Ringcast Extra 13 – si parla di Lost

I ragazzi di Ringcast fanno un’uscita speciale di fine Agosto per… parlare di Lost. Non mi guardate con quelle facce ebeti. Un giorno Dio li punirà per questo e Gatsu partorirà con gran dolore e Vito ridiverrà un ciccione. Fino ad allora scaricate tutti i podcast che segnalo.
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Quand’ero piccolo, mio nonno, pace all’anima sua, mi ha insegnato come chiudere qualsiasi discorso: rispondendo sempre e comunque “D’altra parte è così”. Esempio: oggi piove – d’altra parte è così. Ho pagato 500€ di bolletta del gas – d’altra parte è così. Alla domanda: “Ma perchè RingCast fa una puntata su Lost, quando dovrebbe parlare di videogiochi?”, noi infatti rispondiamo: d’altra parte è così. Nello speciale più OT di sempre, RingCast risponde con gente che ne sa a domande tipo: abbiamo perso tempo per 6 anni? Lost è la serie più bella di sempre, o un complesso imbroglio massonico per distrarci dal men che entusiasmante andamento del PIL? Gli sceneggiatori sono dei cazzari? C’è una strana tensione virile fra Jack e Hugo o sembra solo a me? La risposta a questi e altre inquietanti misteri in RingCast Extra 13 – Speciale Lost. Con noi in studio: il critico cinematografico più incompreso d’Italia (Fulgenzio), il peloso mastermind di Metal Gear Solid: Philanthropy (Giacomo Talamini) e per la prima volta sulle nostre frequenze Fabio Guaglione di Fast & Forward, responsabile assieme all’altro Fabio degli eccezionali cortometraggi EDEN, The Silver Rope e Afterville.

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3 commenti su “Ringcast Extra 13 – si parla di Lost

  1. Un po’ di appunti: 
    Lost non ha cambiato internet, i fansub già esistevano e la pirateria delle serie è roba che ricordo da quando si scaricavano satrip e cablerip da 70MB inguardabili, perché i modem 56k non ce la facevano. Per chi ha avuto le pay-tv da prima del satellite le serie in quasi-contemporanea non sono mai state un problema. Nell’europa extra-italiana non lo sono mai state in generale. Non attribuiamogli meriti che francamente non ha! Anche perché in Italia alle masse è arrivata molto tardi (2006), quando certi fenomeni consolidati da almeno un decennio nell’internet anglosassone avevano già attecchito da molto anche nel ghetto italiano della rete.
    Si può dire invece che Internet ha cambiato (diciamo danneggiato) Lost: puntate con esiti a votazione promosse su MySpace, webisode, profili farlocchi, Cloverfield, viral marketing e simili hanno creato l’hype ed il fenomeno di costume che è Lost, che poco c’entra con la bontà o meno dei contenuti della serie (come può essere buono qualcosa che il fandom vota a cazzo ogni settimana? E’ lì che ho iniziato a perdere interesse). Si poteva pure parlare di patatine fritte mannare ma quando crei un traino pubblcitario tale, tutto il resto cade in secondo piano. In realtà è semplicemente una versione modernizzata e virale dell’altrettanto insoddisfacente X-Files (altra serie trasmessa quasi in contemporanea nelle sue fasi finali e piratatissima nella rete di allora, dieci anni prima), che ha fatto una fine analoga mettendoci solo più tempo.
    Lost ha virato sulla fantascienza perché una serie che l’aveva preceduto in sordina un anno prima, Battlestar Galactica (una delle ultime grandi serie drammatiche della TV americana) era nel momento di suo culmine ha iniziato ad intaccarne la popolarità mediatica (in modo del tutto spontaneo, ecco perché sono fioccate critiche e persino menzioni delle Nazioni Unite) ma anche a creare un nuovo tipo di serializzazione basata sui personaggi e sulle psicologie forti e morbose, invece che sull’azione, l’avventura ed il mistero fine a sé stesso.

    Il tutto contornato da uno story arc coerente, senza stiracchiamenti o lacune di pianificazione. E’ interessante un’intervista di Donald D. Moore che spiega che la fortuna della serie è derivata proprio dal non ascoltare né il marketing né i fan e continuare a sviluppare anche personaggi odiatissimi come da copione, per non rovinare la pianificazione narrativa e la qualità della storia (ed infatti BSG è stata una delle poche serie ad incrementare gli ascolti costantemente durante la sua programmazione).

    Queste influenze (e non lo dico io, la critica televisiva statunitense è pressoché unanime), hanno cambiato anche Lost facendolo virare su un nerdismo superficiale ed in definitiva alienante per gli ascoltatori più easy sino ad catastrofico dimezzamento degli ascolti che ha costretto a ridurre il marketing e l’appeal della serie (si è un po’ perso l’effetto lo devi vedere perché la vedono tutti).

    Come in molti casi, l’adozione di elementi così diversi a mio parere ha migliorato i personaggi ma non ha potuto nulla contro il resto dei problemi della serie (sceneggiatura debole e sensazionalista, troppa attenzione ai desideri del pubblico) che sono rimasti ed hanno progressivamente indebolito tutta l’infrastruttura della serie fino al prevedibile epsiodio non conclusivo (anche perché se il fandom italiano sperava in un finale netto e fomentava questa aspettativa, le interviste statunitensi hanno anticipato, sin dall’inizio dell’ultima serie, che le risposte sarebbero state poche e non del tutto risolutive).
    Le congetture che cercano di spiegare le lacune esistono per due motivi. Il primo è che molta gente, delusa, cerca di motivare il suo investimento di tempo. Come dice giustamente Tommaso, chi segue le cose con il cervello, riesce a razionalizzare. Chi aspetta l’intrattenimento fine a sé stesso, il botto finale che non arriva mai e viene perennemente posticipato (X-Files?), alla fine si sente un po’ stupido e, spesso, se ne vergogna (quanti ti vengono a dire: “Ma se non ti è piaciuto perché te lo sei comperato?”). Il secondo, ancora più scontato, è che una serie che racconta una storia non può essere basata su cast ballerini o influenzata dal gradimento puntata dopo puntata (il declino costante e progressivo degli ascolti è una prova sul fatto che Moore ha ragione: mai seguire il pubblico capriccioso). Tantonemo si può ricorrere ad una narrativa infantile che sposta l’attenzione dello spettatore introducendo un mistero nuovo senza spiegare o almeno motivare con coerenza il precedente. La frustrazione alla fine la paghi, perché molti non la sanno razionalizzare ma rimane comunque nell’inconscio dello spettatore e lo lascia deluso.
    Personalmente ritengo che qualsiasi storia che si lascia interpretare solo tramite congetture esterne al quadro narrativo è una serie fallimentare, se non altro sul piano della comunicazione, anche se può avere momenti o personaggi ispirati.
    In definitiva un grande fenomeno di costume (come WoW, gli iCosi ed uscire il sabato sera altrimenti sei un fallito) che diverte ed ha i suoi momenti ma che la gente ha già iniziato a scordare e lo dimostra anche il fatto che i siti ed i giornali mainstream si sono ricordati di Lost solo DOPO l’ultima puntata, quando inizialmente battevano ed anticipavano ogni singolo episodio (privilegio poi passato alle ultime due stagioni di BSG).

  2. La disanima di Zero è pressochè perfetta, e fenomeno di costume è quello che descrive meglio Lost più di “capolavoro o pietra miliare” del genere ma rimane comunque un progetto interessante almeno per le prime due stagioni.
    Per il resto cambi di rotta, sceneggiatori presi e spariti e l’abbandono di Abrams (che sono convinto abbia fatto più bene che male al serial, ma sono più convinto che un po tutto il mondo dei serial ne guadagnerebbe se si levasse dai coglioni, e si portasse dietro la rovina moderna degli sceneggiatori che portano il nome di Kurtzaman e Orci) hanno comunque portato a un affossamento della saga che si è ritrovata a pensare più al profitto della qualità.
    Cosa che è giusto fare, ma ci sono modi e modi (chiedetelo ai signori dell’HBO).
    La delusione non sta nell’ultima puntata o nell’ultima serie, lo squalo lo avevano già saltato col pozzo, e nemmeno un finale inconcludente poichè è un giusto (brutto) finale che chiude una brutta stagione (un buon finale del serial continuo a trovarla la 4×01).
    Ci vedo del buono, tanta gente che limitava a credere che il mondo dei serial cominciasse e finisse con Rai2 con E.R. ha scoperto un panorama abbastanza florido, anche grazie ai siti di fansubbing che comunque hanno avuto una buona parte nello sdoganamento della cosa (e magari nell’abbattimento del doppiaggio come barbara attività :ChernoVieniQua: ) facendo arrivare tante persone a prodotti che probabilmente non avrebbero mai guardato.

  3. Bel post Matteo, mi scuso per il ritardo nella risposta. Quello che volevamo dire è comunque NON che prima non ci fosse la pirateria, ma era limitata ad un circolo di ubernerd. Lost hanno iniziato a tirarlo giù da internet anche cani e porci, gente che prima non aveva mai usato un torrent e forse usava emule per scaricarsi al massimo il cd dei coldplay e/o i porno.
    Per molti italiani vedersi la serie in inglese sottotitolata era impensabile prima di lost, ma l’attesa era talmente spasmodica che molti hanno deciso di non aspettare il doppiaggio. 

    Ho esperienza di personaggi simili nella mia cerchia di amici e sono sicuro che è lo stesso anche per altri…

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