A scuola li odiamo ma quando parliamo di videogiochi non possiamo farne a meno. A cosa ci servono i voti? Dopo attente meditazioni e qualche birra di troppo ne ho dedotto che abbiano come unico fine quello di misurare la nostra appartenenza al genere umano. Il nostro io smisurato, sottosviluppato e malaticcio non riesce a concepire che nel mondo emerso qualcuno esperisca e riesca a giustificare un voto diverso da quello che abbiamo nella nostra testa, spesso prima di aver provato il gioco (quante splendide discussioni ho letto sui forum in cui si parlava di che voto dare a giochi ancora non usciti? Il bello è che l’atmosfera era di acceso dibattito sul nulla).
Come diceva Carmelo Bene le parole sono cazzate, figurarsi quindi i numeri. I voti sono la feccia del mondo dei videogiochi e trasformano in feccia ogni discorso intorno ad essi. Sono la molla principale dei tentativi di corruzione, delle strategie di distribuzione del materiale per la stampa, degli accordi per le copertine e via di questo passo, ma sono anche un’inutile sovrastruttura e non hanno alcun valore, siano essi un dieci o un uno. Eppure tutto gli ruota intorno perché sono la semplificazione estrema, l’unico dato che spesso il lettore capisce e cerca… anzi, che brama come il marinaio brama la luce di un faro. Di Edge vengono riportati i voti, di Famitsu vengono riportati i voti, Metacritic è diventato il più autorevole sito di critica videoludica e gli utenti si tirano addosso le medie voto come fossero mutande sporche. Mai nessuno che si preoccupi di leggere. Mai nessuno che si preoccupi di capire che due critiche che sembrano in netto dissenso reciproco possono convivere e, paradossalmente, possono essere entrambe valide. Non tirerei in ballo i punti di vista perché spesso quelli che parlano non hanno alcun punto di vista, altrimenti non si spiegherebbe il fatto che molte delle polemiche sui voti nascono da lettori che i giochi non li hanno ancora provati. Il problema è che fa piacere sentirsi parte di una massa, a prescindere.
Il videogioco spesso non viene vissuto come un fatto privato, ma come un evento collettivo individualizzato, in cui il singolo tende a cercare di far corrispondere la sua esperienza a quella degli altri o, di contrasto, a dissentire completamente dall’opinione generale. In entrambi i casi non viene messa in campo nessuna capacità critica, ma si reagisce in senso umorale al fatto sociale costruito dal fluire dei testi che nei mesi hanno preparato la pubblicazione. L’importante non è il gioco, ma l’evento. Ovviamente i partiti in campo percepiscono le dissonanze come degli attacchi personali, non riuscendo a concepirle come presenze naturali nel tessuto di quella sottocategoria della società che chiamiamo videogiocatori. L’utente che partecipa all’evento entra in una logica rituale che non ammette che la preghiera. È la cessazione di ogni dialogo. Il voto è l’osanna che non riassume più il bello e il brutto, ma diventa il simbolo del grado di appartenenza di chi lo esprime e della compattezza che viene ricercata in chi legge. I discorsi estetici decadono. Al massimo si tira in ballo il divertimento che, essendo un dato effimero, non è smentibile. L’ottusità diventa sistema e gli unici pensieri che si riescono a esprimere ruotano intorno a quel dannato numeretto e alla sua vicinanza al pensare medio.
È difficile che un lettore accetti un giudizio critico, perché nel momento in cui si applica l’intelligenza analitica lo si costringe a un confronto su termini che non hanno nulla a che vedere con il gusto e il voto stesso. L’uscita dalla comoda sfera del soggettivo imbarbarito crea la crisi e l’ottuso risponde alla crisi con la violenza. Verbale in questo caso, ma spesso altrettanto accesa di quella fisica. Il primo tentativo di interazione non è la richiesta di chiarimenti o l’esposizione di una posizione alternativa, ma la delegittimazione del giudizio altrui ricorrendo ad alcuni artifici retorici di largo consumo come: “lo hanno comprato in milioni” (in molti dimenticano che secondo il Nuovo Testamento Cristo venne crocifisso a larga maggioranza di votanti) o “il recensore non capisce nulla di videogiochi”. Il fine non è quello di esprimere un’opinione o di parlare del gioco. Si mira invece alla distruzione di chi scrive additandolo in modo negativo alla ricerca dell’abiura. Insomma, si cerca di scatenargli addosso un vero e proprio pestaggio che lo riporti alla retta via o lo elimini definitivamente.
Articolo pubblicato originariamente su Babel 20
Foto di: *Vindaloo*
Descrivi una situazione “mainstream”: due fazioni di talebani che, forti dell’ignoranza, si insultano a vicenda.
Nel caso specifico la massa dei metacritic contro la nicchia degli (auto referenziati) esperti.
Mal sopportavo le discussioni stupide sulle votazioni ai tempi di Zzap! avendo 10 anni, oggi le detesto.
Che esagerazioni. Io penso invece che ormai escano così pochi giochi “famosi” che le persone li comprano a prescindere dal voto, aspettandosi che, al massimo, gli piaccia il genere o che comunque il gioco riesca a tenerli distratti per un pò, se proprio non riesce ad andargli più di tanto a genio. Ad altri interessa magari tenere un pò d’occhio le avanguardie grafiche e ludiche, o per puro spirito di cultura ( anche un pò consumistico). La questione dei voti credo sia più da approfondire all’interno delle dinamiche dei forum e dei siti “specializzati”,devianti quanto si vuole.
Più importante sarebbe, invece che fare dietrologie, fare un pò più di pubblicità a giochi validi che ogni tanto escono, vengono ignorati e poi spuntano fuori dopo anni, come pietre flosofali dimenticate. Proprio perchè siamo persone dall’ego spropositatamente grande, può riuscirci di riconoscere ciò che può piacerci aldilà del numero datogli da qualcuno come voto.
Ars Ludica dà risalto a tutti i giochi allo stesso modo, questo non puoi negarlo. è il lettore che spesso, quando passa di qui, non si interessa perché non trova l’anteprima del gioco più hypato o la recensione adorante dell’ultimo sequel.
Ammetto che anche il sottoscritto è un cnsultatore irredento di metacritic. Il problema – come sempre – è quando non si approfondisce.
Ci sono poi categorie di giochi, quali i simulatori di guida o i titoli sportivi assortiti, che proprio non possono offrire altri appigli oltre ad una mera quantificazione delle proprie capacità.
Una volta mi battevo per l’eliminazione del voto… Lasciando perdere i trascorsi di gioventù (chiamiamola così) questo articolo forse non arriva a un punto preciso. Io orienterei il discorso sul voto come vessillo delle riviste di videogiochi, quando internet ancora non c’era, e da lì è diventato un indice comodo per tutti. Troppo comodo, questo è il punto…
Pensiamo a una cosa, una volta la rivista del mese scorso forse te la riguardavi, magari quella di due mesi fa anche, quella di tre mesi fa… era vecchia. Figuriamoci quelle di un anno fa.
Internet è diverso. Ci sono i motori di ricerca. Io posso interessarmi di un gioco uscito dieci anni fa, io posso leggere una recensione di un titolo di quindici anni fa, di cinque anni fa, come si fa a trovare una scala adeguata? Perché ai tempi delle riviste mensili il giochetto dei voti scolastici o in centesimi poteva anche funzionare, ora mica tanto. Su retrogamer.it abbiamo introdotto il bollino Cult, subito COPIATO 😉 (per caso dicono) da Game Republic. Perché i videogiochi sono esperienze, e anche quelli meno riusciti tecnicamente o con qualche lacuna a livello di gameplay possono farci vivere qualcosa di nuovo e quindi interessante.
Boh, non ho altro da dire, continuate così, siate meno intellettuali e più alla mano se proprio devo darvi un consiglio dal profondo del cuore. Hola.. 😉