente, diventano altro e non fanno più parte dell’opera complessiva. Insomma, bisogna abbattere a picconate la via adolescenziale del giudizio ormonale nato negli anni ottanta, quando i videogiochi venivano visti in primo luogo come un fatto tecnico e si esprimevano giudizi pensando soprattutto alla qualità del codice.

*(da: P. Consagra, U. Mulas, Fotografare l’arte, Fratelli Fabbri, Milano 1973)

Articolo già apparso su Babel 23