The Secret of Kells

[Avviso: l’articolo contiene indicazioni configurabili come spoiler, sebbene per quanto riguarda il finale abbia cercato di essere abbastanza allusivo. Mi sento comunque di poter affermare che la godibilità del film, che non ha certo il suo punto di forza nell’intreccio, non ne viene compromessa.]

Con un indicibile ritardo, capace forse di vanificare lo scopo di questo articolo (visto che avete fatto tutti ampiamente in tempo a sapere di che si tratta), scrivo di un’autentica gemma del cinema d’animazione tuttora priva di una distribuzione italiana, benché sia in circolazione da anni: The Secret of Kells, il primo lungo dello studio irlandese Cartoon Saloon, prodotto con finanziamenti franco-belgi ad opera dei giovani talenti Tomm Moore e Nora Twomey alla regia e Ross Stewart alla direzione artistica.
Ultimato nel 2008 e proiettato all’edizione 2009 del Festival di Berlino, solo del 2010 ha conosciuto una distribuzione statunitense abbastanza fortunata da valergli la candidatura all’Oscar per il miglior film d’animazione, affiancando l’ottimo Coraline e la porta magica nello scontato ruolo di paggio dell’inevitabile trionfo della Pixar. Trattasi di un racconto di formazione ambientato in una fiabesca Éire del’VIII-IX secolo (invero un po’ fuori dal tempo e alquanto incurante della ricostruzione storica), basato su una genesi fantasiosa di un pezzo d’arte realmente esistente: il Libro di Kells, codice miniato considerato tra i lavori migliori nel suo genere e oggi custodito nella biblioteca del Trinity College.

Il celebre foglio "Chi Rho" del Libro di Kells, citato ampiamente nel film.

Il celebre foglio “Chi Rho” del Libro di Kells, citato ampiamente nel film, dove lo vedremo muoversi come un meccanismo bene oliato.

 

A Kells, paesello con annesso monastero cosmopolita, vive il monacello Brendan, orfano di entrambi i genitori e sotto le cure dello zio, il severo abate Cellach, ossessionato dalla minaccia degli Uomini del Nord (una versione disumanizzata dei Vichinghi, ridotti a esseri semibestiali affamati d’oro) e tutto preso dalla costruzione di un muro che dovrebbe, a sua detta, proteggere il paese dagli invasori; e del cui progetto ha riempito le pareti della propria stanza in cima a una torre, simbolo della chiusura del suo animo. Da Iona, isola di Scozia messa a sacco dai Vichinghi, giunge a Kells chiedendo asilo l’illuminato fratello Aidan, rinomato maestro della miniatura accompagnato dal gatto Pangur Bán (omonimo del gatto cui è intitolata una poesia d’epoca) e determinato, nonostante il pericolo, a completare il codice su cui stava lavorando, un capolavoro capace di “trasformare l’oscurità in luce” – e per questo fin da subito in contrasto col rigido atteggiamento dell’abate. Fatta la conoscenza di Brendan, Aidan decide di iniziarlo all’arte della miniatura e lo invia nella foresta alla ricerca di alcune bacche necessarie alla preparazione di un inchiostro, per far sì che possa iniziare ad apprendere i segreti e le forme della natura. Nel frattempo Cellach, spinto da un malinteso senso di protezione, osteggia il proposito e cerca di costringere Brendan entro le mura, la foresta è piena di misteri e gli Uomini del Nord sono in marcia…

Impostato come un racconto sulla crescita dall’impianto piuttosto classico, il film è realizzato con un misto di animazione tradizionale ed effetti in computer graphic (essenzialmente per i suggestivi effetti di nebbia, luce e riflessi) e sfoggia un impianto visivo in qualche modo postmoderno, teso com’è a proporre in un modo dinamico e vivace degli stilemi di impronta tradizionale che sacrificano proporzioni e plausibilità prospettica alla forza immaginativa: a volte sembra di assistere a una versione dal tratto più morbido dei lavori di Genndy Tartakovsky, l’artista russo autore fra l’altro di Samurai Jack e della serie a cartoni di The Clone Wars, specie guardando alle anatomie squadrate; ma il principale ispiratore dei nostri pare essere piuttosto il Richard Williams del travagliato (e sostanzialmente incompiuto) The Thief and the Cobbler, specie per quanto riguarda lo studio dei volti e la gestualità ardita ed esagerata dei personaggi, soprattutto quelli di contorno e più bizzarri. A questo proposito, The Secret of Kells mostra una forte attitudine al pastiche sia nei flashback e avanti-veloce fortemente iconici, sia nel modo in cui attinge a materiali dell’immaginario irlandese per poi plasmarli liberamente ai propri scopi. Così ad esempio il genere poetico dell’aisling, in cui il cantore dialoga in sogno con un’apparizione matronale, viene fuso con le leggende di popoli ancestrali come il Tuatha Dé Danann e adattato liberamente alle esigenze del protagonista: il risultato è il delizioso personaggio di, appunto, Aisling, ragazzina dai modi ferini e dall’aria spettrale, capace di mutare in lupa e a cui ogni propaggine della foresta si piega come se le fosse devota. La sua condizione di orfana, appena accennata al pari di altri elementi in un sapiente gioco, simile a quello de Il Signore degli Anelli (il libro, s’intende!), di innesti di storie che non ci saranno mai raccontate, la porta a stringere amicizia con Brendan e a prestargli sempre più aiuto man mano che si rende conto dell’importanza del libro. La realizzazione dell’opera si mostra poi ben presto coincidente con la crescita di Brendan, con la sua scoperta del mondo e delle proprie potenzialità, dovendo egli tra l’altro affrontare in uno scontro allucinato il dio-serpente Crom Cruach, secondo tradizione scacciato da San Patrizio e qui usato come incarnazione della paura interiore, il cui occhio di cristallo fungerà da perfetta lente per miniature. La paura assumerà poi la sua forma definitiva nell’assalto degli Uomini del Nord: Brendan fuggirà con Aidan e terminerà il libro in ritiro per poi fare ritorno, ormai adulto, al monastero di origine, dove il libro dissiperà l’oscurità lì dove si era sempre trovata.

Originale e fresco nella direzione artistica, densissimo e di ritmo impeccabile nel racconto, dinamico e capace a tratti di suscitare una commozione puramente estetica (le sequenze della scalata della quercia, coi suoi giochi di prospettive e sezioni, e della canzone di Aisling costituiscono amalgami audiovisivi sbalorditivi) eppure capace di mostrare caratteri memorabili nella loro classicità a dispetto di un tempo di apparizione relativamente breve, The Secret of Kells è una gemma di levigata bellezza, capace di condensare in appena un’ora e un quarto di riproduzione una cornucopia di invenzioni visive con pochissimi rivali nel campo dell’animazione odierna; un risultato superlativo ottenuto con un decimo dei costi di una produzione Pixar (senza nulla togliere a lavori del calibro di WALL-E e Up, sia chiaro!) e col valore aggiunto di provenire da un paese come l’Irlanda, marginalizzato a dispetto del fascino che esercita eppure evidentemente vitale. Da vedere e da amare, qualsiasi età abbiate.

Come note conclusive segnalo che, come già accennato, il DVD non è distribuito nel nostro paese: dovete ricorrere a venditori online e al doppiaggio originale; se non sapete l’inglese avete un ottimo motivo per impararlo.
Infine, nell’ assai improbabile caso che a leggere qui ci sia qualche appassionato di musica folk come chi scrive, segnalo la splendida colonna sonora, composta dal francese Bruno Coulais ed eseguita dai Kíla, mirabolante e contaminatissima formazione dell’Isola di Smeraldo.

8 commenti su “The Secret of Kells

  1. L’edizione inglese si trova a 7,50; peccato per la copertina assolutamente non all’altezza.

  2. ma sarà reperibile anche con qualche sistema di digital download (tipo itunes store che non ce l’ha, mannaggia)? è che sono pigro… =)

  3. memex wrote:

    ma sarà reperibile anche con qualche sistema di digital download (tipo itunes store che non ce l’ha, mannaggia)? è che sono pigro… =)

    Non saprei ma, non avendo distribuzione italiana, temo di no.

  4. Ragazzi, anche con le migliori intenzioni e con tutte le giustificazioni possibili è meglio astenersi dal postare link a materiale protetto da copyright (saranno rimossi). Grazie.

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