Il fenomeno MMORPG: Le mie preoccupazioni

Mi sento oppresso. Più mi guardo in giro e più mi rendo conto di quanto questo genere stia prendendo piede. Tagliando corto, la mia impressione (e preoccupazione) è che i MMORPG stiano un pò tagliando le gambe ad altri generi tempo fa ben più popolari, online e non. Conosco persone che non comprano più giochi da mesi e mesi, in quanto tutto il loro tempo disponibile lo riversano sopra il loro MMORPG preferito. Quando le interpello sulle motivazioni di tale scelta, rispondono che non sentono più la necessità di giocare ad altro, in quanto questo genere gli offre il divertimento necessario, tale da sentirsi pienamente appagati e contenti di versare quei 15 dollari al mese.

Fenomeno MMORPG

Giusto? Sbagliato? Da un lato, un MMORPG potrebbe essere visto come una fonte di risparmio per i videogiocatori accaniti, con soli 15 dollari al mese (cifra media che può abbassarsi in virtù di pagamenti in blocco anticipati) giochi quanto vuoi e, quando cominci a sentire un pò di noia, ecco arrivare dei contenuti aggiuntivi a ripristinarti la voglia. Dall’altro lato vedo tante software house che cercano di ritargliarsi una fetta in questo settore (ecco una lista dei mmorpg esistenti e in lavorazione), attualmente dominato da Blizzard e NC Soft, magari tagliando progetti potenzialmente interessanti, per impiegare le proprie risorse sullo sviluppo di un videogioco di ruolo massivo. Tutto ciò è sconfortante, Blizzard non accenna allo sviluppo di possibili seguiti, i cui annunci sono attesi da tempo, di blockbuster quali Starcraft, Warcraft e Diablo e ha persino fermato un progetto per console potenzialmente interessante (Starcraft Ghost). Tutto questo per dedicarsi totalmente alla sua gallina dalle uova d’oro, che ha da poco superato gli 8 milioni di utenti paganti. D’altronde, come darle torto? Se analizziamo le vendite italiane nella seconda parte del mese di Gennaio (fonte multiplayer.it), notiamo che l’espansione di WoW troneggia al primo posto delle vendite assolute di tutte le piattaforme e monopolizza il mercato pc, con tutte le varie edizioni (e anche qui ci sarebbe molto da discutere, per via del triste accordo esclusivo stipulato con una singola catena di negozi e il ridottissimo numero di copie da collezione rilasciate, per quella che alla fine dei conti è una semplice espansione) e gadget assortiti. Grazie a questo genere di giochi, l’online gaming ha riacquisito popolarità, dopo un periodo di calo di interesse generale (per lo meno sul suolo italico), a discapito però di altri generi una volta ben più gettonati (FPS in primis). I server sono sempre più vuoti e alcuni clan si sono sciolti, perchè molti membri hanno deciso di passare al lato oscuro dell’online gaming. Questo è un chiaro messaggio: il successo di questo genere è destinato ancora a crescere, probabilmente a discapito degli altri e delle esperienze single player con una trama intensa che ha un inizio e una fine.

Sperando solo che l’Europa non diventi come la Corea.

So bene che molti esperti farmatori che leggeranno questo pezzo non avranno delle piacevoli reazioni, per cui vi invito a registrarvi al nostro forum e a dire la vostra nell’apposito topic che ho aperto sull’argomento.

8 commenti su “Il fenomeno MMORPG: Le mie preoccupazioni

  1. Condivido tutto ciò che hai scritto.

    A mio modesto parere, Blizzard in quanto a strategie aziendali ha poco da decidere e\o pianificare, essendo ormai da anni una proprietà Vivendi Universal, che fa i suoi interessi da multinazionale (fare soldi). Blizzard come molte altre società venute fuori dal nulla e diventate ricche e famose in poco tempo ha creato debiti immensi, che solo una multinazionale, con un modus operandi da multinazione, può sanare.

    I veri progetti interessanti Blizzard sono sotto altri marchi, poiché le personalità veramente di peso nella storia della software house hanno da tempo lasciato l’azienda proprio per avere maggiore libertà. Ormai Blizzard è un’etichetta da mettere su una scatola, come Maxis, Id Software, Sid Meyer e via discorrendo.

    Purtroppo l’Europa e il NA diventeranno come la Corea, non identici, ma molto simili. Sono anni che l’industria dell’intrattenimento online e mobile occidentale ricicla quello che in oriente si fa da almeno tre-cinque anni prima, purtroppo.

  2. Guarda, mi sono sempre schierato contro molti Publisher, in quanto se ne fregano della creatività e difficilmente lasciano spazio alle idee più originali degli sviluppatori.
    Del resto Vivendi è stato il publisher che ha scaricato David Cage, che deve ringraziare Atari se ha potuto completare (in fretta e furia, e si vede) il suo progetto.
    Blizzard non è più quella di un tempo, si è piegata al volere di Vivendi, forse perchè non è riuscita a reggersi in piedi da sè? Male, altre software house ci sono riuscite (poche, invero). Ora però vorrei vedere tutti i titoloni che i vecchi capoccia in fuga riusciranno a tirare fuori. Hellgate è, per me, un grosso punto interrogativo.

  3. Complimenti all’analisi di Joe, che a tutti gli effetti è uno sfogo oltrechè un “grido d’allarme”. Nella mia abissale ignoranza, non ho mai giocato un MMORPG, posso solo dire che la gente ha ciò che chiede sebbene il pubblico possa essere veicolato: basta non fare uscire altro che MMORPG e la gente ci giocherà per forza. Forse il Joe-pensiero è più focalizzato sull’effetto negativo che i MMORPG hanno sul gamin in generale, come i clan FPS che si vengono a sciogliere in quanto al fido M-16 si inizia a prediligere uno spadone +12 minchiapower, ma su questo, bhè, i gusti sono gusti.

  4. I MMORPG, grazie alle tariffe mensili ed alle transazioni di oggetti virtuali, sono diventati così profittevoli, che Second Life è addirittura diventato open-source, e la Linden campa come campa la Banca d’Italia: con il signoraggio. Cioè, dando valore (1 dollaro di Second Life = 1 dollaro reale) ad una valuta che in fase di produzione non è costata niente. Considerate che Second Life si basa interamente sui rapporti economici (cioè lo scambio di beni non necessari, neanche dall’ottica del gioco), e capirete quant’è perverso questo meccanismo. A un certo punto, ti ritrovi ad aver investito così tanto tempo e denaro nel tuo MMORPG che non puoi più smettere, o perdi tutto. Lentamente, la terra bruciata ci infiammerà le calcagna, se non stiamo attenti.

  5. Non sono convinto che producendo sempre e solo MMORPG la gente si adeguerebbe a giocare quelli: primo perché è un caso ipotetico, e nella realtà, se ci fossero solo MMORPG, il primo FPS che spuntasse farebbe i soldi a palate; secondo, perché un mercato saturo e senza innovazione è destinato al declino (i videogiochi rischierebbero di essere superati anche dal ping pong, se non fossero il tipo di gioco forse più innovativo – eppur fugace – possibile).

    Su quel che dice Radical Dreamer: sono ottimista riguardo all’istinto di conservazione della specie umana, per ora ;o)

  6. Concordo con StM. Però c’è da dire che alcune università americane si sono lamentate del fatto che l’industria non da’ loro ascolto riguardo a concetti innovativi da implementare in contesti videoludici…

  7. L’innovazione è anche un pericolo per il commercio. Se va troppo veloce non fai a tempo ad ottimizzare i processi di produzione, a dirla cortesemente, o a mungere vacche di comodo, a dirla più pragmaticamente.

  8. Complimenti per il sito innanzitutto 🙂 Sono Austin Punisher, quello del forum di tgm, qualcuno qui mi conosce.

    Potrò sembrare di parte visto il mio sito 😀 comunque da giocatore di world of warcraft volevo solo spronarvi a non considerare i mmorpg come “il demonio”. Sono esperienze diverse. Azzarderei che in qualcosa sono piu appaganti di un rpg single player.

    Non avranno una storia da seguire, ma il pensiero di essere in un mondo persistente, con un mio “avatar” che sono IO, insieme ad altri amici, e affrontare delle epiche sfide tutti assieme, sono cose che in un gioco single player non affronto.

    Senza contare che c’è anche la fase esplorativa. un mondo persistente è larghissimo, wow ha lande innevate, deserti caldi..

    insomma, il mmorpg per me non è un nemico, è un genere alternativo.

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