La mia più grande perversione, parlando da videogiocatore, è un’insana passione per la grafica poligonale qualora essa sia: a) priva — o quasi — di texture; b) poverissima nel numero dei poligoni stessi. È un discorso un po’ oscuro per chi non è del campo, comunque il risultato della concomitanza di a) e b) produce videogiochi con una grafica normalmente “brutta”, datata e piena di corpi e oggetti composti da grossi triangoli e quadrati.
Ecco, io adoro quella grafica (e se non ce l’avete ancora presente, potete fare qualche ricerca in Google coi nomi che vi darò tra poco. Per comodità, li evidenzierò).
Giochi con simili caratteristiche esistevano già negli anni ’80 (i mitici titoli della Incentive col motore Freescape: Driller, Dark Side, Castle Master, Total Eclipse… su C64 più lenti di una lumaca zoppa), poi ci fu pure il singolarissimo The Sentinel. Personalmente ebbi il mio primo incontro con i poligoni con i vari Virtua Qualcosa della Sega nella prima metà degli anni ’90 (quando i possessori di Super Nintendo e quelli di Mega Drive si prendevano reciprocamente a sassate): la tecnologia era ancora acerba, e i giapponesi infilavano il pretenziosissimo termine Virtua — riferito alla realtà virtuale — per giustificare la tragica grafica triangolare di Virtua Fighter e Virtua Racing. Io avevo il Super NES e invidiavo quelle che a me parevano delle meraviglie per gli occhi (e in un certo senso lo erano), ma tanto di li a poco mi sarei rifatto appropriandomi dello spettacolare Starwing. E tempo dopo avrei toccato il fondo giocando a Moto Racer su PC togliendo tutti i dettagli per far risaltare ancora cubi e triangoli e colori piattissimi e uniformi, e molto dopo ancora mi sarei emozionato vedendo Darwinia (che non ho giocato)… eh, i ricordi.
Sono lì che penso ai poligoni e mi torna la voglia di rigiocare Virtua Racing.
VR faceva uso di un particolare coprocessore grafico, il SVP, che stava nella cartuccia del gioco. Siccome nessuno si è mai preso la briga di emulare il SVP via software, Virtua Racing è a tutt’oggi, a circa 15 anni dalla sua uscita, l’unico gioco per Mega Drive non emulato. E questo nonostante la ROM si trovi praticamente ovunque (una volta stavo camminando e ho sentito qualcosa nella scarpa che mi dava fastidio. Pensavo fosse un sassolino, e invece era una ROM di Virtua Racing. Figata!).
Ravano un po’ e scopro che, se proprio non voglio comprarmi un MD e una cartuccia di VR, la versione deluxe per 32x è emulata. Emulare un 32x (una genialata strana che avrebbe consentito alla Sega di estirpare soldi ai possessori di Mega Drive più a lungo del previsto) richiede di perdere un po’ di tempo nei settaggi, ma una volta sistemati sono stato pronto per trovarmi di fronte a… beh, un tubo. Sotto Gens (un emulatore di MD) VR Deluxe non è mai partito. Perché? Boh.
Passano i mesi e trovo un obsoleto emulatore di MD che finalmente supporta VRD. A schermo ottengo una cosa simpatica, cioè questa:
Al di là dell’acidissima colorazione (a metà strada tra Andy Warhol e l’LSD), devo precisare che questa immagine è stata raddoppiata in larghezza. L’output reale è strettissimo e il risultato è che il pur bellissimo gioco della Sega diventa ingiocabile. Voci di corridoio mi avvisano poco più tardi che devo abbassare la profondità colore di Windows da 32 a 16 bit. Eseguo ben poco fiducioso e FUNZIONA! Virtua Racing Deluxe mi appare, in tutto il suo fatiscente splendore: omini ai box cubici, ruote ottagonali, colline smerigliate, auto che sembrano origami… Scusatemi, torno a giocare…
(Una precisazione: Virtua Racing nasce in sala giochi, quindi la versione per Mega Drive è graficamente “castrata” per stare su una console tecnicamente meno evoluta di un coin-op e oramai vicina alla morte. Comunque preferisco la versione MD, aveva meno poligoni 😀 ).
Uno sbattimento simile per far andare un gioco l’ho fatto per giocare alla versione DOS di Another World sotto Xp. Delirio.
Se ti piacciono gli oggetti con pochi poligoni, chissà allora cosa penserai della grafica vettoriale propria di qualche giochillo anni ’80 (tipo uno Star Wars di millemila anni fa) 😀
(Ripeterò più o meno quanto già detto). A me infatti affascinava tantissimo la grafica in wireframe. Il discorso di Opossum comunque non è così astruso, paradossalmente potrebbe essere più comprensibile per chi l’evoluzione dei videogiochi non l’ha mai vissuta, o è addirittura totalmente estraneo a questo mondo. L’uso di pochi, scarni poligoni rende l’ambiente di gioco surreale, creando un’atmosfera estremamente particolare che non può essere vissuta altrove. Tentare di scimmiottare la realtà aggiungendo texture ed effettazzi (a volte un po’ “a casaccio”) porta a risultati spesso inevitabilmente non del tutto convincenti, o addirittura improbabili, se non tragicomici… aspetto che potrebbe non apparire così evidente all’occhio abituato (con conseguente senso estetico “addormentato”) dei “veterani” del nostro mondo, abituati a gioire per ogni piccolo progresso tecnico, magari perdendo di vista l’insieme. Tutto questo discorso, ovviamente, è particolarmente evidente quando si tratta di riproduzione di volti umani (se sono primi piani, poi, e se è richiesta una recitazione un po’ “elaborata”… si torna in parte ai commenti all’intervista di Molleindustria). OK, ora si sono fatti passi in avanti notevoli, ma in ogni caso la realtà e il cinema escono inevitabilmente vittoriosi dall’improbo paragone: un ammasso di poligoni potrà recitare come la Bellucci, ma mai come Anna Magnani. Nel caso di Virtua Racing per Megagiaiv, e altri titoli del genere, il nostro cervello non cerca nemmeno di impostare l’arduo confronto con il mondo reale, quindi non si sente preso per i fondelli quando nota qualcosa di troppo poco credibile.
Me piace, questo Opossum!
Sì, VR Deluxe è emulabile, ed è anche il miglior gioco per 32X (non che ci voglia molto).
Poi c’è ABS che tira fuori le solite considerazioni troppo interessanti per spazi come questo, tipo che “il nostro cervello non cerca nemmeno di impostare un confronto con il mondo reale (nel caso di Virtua Racing e titoli graficamente analoghi), quindi non si sente preso per i fondelli quando nota qualcosa di poco credibile”.
Che posso dire? In parte è così, in parte devo dire che la credibilità di un gioco (probabilmente uno dei fattori più importanti per decretarne la grandezza) non si basa soltanto su un confronto tra reale/virtuale ma sulla funzionalità della sua logica.
Io rimasi molto affascinato dal 3D in wireframe di Stunt Car Racer, adorato prima su C64 e poi su Amiga (e si può dire che le versioni siano identiche, risoluzione a parte).
Virtua Racing lo comprai per Saturn, divino.
Per il resto quoto il commento di ABS e aggiungo che Darwinia spacca.
Sarà ma io sono convinto che i poligoni invecchiano molto di peggio del 2d. Si rischia di trovarsi davanti a una palese “cattiva riproduzione per mezzo di macchina del mondo reale” piuttosto che una grafica wireframe compilata con i crismi. Ad esempio, Darwinia (che è molto fico ma mi sembra un po’ troppo scopiazzato da Rez), ha il suo senso. E anche Sentinel e Tempest che sono chiaramente dei videgiochi ambientati in “mondi cyber-ludici”. Diverso è il discorso del fotorealismo. Diciamocelo chiaramente, giocare a un Tekken 1 ora come ora fa male al cuore, ma ai tempi ci credevamo, altroché!
Ora che rileggo bene i commenti noto che tutto ciò che ho scritto l’ha detto già ABS, ma tant’è!
Come già dissi ad ABS, sono d’accordo con lui. Anche sul discorso del fascino verso chi non ha seguito l’evoluzione del [la grafica nel] videogioco: io stesso del resto rientro in questa categoria – la mia piccola cultura di storia del videogioco l’ho sviluppata tutta “a posteriori” – quindi bene o male darei ragione alla sua supposizione.
Nostalgicamente, mi spiace pensare che man mano che il traguardo del fotorealismo si avvicinerà questo tipo di grafica andrà persa, o bene che vada sfruttata molto sporadicamente da programmatori avventurieri come nel caso di Darwinia (discorso che vale anche per altri tipi di grafica “sperimentale”: penso a Defcon, o a Vigil Blood Bitterness).
@Emack: infatti, anche se un po’ meno, amo pure i semplici vettori 🙂
a me capita la stessa cosa con la grafica 2D ben fatta… mi fa impazzire.
Il 2d, caro Karat, mi sa che lo veneriamo in moltissimi.
Infatti, il 2d è poesia 🙂
Confrontando Tron e Nirvana (i film), mi vien da dire che il primo è cyber/videogiocoso molto più a prova di deficente… c’è la scrittona grossa EHI SEI IN UN MONDO VIRTUALE. Il fotorealismo è fuorviante per una esperienza videoludica (ehm, poi penso meglio a questa cosa che ho detto).
Distinguimo gli obiettivi: se il tuo obiettivo è il fotorealismo, e fai cose blocchettose, quando la tua tecnologia sarà superata il tuo “fotorealismo” farà ridere; se invece fai una precisa scelta di design, puoi fare anche una cosa monocromatica e magari conserverà il suo senso negli anni.
(questo è un tipico commento “off-topic/spuntoso”)
Non posso altro che sottoscrivere quanto esposto da StM.
Peccato vedere qui tutta questa “carne da forum”!
Ironicamente il fotorealismo anche della CG più moderna invecchia a una velocità imbarazzante. Se penso che lo scimmione digitale del King Kong di Peter Jackson fa ridere anche solo paragonato a Gears of War. In una generazione come questa basta poco per risultare imperfetti. Su gamestop qualche tempo fa c’era un interessante articolo sull’accettazione-rifiuto di un simulacro umano da parte di colui che guarda in base al suo gradiente di realismo. Chissà se l’ho salvato da qualche parte?
Noto con piacere che non sono l’unico fan del treddì senza texture e con meno poligoni possibili. A mio parere The Sentinel, partorito da quel genio di Geoff Crammond (a proposito..che fine ha fatto?), rappresenta la linea di demarcazione tra 3d “buono” (oggetti modellati con un numero palesemente insufficiente di poligoni) e 3d “ridicolo” (qualunque sofisticazione ulteriore). 🙂