[indie gamedev] Intervista a Petri Purho

Petri Purho è un simpatico studente finlandese che un bel giorno ha deciso di smettere di pensare di fare giochi e ha cominciato a realizzarli per davvero, abbracciando la filosofia dell'”experimental gameplay project” che consiste nel creare videogame entro un limite di sette giorni. Petri, autore di parecchi titoli il più noto dei quali è sicuramente Crayon Physics Deluxe, è così diventato un importante esponente della scena indie, spesso vera fucina di idee fresche e originali. Conosciamolo meglio, dunque.

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Ciao Petri. Comincia col raccontarci qualcosa di te.

Mi chiamo Petri Purho e sono uno sviluppatore indie di videogiochi (a dire il vero sono semplicemente disoccupato). Ho cominciato a realizzare giochi dopo aver visto Super Mario Bros, ma per i primi 15 anni i miei progetti sono rimasti inconclusi, si sono rivelati orribili e molto simili a Super Mario Bros.

Verso il 2006 ho preso la decisione di far qualcosa contro il fatto di non riuscire mai a portare a termine niente, e così ho fondato Kloonigames, un blog la cui idea di base era (ed è ancora) di rilasciare un gioco nuovo ogni mese.

Kloonigames è decollato molto bene e nel giugno del 2007 ho lavorato 5 giorni a un piccolo prototipo chiamato Crayon Physics; dopo il suo rilascio mi sono concentrato sulla versione Deluxe che è stata pubblicata nel gennaio di quest’anno.

Il tuo obiettivo consiste nel creare giochi su una base mensile per trovare nuove idee e nuovi gameplay. Come organizzi il processo di sviluppo?

Non sono una persona organizzata e perciò anche lo sviluppo tende a non esserlo. La realizzazione di ogni gioco che abbia creato è sempre stata un’esperienza unica. Qualche volta va tutto liscio ed è divertente, altre invece si rivela davvero dolorosa, altre ancora non succede niente, e infine talvolta il progetto subisce tante di quelle variazioni che per salvarlo ci metto semplicemente un po’ di umorismo scurrile.

Però sono un fissato per le scadenze, per cui per la maggior parte del tempo cincischio e quando mancano solo quattro giorni alla deadline mi concentro con tutte le mie forze e sforno il gioco. Questa tra l’altro è stata una delle ragioni per le quali ho messo in piedi Kloonigames, in modo tale da impormi una deadline pubblica che funzionasse da stimolo per lavorare.

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Quali strumenti usi più di frequente nei tuoi progetti?

Visual C++ 2005 per la programmazione, Photoshop per la grafica e Audacity per gli effetti sonori.

La tua ludografia mostra una grande eterogeneità estetica e meccanica: alcuni titoli rielaborano vecchi concept in un modo stiloso (come “Choke on my groundhog, YOU BASTARD ROBOTS“), altri sono più originali (mi riferisco a Crayon Physics). Il breve tempo di sviluppo rende molti di loro ancora incompleti: ti concentrerai ancora su di un progetto per ampliarlo o continuerai a sperimentare?

Al momento seguo due filoni principali. Uno è quello relativo ai giochi mensili, che è tutto imperniato sulla sperimentazione e sul divertimento. Nessuna pressione e totale libertà di fallire spettacolarmente. Lo sviluppo dei giochi non costa proprio nulla, e quindi posso rilasciarli senza preoccupazioni.

L’altro consiste nel lavorare su un titolo più grande, come ho fatto per Crayon Physics Deluxe, di solito basato su un concept che ha riscosso successo nella sua fase prototipa. Un progetto più importante mi permette di approfondire un concept e tentare di realizzare cose semplicemente impossibili a livello di prototipo.

Dunque mi concentrerò e amplierò alcune idee in futuro, ma in questo momento non so ancora quel che succederà.

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La tua storia suona come una conferma del fatto che per migliorare la qualità dei videogiochi la pratica è più importante di tonnellate di parole scritte e discusse da designer elitari. Sei apprezzato per questo tuo modo di fare e pensi di entrare nell’industria prossimamente?

Non ne ho idea. Mi piace lavorare liberamente come adesso, lo stile di vita indie sembra andarmi bene. Non so cosa rechi con sé il futuro, forse rimarrò fregato (in originale Petri ha usato un’espressione meno dolce, ndEmack) e allora vorrò ordine e burocrazia nel mio ambiente di lavoro così da voler entrare in uno studio da tripla A. Chi lo sa.

In generale credo vi sia troppa gente che parla, scrive e discute sulla cosa e troppe poche persone che si mettono a lavorarci. È più semplice analizzare, ed è per questo che, attratti dalla comodità dell’analisi, ci si stacca dalla realtà dei fatti. È importante studiare e discutere sulle cose, ma è ancora più importante fare qualcosa e pubblicarla in modo da mostrarla a tutti.

Pensi che eventi come l’Assembly e l’IGF siano utili per scambiare e pubblicizzare le idee o non sono nulla di più di competizioni artistiche?

L’Assembly è un evento strano perché è legato alla scena demo. In generale penso che happening e competizioni quali il già citato Assembly, l’IGF, l’IndieCade, il PAX e in special modo il TIGSource siano molto utili per spingere le persone a realizzare qualcosa. Come ho già ripetuto, a un sacco di persone piace parlare, ma solo alcune finiscono per rilasciare dei contenuti. Le competizioni sono una gran cosa perché ti danno scadenze e motivazione per realizzare i tuoi giochi.

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Crayon Physics Deluxe è stato il tuo primo titolo commerciale, distribuito via digital delivery. Sei soddisfatto dalle reazioni ricevute o credi che progetti indipendenti come questi siano destinati ad essere ignorati dal grande pubblico (sebbene siano magari indirizzati proprio a quest’ultimo)?

Sono molto felice delle vendite e dalle reazioni del pubblico. Il gioco ha goduto di una copertura mediatica decente e la gente ci sta giocando, il che va bene. Non è Halo 3, ma tanto il gioco non mi è costato venti milioni di dollari.

Credo che questo fumetto illustri molto bene cosa ci sia che non va nell’industria. E i videogiochi indie ne sono la cura.

In 4 Minutes and 33 seconds of Uniqueness l’utente vince se è l’unico al mondo, in tale lasso di tempo, a giocare. Non c’è alcuna interazione. Puoi spiegare con maggiore dettaglio cosa intendi per “è un’esplorazione di ciò che definisce attualmente un gioco”? E’ tutta una questione di limiti?

4’33” è stato uno di quei progetti nei quali ho voluto spingere tali limiti per me stesso più avanti di chiunque altro. Penso che copiare se stessi sia negativo quanto copiare gli altri, e così per trovare nuove direzioni devi andare oltre il tuo livello di comfort e provare soluzioni che potrebbero totalmente fallire.

4’33” si è rivelato interessante anche perché non richiede nessun input da parte dell’utente oltre all’eseguire il gioco stesso. Questa è stata la parte più affascinante per me: vedere se si può giocare a qualcosa che non richiede alcuna azione. E penso che il gioco abbia funzionato meglio di quanto mi aspettassi.

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