You Are Empty

I Russi continuano ad impressionare. No, non c’è niente di particolare nel gameplay di You Are Empty che è, da questo punto di vista, un FPS come tanti altri e, anzi, piuttosto involuto rispetto ai vari Half-Life 2 e soci. Ma non è questo che ci interessa su Ars Ludica, almeno non in questo caso. You Are Empty è una produzione piccola, lo si può vedere da mille dettagli, ma è nello stesso tempo un’opera ambiziosa e determinata nel mettere in scena una città dell’Unione Sovietica degli anni 50, quando il comunismo era ancora nel suo massimo splendore nonostante le alte perdite in termini di vite umane dovute alla Seconda Guerra Mondiale.

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Sono molti i giochi in cui vengono rappresentate delle dittature contro cui il giocatore deve lottare per affermare la libertà, libertà che corrisponde quasi sempre al sistema statunitense. Generalmente, però, si tratta di rappresentazioni asettiche, più o meno caratterizzate e con riferimenti più o meno precisi, ma “distanti” dal loro oggetto. Molte volte il comunismo stesso è stato usato come modello per queste dittature immaginarie. Purtroppo gli sviluppatori dei videogiochi sono spesso tanto abili con il codice quanto incapaci con la penna e quasi sempre producono delle caricature che arrivano soltanto a lambire le possibilità espressive dei videogiochi. Penso, ad esempio, a Freedom Fighters, dove i toni erano sin troppo esagerati e i dialoghi, pretendendo di essere profondi, sfociavano spesso nel ridicolo rendendo i personaggi più delle macchiette che degli esseri umani che combattono per la libertà. Ovviamente gli esempi fattibili sono molti altri e possono essere presi anche da generi molto differenti. L’impressione generale è che interessi poco approfondire certe questioni e ci si limiti a creare background buoni per dare senso a qualche sparatoria.

Il giocatore, normalmente, si trova semplicemente a dover abbracciare il punto di vista del protagonista, avanzare nel gioco ammazzando tutto e tutti e, alla fine, uccidere il deuteragonista risolvendo così ogni conflitto (almeno fino al sequel… se ce ne sarà uno). Difficilmente ci si trova davanti qualcosa di meditato che lavori sulla messa in scena per dare un senso al rappresentato che vada oltre lo stilema del buoni vs cattivi. Una dittatura non produce solo persone impaurite, eserciti in cui viene annullata l’individualità e ingiustizie commesse a cielo aperto. Una dittatura produce prima di tutto consenso.

Valve con Half-Life 2 è riuscita meglio di altri a riprodurre alcuni degli effetti di un regime sulle persone e sullo spazio dove queste vivono. L’ambientazione fantascientifica ha consentito di lavorare molto di fino, creando una visione generale netta e senza troppi scossoni. Nessuno sconvolgimento per il giocatore che trova, in fondo, un mondo oppresso nello stesso modo di molti altri, solo più curato e più plausibile. Half-Life 2 è il punto più alto di una certa rappresentazione del potere molto semplificata e di largo consumo, dove l’individuo può ancora riuscire a lottare da solo contro l’oppressore “alieno” che vuole riscrivere la struttura della società (in questo caso agendo da parassita).

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La svolta pare possa arrivare dalla Russia. Gli sviluppatori dei paesi dell’ex Unione Sovietica sembrano avere un background culturale più formato rispetto a quello degli sviluppatori degli altri stati: hanno vissuto la dittatura comunista e l’hanno vista crollare, sostituita da un’altra forma di oppressione che proprio in questi ultimi anni sta mostrando il suo volto (e continuavano a chiamarla democrazia). La loro esperienza non si è formata su film hollywoodiani o sui libri di Tom Clancy ma attraverso la conoscenza diretta del fenomeno che ha lasciato tracce indelebili sull’immaginario di moltissime nazioni/comunità. Se una dittatura è il punto di riferimento massimo della sua nazione, il centro della giustizia, l’incarnazione indiscutibile del bene, la sua caduta è la ridefinizione di un mondo, il crollo di un immaginario e dei suoi simboli, lo svuotarsi della coscienza popolare. Questo è tanto più vero nel caso della Russia, che era anche una delle due più grandi potenze mondiali durante la Guerra Fredda.

S.T.A.L.K.E.R.: Shadow of Chernobyl parte da uno dei simboli del potere Russo, la centrale nucleare di Chernobyl, per mettere in scena il cadavere del regime ormai in preda a sciacalli e a interessi particellari delle varie fazioni che se ne sono spartiti i pezzi. Il messaggio politico è evidente anche se probabilmente è stato smorzato dal produttore per permettere al gioco di penetrare maggiormente nel mercato occidentale. Da questo punto di vista You Are Empty è molto più radicale e non sottende assolutamente il messaggio, rendendolo invece esplicito in ogni sua parte. Il giocatore si trova quindi ad attraversare una città anonima (nel senso che non ha nome), ma ultra caratterizzata, in cui è riconoscibile il taglio architettonico comunista, fatto di “scatoloni di cemento armato”, di piazze al cui centro svettano statue di Lenin, di industrie immense e di aree agricole razionalizzate quanto inumane. I nemici contro cui combattere sono tutti delle icone della classe operaia e del regime “mutate” in mostri: contadine dal seno smunto e dagli occhi grandi e gialli, membri dell’armata rossa che hanno mantenuto la divisa ma che sono ormai dei morti viventi e operai di vario tipo pronti ad usare i loro strumenti di lavoro per sventrare più che per produrre.

Quello che però rende più evidente il significato, ovvero ciò che gli da forza, è l’inclusione negli scenari dell’iconografia del potere che si palesava attraverso manifesti e programmi radiofonici, oltre che nel cinema, la sua vera arma segreta, a cui è dedicato un intero livello (in cui da strumento di manipolazione della coscienza popolare diventa strumento di rivelazione della verità). Il messaggio politico viene esplicitato, senza possibilità di fraintendimento, e diventa centrale nella trama, generando una serie di significati che vanno ben oltre la normale funzione che si attribuisce ad un FPS e, più in generale, ai videogiochi, andando di fatto ad amplificare il senso delle azioni del giocatore, che arriva a percepire la carica ideologica che lo muove, diventando cosciente di trovarsi di fronte alla virtualizzazione di un trauma epocale, di una svolta storica, dove gli elementi non sono composti al solo fine di divertire ma vogliono anche far riflettere e, soprattutto, vogliono mostrare.

Il giocatore non incarna l’individuo che combatte per la libertà, ma un normale cittadino che gira per un mondo in macerie di cui deve ricostruire la catastrofe e da cui deve sopravvivere. Le sue mosse non partono da alti ideali ma solo dalla volontà di comprendere quello che è successo, compiendo l’autopsia di quella macchina del consenso che fino al giorno prima sembrava immortale e dava sicurezza ai cittadini.

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La città è ancora in piedi, ma ha svelato il suo volto terrificante che non ammette esitazioni. Lo spazio urbano pullula di tecnologia vecchia. Alcuni scenari sono macerie, altri sono ruggine. Tutto è riconoscibile ma deflagrato. In You Are Empty il giocatore abbatte simboli, li attraversa, li penetra, li svela. Li guarda nel loro degrado, in cui la gloria di un tempo è ormai un’ombra beffarda rappresentata da icone che diventano la loro stessa negazione. Tutto ciò che rappresentava la potenza del comunismo Russo è trasfigurato finendo per rappresentare inevitabilmente la morte. Ci troviamo di fronte ad un videogioco politico che parte dagli anni 50 e arriva, nel tragico finale, a tirare in ballo la Russia dei nostri giorni, vista come la prosecuzione del mostro che si è appena “visitato” (in un filmato appare anche Putin).

16 commenti su “You Are Empty

  1. Grande Karat, bellissimo pezzo. Sembra proprio che questi russi abbiano una gran voglia di utilizzare il medium per parlare di sé e esorcizzare i propri demoni. Hanno certamente una vena fortemente intimista che connota in maniera forte il loro lavoro, da una parte si percepisce la loro non completa padronanza della tecnica e del linguaggio, dall’altra invece si percepisce una forza espressiva e concettuale completamente diversa da quelle culture in cui il game developing si è ormai solidificato come parte integrante di un estabilishment.

    Personalmente guardo ad est con molta speranza, speriamo che i videogiochi possano generalmente proporsi come valvole di sfogo e/o espressione di una stratificata moltitudine di altre etnie e/o culture!

  2. Chi l’ha scritta un fanboy di HL2? Più che una rece su You are empty sembre un continuo elogio verso il gioco Valve…..

  3. Fabrizio, ti ho eliminato il primo commento (quello sbagliato).

    HL2 è tirato in ballo come esempio di fps tecnicamente maturo, per affinità di tematiche, e per l’essere, dal punto di vista della rappresentazione del regime, il gioco che meglio la interpreta. Per il resto Karat45 potrebbe anche considerare HL2 una schifezza, per quel che ne sappiamo 😀

    Per chi volesse parlare della serie di Half-Life, c’è un topic nel forum.

  4. Fabrizio… visto che dell’intero articolo un solo paragrafo è dedicato ad Half-Life 2 e visto che non ne parlo in termini entusiastici ma neutri (nel senso che non esprimo alcun giudizio in termini ludici), mi dici dove hai letto questo “continuo elogio verso il gioco Valve”?

  5. Bel commento Karat, confido molto negli sviluppatori dell'”EST”; infatti ho prenotato You are Empty dal Digital, però è un vero peccato che quest’ultimi facciamo fatica a trovare prima di tutto un Produttore e poi anche dei Distributori…e anche vero che devo staccarsi da quella maledetta Staforce che fa storcere il naso a tutti…non solo ai “pirati”!

    Appena mi arriva e lo gioco per un po torno a fare un mio commnento!

    Un saluto e un grande apprezzamento al Karattolo dal Nosf3 ^_^

  6. Secondo me gli sviluppatori dell’est hanno cominciato a lavorare di fino all’epoca di Vietcong, primo vero FPS calato in un contesto bellico a non essere ridicolmente caratterizzato. Gli Pterodon inoltre dedicarono il titolo a “tutte le vittime del Comunismo”…

    Fabrizio, ti consiglio di leggere con più attenzione il pezzo di Karat.

  7. Vietcong è stata una vera esperienza, purtroppo è un gioco afflitto da qualche bug di troppo e da un motore poco ottimizzato, ma la sensazione di esserci c’è tutta.

  8. Come scrissi da qualche parte qualche tempo fa [asd] con lo sviluppo di nuovi tools si potrebbe tornare teoricamente all’era dell’oro, quell’era nella quale non servivano budget milionari per realizzare un gioco e bastavano principalmente delle buone idee. Sebbene la qualità tecnica non potrà essere paragonata a quella di un gioco tripla A questa potrebbe essere ad ogni modo sufficiente per essere apprezzata anche da un giocatore smaliziato. Se così fosse paesi che prima erano inevitabilmente tagliati fuori dalla produzione potranno avvicinarsi a questo, per loro, nuovo mercato colmando le lacune tecniche dettate dal low budget con un approccio diverso sotto diversi punti di vista rispetto a quello “blockbusteriano” al quale siamo ormai abituati.

    Una cosa simile diceva anche uno dei sviluppatori di The Witcher quando sosteneva che i gdr americani risultavano piatti sia sotto l’aspetto dell’ambientazione che della caratterizzazione dei personaggi non avendo loro vissuto il medioevo e avendo nella loro cultura solo la stereotipazione dello stesso mentre loro essendo europei [polacchi se non mi ricordo male] potevano affrontare tematiche in maniera più matura avendo nella loro cultura ben più dei cliché….

    sarebbe interessante vedere come sarà the witcher per unirlo ad i giochi est-europei e vedere le eventuali differenze con il mercato attuale

  9. Si spera che questo momento arrivi presto. Vabbé che il mercato dei tripla A sta mostrando qualche cenno di cedimento… ma non ci conterei troppo.

  10. Gran bel pezzo, e un gioco che ovviamente mi ha incuriosito. Sono fortemente attratto dallo sviluppo “in piccolo”. Riprendo il discorso di Raytheon.
    Questi nuovi metodi di distribuzione (live arcade e co) uniti a metodi di sviluppo adeguati (XNA su tutti, scusate ma mi viene in mente solo M$ :)) possono davvero rivoluzionare l’industria, con titoli di valore (magari corti, ok, ma come per un buon disco, la perfezione sta in pochi pezzi) venduti a prezzo competitivo, speranzosi di diventare dei mini blockbuster (grazie all’assenza di pirateria che queste nuove piattaforme permettono).
    Grandi idee che possono essere frutto di una scommessa, un azzardo, cosa che sempre più raramente troviamo oramai nell’industria dei grandi nomi.
    Sperando sempre che questo accada.. con Nintendo che sembra prendere tempo, Microsoft poco interessata (anche in live arcade si trovano sempre i soliti nomi..) e Sony, la quale sinceramente non mi sembra aver mai sprecato una parola in merito (spero di sbagliarmi) ma la cui piattaforma sembra addirittura la più adatta.. questo futuro mi sembra ancora a qualche anno di distanza..

  11. Ho letto solo ora la recensione, trovata saltellando da un link all’ altro e interessato poichè ho appena terminato il gioco.
    Devo dire che non solo è veramente ben scritta ma è anche un’ analisi lucida e profonda dell’ impianto narrativo che muove la storia di un gioco tutt’ altro che banale e che mi è molto piaciuto nonostante le numerose tare tecniche.
    Se i più validi tra i team di sviluppo dei paesi dell’ est europeo avessero a disposizione i budget dei loro equivalenti occidentali, avremmo delle opere di assoluto valore. Pensate solo alle atmosfere di film come “Solaris”, del compianto regista Tarkowskj e tratto dal romanzo del grande Stanislav Lem, adeguatamente trasposte in un videogioco.

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