Il platform “semplificato”: Donkey Kong Jungle Beat

Prodotto e sviluppato da Nintendo | Piattaforma GameCube | Rilasciato nel febbraio 2005 (EU)

“Un platform che si gioca con i bonghi?!?” È facile immaginare quale stupore e quale diffidenza colga chi apprende dell’esistenza di Donkey Kong Jungle Beat. Gioco stupido, gioco semplicistico, questi i primi pensieri che vengono alla mente. In realtà siamo di fronte a uno dei più grandi platform degli ultimi anni, un platform che non sfigura nella lunga tradizione Nintendo, e che prepotentemente prende posto tra i giochi “di tendenza” dell’ultima generazione, i cosiddetti stylish-game.

I controlli di gioco sono un aspetto cruciale per un’esperienza divertente e coinvolgente nei giochi d’azione. Ciò da cui lo sviluppatore partiva era un paio di bonghi e un microfono: costruire un gioco moderno su un’interfaccia così “primitiva” non deve essere stato facile. Eppure Nintendo EAD Tokio ha trovato la soluzione migliore, declinando in salsa scimmiesca l’antico paradigma del jump & run.
Bongo destro, corsa a destra; bongo sinistro, corsa a sinistra; un colpetto su entrambi, e il nostro primate salta: il gioco si basa su fondamenta tanto semplici quanto solide, ma la sua vera grandezza sta nell’eccezionale cura nella meccanica di gioco (come vedremo in seguito).

Oltre all’essenzialità, un sistema di controllo del genere presenta problemi di precisione; non sono rari colpi che vanno a vuoto, salti mancati per questioni di coordinazione, oppure difficoltà dovute alla marcata inerzia del personaggio: ecco allora che viene in aiuto il microfono. Invece di assegnare al lato sonoro dell’interfaccia il semplice controllo degli attacchi dello scimmione, un applauso del giocatore (o di chi gli sta vicino) genera una poderosa onda d’urto.
Un’onda d’urto doppia, in realtà: quella verde, la più esterna, si espande per buona parte dello schermo e non fa altro che stordire i nemici; quella rossa, più interna, rappresenta il “raggio d’azione fisico” del gorilla, e permette di afferrare banane, nemici, liane e quant’altro. Tali onde, permettendo di agire a distanza, hanno il chiaro scopo di controbilanciare l’intrinseca mancanza di precisione del controller; inoltre, poiché associano molteplici azioni ad un solo comando, espandono le possibilità di un sistema di controllo solo apparentemente limitato.

Donkey Kong Jungle Beat 2


Come ci si può aspettare, la meccanica di gioco si basa sugli stessi princìpi. Tutto il gameplay ruota attorno ad un solo elemento, i punti ritmo, che svolgono numerose funzioni:

  • indicatore a schermo
  • punteggio, ovvero banane raccolte e combo effettuate
  • energia di Donkey Kong
  • metro di bontà della performance del giocatore, che viene premiato al raggiungimento di una quantità di punti prefissata tramite medaglie
  • condizione di sblocco dei livelli successivi

Parimenti, esiste un solo collectable nel gioco, ovvero le banane. Anche qui l’apparenza inganna, poiché il calcolo del numero di banane raccolte si fonde con un profondo sistema di combo, di cui le banane sono solo la punta dell’iceberg. È’ sul sistema di combo che si basa l’anima stylish di Jungle Beat. Ogni livello è infarcito di molle, liane, respingenti, strumenti travestiti da fiori o scimmiette, piazzati ad arte con lo scopo di far restare in aria il gorilla per più tempo possibile. Infatti il sistema di combo, che permette di moltiplicare il numero di banane raccolto, si basa su un semplice principio: se tocchi terra, ricominci da zero. Ecco che quindi il gioco svela la sua anima, la spettacolarità; cos’è un gioco stylish, se non un gioco che cerca di unire l’estetica alla meccanica?

A ciò si aggiunge la presenza di eventi non ripetibili, che costringono ad esempio a seguire una certa traiettoria al primo tentativo, stimolando la ricerca della “partita perfetta”; un level design certosino stupisce per la cura riposta in progettazione e per l’estrema varietà degli ambienti visitati e delle situazioni di gioco; i replay a fine livello stimolano il nostro palato da esteta mostrando passaggi chiave o combo estreme, col fine di far crescere la voglia di conoscere a fondo ogni livello; tutto concorre all’obiettivo estetico/ludico: la raccolta delle medaglie, le battaglie contro i boss…

Donkey Kong Jungle Beat dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, che è possibile costruire giochi complessi anche su interfacce semplificate. E voi, che guardate con perplessità al Revolution… fareste meglio a sorridere.

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