La riflessione di oggi nasce dalla lettura del blog di Roberto Recchioni, uomo dal multiforme ingegno che ammiro sinceramente tanto da consigliare ogni libro, rivista, fumetto alla cui realizzazione abbia preso parte. Ieri, 17 maggio, rrobe linkava questa interessante riflessione di MA! Leggetela un momento, che poi ci riflettiamo su.
Letto? Piaciuto? Lo spero.
Credo che imbastire un paragone tra il panorama musicale descritto da MA! ed il mondo videoludico sia importante, poiché ci permette di analizzare in modo migliore un particolare fenomeno del mondo dei videogiochi.
Malgrado il tentativo di assalto ai giocatori occassionali abbia provocato un tenue tentativo di chiusura da parte di quell’élite che si autodefinisce “hardcore gamer”, non credo che si possa parlare dell’invisibilità citata da MA: le software house sono attente nei confronti di questa fetta d’utenza e riescono ad accontentarla facilmente con un FPS o un action-adventure fotocopia e con un multiplayer reiterato… o al limite con un remake. Perciò la maggioranza degli “hardcore gamer” è assecondata dalle software house e dai publisher più importanti, rientrando pienamente nel mass market: d’altronde il recente ritorno delle varie edizioni epiche, speciali o limitate costituisce soprattutto una reazione al mercato della pirateria, tentando di incantare gli acquirenti per lo più con confezioni metallizzate, piccole aggiunte in-game e pacchiane action figure.
D’altro canto è importante osservare che vi è un gruppo di videogiocatori realmente elitario: si tratta di quelle persone che, attraverso un gioco, maturano riflessioni e ne discutono. Si tratta di quei giocatori a cui si rivolgono edizioni speciali degne di questo come, come quella di Bioshock 2 (per ironia della sorte, l’edizione da collezione risultava essere decisamente migliore del gioco promosso da essa) o quella di The Witcher 2: Assassins of Kings. Quegli appassionati che, se non sono soddisfatti dai giochi in uscita, rispolverano dei classici, scoprono piccoli capolavori indie o non giocano affatto. Quei pochi che, su smartphone o tablet, cercano qualcosa di più oltre la distruzione del touch-screen.
Questa minoranza, chiamatela come preferite, è sicuramente elitaria ma, al contrario di quanto accade nel panorama musicale, risulta essere particolarmente comunicativa ed attenta. Una comunità i cui elementi emergono tra la rete e si scambiano opinioni, consigli. Una minoranza che spesso critica ed entra in conflitto con altri appassionati, non-giocatori, publisher e persino software house. Una minoranza che definirei particolarmente attiva nel tentativo di comunicare con il resto del mondo videoludico e che è possibile rintracciare attraverso il web.
Mi chiedo se questa minoranza, elitaria ma socialmente attiva, possa gettare le fondamenta di una nuova concezione del Videogioco.
In cuor mio, e non negherò mai di pensarlo, io lo spero e ci credo.
In realtà gli hardcore gamer non sono un élite. Sono gente spesso un po’ ottusa che consuma prodotti di massa differenti, non certo più profondi di un FarmVille qualsiasi.
In pratica, si tratta di tutta quella gente che gioca perché gli piace farlo, che non si sente in obbligo di dover spendere necessariamente cifre assurde per stare dietro alle ultime uscite, e che magari si sceglie bene cosa giocare perché, diciamolo, ormai non ha più tutto questo tempo da buttare via. Quindi stiamo parlando dei vecchi babbioni! No, non salveranno il mondo, e non getteranno le fondamenta di alcunché: al massimo continueranno a lamentarsi su qualche forum (se ne hanno il tempo).
L’hardcore gamer ora come ora è la “norma”.
Chiunque deve avere l’ultimo FPS, deve fare i record, deve “far vedere”. Basta che ci sia un hype pazzesco su un gioco di sterco, e deve essere loro.
Vanno in una direzione diametralmente opposta a quella musicale descritta in MA!
E per me sono entrambe direzioni sbagliate, ma potrei essere io a dire un sacco di minchiate
E se ve lo state chiedendo, si, è lo sfogo di un platormista incallito stufo di vedere pompatissimi assassini virtuali 😀
L’hardcore gaming sta al videogioco come il progressive metal sta alla musica.
E’ una gara a chi ce l’ha più lungo e si tende a perdere di vista tutto il resto.
Salve a tutti,
prima di tutto permettemi di ringraziare tutte le persone che hanno già letto l’articolo. Scoprire che in 80 e più persone hanno dato uno sguardo a quanto ho scritto è una grande soddisfazione 🙂
Detto ciò, vorrei aggiungere una nota al margine. Forse non mi sono espresso chiaramente, ma io NON penso che gli hardcore gamer possano cambiare il mondo dei videogiochi. Anzi, come molto estremismi, sono per lo più inconcludenti e ideologicamente retorici. A questo gruppo io contrappongo “quelle persone che, attraverso un gioco, maturano riflessioni e ne discutono”.
Spesso sono dei “vecchi babbioni”, come detto da Keba, poiché sono persone mature che hanno assistito all’evoluzione (o all’involuzione, direbbero loro) del videogioco. Ma io credo che presto, a questi babbioni, si affiancherà una nuova generazione di Appassionati che saprà migliorare il Videogioco ed analizzare con maggior attenzione i fenomeni legati ad esso.
PS per jpage89: condivido anch’io quanto dici, l’hardcore gamer è la “norma” ed è colui che deve ostentare il proprio acquisto. E viva i platform 😉
Kinda Inappropriate wrote:
Trovo che questo parallelismo sia perfettamente appropriato.
a me l’underground internettiano sembra il fenomeno culturale più interesante dell’epoca, e come antidoto all’appiattimento dei gusti ben vengano le nicchie conosciute da tre persone in croce
npon capisco invece se ikl tono dell’articolo (il primo) sia ottimista o critico (anche perchè certe frange del metal estremo underground le ascolto anch’io)
Ma hardcore di cosa?
Gli “hardcore gamers” stanno al videogioco come gli alcolizzati al vino. Il mondo dei videogiochi lo stanno cambiando, però: si sorbiscono qualsiasi schifezza, vantandosene, e l’oste è felice di vendere vino scadente al costo del Barolo.
mi ricordo che anni fa, ad esempio il 2004 i casual erano quelli che giocavano a PES-GTA-giocodimacchine e stop.
é cambiato il significato della parola e si é aggiunta una nuova categoria, ma la situazione imho é peggiorata con un mercato indie in crescita che si spera imbocchi la strada giusta a livello di peso delle produzioni.
Io l’hardcore gamer l’ho sempre visto come un uomo tra i 20 e i 30 anni, con capelli lunghi, che ascolta thrash metal e gioca a streei fighter alpha.