Dynasty Warriors 5: Empires

Sviluppato da Omega Force | Pubblicato da Koei|
Piattaforme X360, Xbox, PS2 | Rilasciato nel Settembre 2005, 2006 (X360)

Dynasty Warriors 5: Empires nasce come un ibrido tra Romance of the Three Kingdoms e Dynasty Warriors, con le meccaniche di entrambi i giochi notevolmente semplificate. La semplificazione ha permesso di ottenere un game design conciso, chiaro ed immediatamente comprensibile, senza limitare però la profondità di gioco.

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Le attività da svolgere in Empires si dividono in due fasi principali (che potevano essere presentate molto meglio), quella strategica dove si ha di fronte la mappa delle provincie cinesi e quella di combattimento, in tutto e per tutto un Dynasty Warriors Light. La fase strategica è divisa in due sotto-fasi, quella politica e quella bellica: nella prima si decidono i provvedimenti amministrativi da prendere per gestire provincie, ufficiali e tecnologia, nella seconda si decide se attaccare, difendersi o dare una mano ai propri alleati qualora ce la chiedano.

Empires rientra in una categoria mai troppo esplorata di strategici in cui in ogni turno il giocatore può compiere azioni solo entro un limite massimo. In Empires esse sono tutte rappresentate da un’opzione nel menù delle azioni che, in ultima analisi, si sintetizzano nel giocare una o più carte. L’intera gestione strategica di Empires si basa infatti sull’uso di carte (che hanno un costo in oro) da giocare durante il proprio turno. Il giocatore può scegliere se giocare una carta tra il pool di azioni e provvedimenti che conosce oppure delegare le azioni ad uno dei suoi generali. Come in ogni struttura gerarchica che si rispetti, ogni generale ha delle specialità che dipendono dal personaggio e dal ethos, inoltre i generali sono più efficienti del giocatore e possono giocare due carte per ogni azione. L’unico problema è che il giocatore non può entrare nel merito delle singole azioni scelte dal generale, ma solo approvarle entrambe. Questo crea una dinamica piuttosto interessante perché il giocatore, pressato dalla scarsità di azioni a sua disposizione lo è anche costantemente sullo scegliere autonomamente la politica da applicare oppure delegare a terzi per un risultato, nella maggior parte dei casi, solo sub-ottimale. Delegare ai generali è anche uno dei pochi modi per acquisire nuove carte (si imparano automaticamente la prima volta che un generale le usa) e quindi diversificare le strategie a nostra disposizione, che inizialmente sono veramente poche.

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Questo stringato sistema di gioco (che non sfigurerebbe affatto in un boardgame) costituisce l’intero sistema di gestione della politica interna. Ci sono carte buone, carte cattive e carte neutrali che influenzeranno l’ethos del regno e quindi l’attrattiva che esso genererà su generali cattivi e generali buoni. Anche la politica estera, l’upgrade delle strutture nelle provincie, la produzione di oggetti speciali e lo sviluppo economico e tecnologico (che influenza l’efficienza delle truppe in battaglia) si gestisce tramite apposite carte-editto. Le provincie sono gestite come in Romance of the Three Kingdoms: ogni provincia ha un contatore che definisce il livello di fortificazione, la produzione di oro e il numero di ufficiali che la sorvegliano. Tramite questi pochi elementi si gestisce l’intera situazione geopolitica della Cina.

Le sezioni di combattimento sono altrettanto semplificate: il sistema di gioco rimane quello di Dynasty Warriors ma con quasi nessun evento dinamico, e con la possibilità di comandare singolarmente tutte le unità in campo (piuttosto che rimanere in balia dei loro spostamenti) rendendo molto più semplice la conquista di fortezze ed obiettivi strategici. Solitamente i combattimenti finiscono se uno dei due comandanti viene ucciso in battaglia o se l’obiettivo principale dell’avversario viene conquistato. Ogni provincia ha una mappa predefinita ma l’entità delle fortificazioni e la loro natura varierà in base al livello di sviluppo della stessa. Come al solito ogni combattimento porta punti esperienza a tutti gli ufficiali partecipanti. L’unica grande limitazione è che l’upgrade delle armi con attributi ed abilità speciali è possibile solo per il generale che il giocatore ha impersonato durante la battaglia. Se si trascura questo elemento si corre il rischio di sprecare moltissimi upgrade e di avere molti generali sì di alto livello, ma senza alcun bonus sull’equipaggiamento, il che nel medio-lungo termine vuol dire sconfitta automatica in battaglia.

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Poiché il giocatore può prendere parte ad un solo scontro per turno di gioco è fondamentale avere una forza bilanciata e ben equipaggiata, visto che non sempre sarà possibile controllare direttamente lo svolgimento delle battaglie. Anche se si impersona un generale, vincere un conflitto con ufficiali poco equipaggiati spesso è molto arduo e frustrante: anche se si gode di una superiorità numerica schiacciante i bonus applicati alle armi fanno moltissima differenza sull’esito dei duelli contro gli ufficiali avversari.

Il combattimento però non è finalizzato solo alla conquista: esso porta prestigio e permette di arruolare gli ufficiali che durante la battaglia abbiamo costretto ad arrendersi (e quindi catturato). Per fare arrendere un generale o un ufficiale è necessario sconfiggerlo più volte sul campo, sino a che il suo morale crollerà e si arrenderà a noi. Inizialmente questa modalità è l’unica che permette di accrescere il proprio parco ufficiali: le azioni di arruolamento effettuate da noi o dai nostri delegati saranno molto poco efficaci, in quanto ognuno dei 250 ufficiali disponibili esige non solo soldi ma anche una combinazione di oggetti speciali craftabili, molti dei quali saranno disponibili solo a scenario inoltrato.

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Il gioco prevede diversi scenari storici che seguono le vicende geopolitiche dell’era dei Tre Regni e uno scenario libero in cui sarà possibile usare tutti i personaggi indipendentemente dell’era in cui appaiono storicamente. Il replay value è molto alto perché ogni ufficiale ha caratteristiche specifiche e soffre di difficoltà diverse, le campagne sono molto configurabili ed è persino possibile generare un personaggio customizzato in maniera molto simile a come avviene in Soul Calibur (si personalizza il personaggio e poi si decide un’arma e uno stile di lotta tra quelli disponibili e sbloccati). La durata media di una campagna, dopo le prime sonore batoste, si aggira tra le cinque e le dieci ore. Gli scenari vanno inizialmente giocati in sequenza: ciò ha un senso perché le campagne successive incrementano la difficoltà rispetto alle precedenti ed il giocatore può beneficiare dell’esperienza precedentemente accumulata. Sbloccare tutti gli oggetti, gli ufficiali e tutte le azioni disponibili non è cosa semplicissima e richiede più replay, anche perché tutto dipende anche dai territori in nostro possesso (alcuni oggetti possono essere prodotti solo da determinate province ad esempio) e dalla linea di condotta che abbiamo nei confronti del regno. Le carte nere (quelle da cattivo) difficilmente saranno disponibili se giochiamo con una politica benevola.

Paradossalmente, il punto debole di Empires sono proprio le battaglie giocate. Sarebbe stato carino avere avuto solo una supervisione di alto livello degli scontri, limitandone la durata e la ripetitività. L’idea che molti upgrade possano andare persi solo perché non sono utili al personaggio impersonato nella battaglia è un po’ stupida: in questo modo, almeno inizialmente, si obbliga l’utente ad essere coinvolto in scontri dall’esito difficilmente prevedibile e frustrante (specie se si devono upgradare ufficiali con statistiche non proprio bilanciate) solo per garantire che ognuno dei generali di punta del nostro esercito abbiano l’equip giusto, pena trovarsi del tutto sguarniti e prendere una mazzata dietro l’altra dall’ottima AI nel mid e late game.

Una grande nota positiva invece la guadagna il sistema di gestione strategico e politico, aiutato da un’AI competente e da una diplomazia molto più credibile e pragmatica di quella che anni di sistemi basati sul do ut des alla Civilization ci hanno abituato. Verrebbe quasi la voglia di avere un gioco con supporto multiplayer basato solamente su di esso, che non fa affatto rimpiangere la complessità ed il tedio dell’intero sistema strategico di Romance of the Three Kingdoms.

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