2007: un redde rationem

Il duemilasette sta ormai volgendo al termine e, come ormai è usanza diffusa, il 31 di dicembre rappresenta l’occasione giusta per riesaminare i dodici mesi trascorsi e trarne una qualche conclusione. Quello a cui stiamo per dire addio è stato un anno interessante, sotto molteplici punti di vista: abbiamo visto Nintendo riprendersi il suo scettro signora del videogaming e contemporaneamente abbiamo osservato – non senza sorpresa – una Sony in netta difficoltà (almeno per ciò che concerne la sua ammiraglia), Microsoft è tornata a considerare Windows come una piattaforma ludica e la sua 360 finalmente ha potuto contare su un catalogo più che discreto; abbiamo vagato per le contaminate lande di S.T.A.L.K.E.R. e navigato per mari con Link in Phantom Hourglass, Miyamoto ci ha dimostrato con Mario Galaxy che i platform 3D hanno ancora qualcosa da dire, ci siamo fatti sedurre dalla distopica Rapture in Bioshock; l’industria italiana di videogiochi ha dato promettenti segnali di crescita, mentre dall’altro lato dell’oceano veniva smantellata la credibilità di Gamespot; un turbinio di idee, di concept, di pensieri ha investito il videoludo, dando l’incipit ad un processo di ristrutturazione davvero tanto agognato e atteso; insomma, finalmente si è palesata un po’ di next-gen ai nostri occhi, o, meglio, nei controller tra le nostre mani.

Sono felice del fatto di aver potuto osservare, interpretare e descrivere i videogiochi attraverso la prospettiva di Ars Ludica, che ha cominciato proprio a gennaio a camminare con le sue gambe; sono fiero e orgoglioso dei progressi compiuti, primo tra tutti l’instaurazione di una micro-comunità attiva ed amichevole; ho trovato nuovi amici, rinsaldato vecchi rapporti, mi sono sentito lusingato di appartenere a un gruppo straordinario di redattori (che in un momento di follia personale ho anche pensato di lasciare… ma questa è un’altra storia), tanto da poterli definire “compagni di vita” – sì, perché per chi costruisce e frequenta questi lidi il videogioco è nutrimento vitale quanto respirare, mangiare, ridere, amare. Contrariamente alle unioni stabilite attraverso rapporti meramente contrattuali, Ars Ludica consiste nella concretizzazione di una comunione d’intenti spirituale, e per questo motivo è passionale, caduca ed eterna al tempo stesso, sorda a qualsiasi richiamo esterno al suo campo d’esistenza. Ciò che ci interessa è esplorare il videogioco, indagarne le implicazioni artistiche e sociali, contestualizzarne il design, definirne un linguaggio interpretativo valido, ed evolvere il discorso con lo stesso metodo come in una funzione ricorsiva. E abbiamo trovato altri viaggiatori in questo cammino, siamo divenuti una piccola legione.

Potrei soffermarmi sulle statistiche, sulla modalità berserker di Karat o sui capelli di Joe, ma preferisco focalizzarmi sulla conquista secondo me più grande di questo 2007: il poter ritenere Ars Ludica un’isola felice. Quanti posti (virtuali, metaforici o reali, non ha importanza) nella nostra umana permanenza sulla Terra può assurgere a tale rango? Non molti. E di questo rendo grazie alla grande famiglia di redattori, lettori e utenti del forum.

Che il 2008 sia un grande anno. Che vi veda felici, con o senza pad. Ad maiora!

Recensione – Lunar Knights

Prodotto e Sviluppato da Konami| Piattaforma Nintendo DS | Rilasciato nel 2007

I Vampiri hanno preso il controllo del nostro mondo. Chi altri se non un cacciatore di vampiri con i capelli viola armato di una spada oscura dal nome nordico e un bambinetto sfigato possono salvarci?

lunar knights

Lunar Knights, seguito dei Boktai per GameBoy Advance, è un picchiaduro isometrico mal travestito da RPG. I dualismi della trama e del gameplay (buio/luce, notte/giorno, Sole/Luna, bene/male, armi da fuoco/armi bianche, i caratteri dei protagonisti e così via) sono interessanti per i primi dieci minuti, ovvero il tempo che l’eccessiva schematizzazione impiega ad ammazzare qualsiasi presupposto interessante del background, che oltretutto richiede di aver giocato i primi due Boktai per essere compreso al 100%. Il senso di “stitichezza” emergente dalla trama è accentuato dalla caratterizzazione piuttosto banale dei personaggi, fin troppo abusata e poco coraggiosa, con la solita tirata morale finale e con i personaggi che si evolvono in modo prevedibilissimo… non mancano i dialoghi ad effetto finto relativisti e qualche colpo di scena telefonato dall’inizio del gioco.

I personaggi controllabili direttamente sono due: Lucian, un cacciatore di vampiri armato con una spada oscura e Aaron, un bimbetto dotato di armi da fuoco (sfruttanti l’energia del Sole) che lavora per la “Gilda”, associazione no-profit mirante alla distruzione di tutti i vampiri (questi due mi sono rimasti così impressi che sono dovuto andare a cercarne i nomi sul manuale… eppure il gioco l’ho finito). Ovviamente Lucian, associato alla Luna, è più cupo e introverso di Aaron che, invece, ha un carattere estroverso e solare.

Ma si parlava di picchiaduro poche righe fa.

Il sistema di combattimento in tempo reale è molto semplice e sfrutta tre pulsanti: uno per attaccare, uno per parare e uno per mirare (uno dei dorsali). A complicare un po’ le cose ci pensano i sei Terrenial, delle bestioline associate a sei elementi (i quattro base più luce e oscurità) che, se resi attivi, conferiscono i loro poteri all’arma attualmente impugnata da uno dei due personaggi. Ovviamente non va neanche specificato che alcuni nemici sono più resistenti ad alcuni elementi e meno ad altri.

Il difetto principale di questo sistema è che Lunar Knights richiede in pochi casi l’uso specifico di uno dei due personaggi che sono estremamente squilibrati. Dato che Lucian dispone di attacchi utilizzabili anche senza energia, mentre Aaron, per far sparare una caccola dalle sua Solar Gun deve essere carico, si tende ad utilizzare più spesso il primo per non ritrovarsi disarmati durante un combattimento… anche perché è decisamente più potente e i suoi colpi fanno mediamente più male di quelli di Aaron.

Ma la parte GDR? Ci arrivo subito: eliminando i nemici si accumulano punti esperienza, dopo un tot di punti esperienza si sale di livello e, quindi, si possono distribuire dei punti tra tre caratteristiche. Tutto qui.

Ovviamente non mancano oggetti da raccogliere, armi extra da conquistare, qualche segreto da scoprire e, insomma, le solite cosette in più da fare… che non sono nemmeno troppe visto che ben presto ci si trova a dover salire di livello per affrontare le ultime aree (molto più difficili delle prime) e si è costretti a ripercorrere più volte le mappe già superate perché mancano quest extra e mappe aggiuntive. Fortuna che in un paio di queste ci sono delle aree nascoste raggiungibili solo durante un secondo tour…

Le novitù più interessanti sono due: i cambiamenti climatici e il potenziamento delle armi. Per la seconda c’è poco da dire: tra gli altri oggetti acquistabili/trovabili si ottengono dei materiali che possono essere usati per migliorare le armi possedute. Più si migliorano le armi, più queste diventano potenti. Peccato che le modifiche siano unicursali e non si possa scegliere praticamente nulla, a parte quale arma migliorare.

lunar knights

Eccitati? E non vi ho ancora parlato dei cambiamenti climatici, ma rimedio subito.

Durante le prime fasi di gioco si acquisisce la possibilità di cambiare clima. I climi selezionabili sono cinque e ognuno di essi influisce sulle condizioni meteorologiche generali, ovvero sulla temperatura, sull’umidità e sulla forza del vento. A cosa serve tutto ciò? A modificare gli oggetti (es. la frutta, con un clima umido marcisce prima, mentre con un clima freddo si mantiene meglio) e, soprattutto, a permettere di accedere ad alcune aree speciale dei livelli. Queste aree sono caratterizzate dalla presenza di una statua che, se illuminata di rosso, indica le condizioni climatiche ideali per superare l’ostacolo (pozze d’acqua da far evaporare, baratri da superare con un deltaplano sfruttando il vento ecc). Il problema, che si riscontra soprattutto nei livelli avanzati, è che ogni volta che si deve cambiare clima bisogna uscire dal livello e tornare alla mappa generale del mondo di gioco, recarsi dal climatologo, selezionare le nuove condizioni atmosferiche, tornare sulla mappa, tornare nel livello appena lasciato e riattraversare tutte le aree già attraversate. Comodo vero? Soprattutto quando in un livello ci sono più rompicapi legati al clima, il sistema mostra tutte le sue falle e indispone il giocatore in modo inesorabile.

La sezione sparatutto, che serve per purificare gli spiriti dei vampiri, non risolleva la sorte di Lunar Knights e, anzi, lo affossa ulteriormente. Al grido: “non abbiamo usato abbastanza il touch screen! Anzi, lo abbiamo usato malamente incasinando i menù con un sistema di gestione ibrido vomitevole. Non basta, dobbiamo fare di peggio”, ecco arrivare la fase sparatutto che, ansiosa di essere catalogata come parte della touch generation, risulta semplicemente ridicola e fuori luogo: con il pennino si deve sia muovere la goffa astronave di Lucian sia sparare ai nemici che appaiono sullo schermo. Quindi si sposta la nave, si punta il nemico lasciando la nave al suo destino, si ripiglia la nave e la si trasporta altrove e così via. Ovviamente per rendere giocabile questa oscenità ci si è concentrati nel rendere i nemici dei perfetti idioti che sparano dopo mezz’ora che sono apparsi sullo schermo o che ripetono i propri schemi fino alla noia. Anche le fasi avanzate sono fin troppo facili e si finiscono al primo tentativo.

E c’è chi lo considera un capolavoro.

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Commento: un picchiaduro banale con qualche spruzzata RPG di poco conto. Non ha momenti memorabili (ne a livello di gameplay, ne a livello artistico), ed è privo di sostanza. La parola “sopravvalutato” mi ronza in testa dall’inizio della recensione… ma la uso solo ora come tomba per cotanta mediocrità. Bah.

Yamaoka: il game development giapponese “è nei guai”

Akira YamaokaProprio così. Il sound director di Konami, Akira Yamaoka, in un’intervista rilasciata a gamasutra, giustifica in questo modo il motivo per cui la società nipponica si sia rivolta ad uno studio estero (naturalmente statunitense) per la lavorazione di Silent Hill 5, confermando una tendenza occidentalizzante nelle strategie delle software house nipponiche (si pensi ad esempio a Sega).
Lavorare con un team americano è completamente differente. Ci sono naturalmente vantaggi e svantaggi, ma, complessivamente, sono veramente impressionato dal loro staff e dalla loro tecnologia. Le loro capacità grafiche e tecniche sono stupefacenti.
Sussiste un grande gap, attualmente. Sono molto avanti. Sono giapponese, e credo che non sia solo per Silent Hill ma per l’intera industria [giapponese, ndemack] — guardo a cosa stanno facendo gli sviluppatori americani e penso… il Giappone è nei guai.

Yamaoka scende poi ancora più in dettaglio nelle sue considerazioni, argomentando l’opinione testé riportata.
Ci sono due ragioni. Una è che l’ambiente di sviluppo è diviso in developers e publisher. Questi ultimi devono creare un gioco in poco tempo e a basso costo, vi è molta pressione su di loro che viene poi passata agli sviluppatori. Così bisogna fare tutto il più velocemente e il più economicamente possibile. […]
La seconda ragione è che… Beh, per esempio, in un altro progetto a cui abbiamo lavorato per un po’, abbiamo capito che avevamo bisogno di driver aggiornati per un programma di grafica. L’abbiamo cercato e l’abbiamo trovato. Ma il problema è che era tutto in inglese. Così abbiamo dovuto localizzarlo in giapponese. […] Ciò riduce la velocità. E, mentre aspettiamo, siamo sempre un passo indietro per chiunque altro capisca intuitivamente l’inglese.

Queste parole lasciano davvero spiazzati. Dei due problemi addotti, il primo non è di esclusiva nipponica (da quel che ne so praticamente in ogni ambiente sussiste una tale suddivisione, con i publisher che mettono sotto pressione gli sviluppatori), mentre il secondo ha più a che fare con una questione di istruzione che col game development (anche se persino Iwata e Miyamoto parlano un inglese stentato, mi riesce impossibile credere che il fattore lingua sia di così grande impedimento).

La primazia nipponica si sta sgretolando? Beh, forse sì. Si guardi ad esempio il mercato: se prima il Sol Levante spadroneggiava nel mondo intero, oggi solo il DS riesce a riservare per la sua patria 1/3 delle quote hardware mondiali, mentre per ciò che concerne le altre piattaforme appare manifesta la crescita dell’Europa. E, ponendoci nella prospettiva di Yamaoka, si riesce a dare un motivo in più per il successo delle strategie di Nintendo e per il fallimento di quelle Sony: in un’industria sempre più competitiva in cui il sistema di produzione giapponese evidentemente accusa il colpo delle crescenti pressioni e dei sempre più alti requisiti tecnici, Wii e DS devono essere apparsi come un’autentica manna dal cielo dai developer (bassi costi, contenuti sostanziali, alti profitti), contrariamente all’esosità (in tutti i termini) di PS3.

Gears Of War: Destroyed Beauty

Non dimenticherò mai la prima volta che mi recai a Londra e potei vedere, in prima persona, il Castello di Hampton Court, l’Abbazia di Westminster, la Cattedrale di St. Paul. […] Avevo appena salito tutti i 532 umidi gradini della cattedrale per arrivare in cima. Una volta uscito all’aria aperta, le nubi si scostarono per rivelare un bellissimo tramonto, ed ebbi un’epifania. Immaginare una Londra davanti a me tutta squassata fu avvilente e motivo d’ispirazione al tempo stesso. Da quel momento, seppi che il prossimo universo che avrei contribuito a creare non sarebbe stato di alieni o di tornei; sarebbe stato guidato da personaggi, e centrato sui temi della lealtà, della redenzione, della paranoia, e della ‘bellezza distrutta’.

Cliff Bleszinski
Lead Designer, 5 Aprile 2005

Gears Of War: Destroyed Beauty
Destroyed Beauty | Sito Ufficiale | Recensione

Il peggio del 2007

Il peggio del 2007 per gli arsludici. Nudo e crudo. Senza filtri. In rigoroso ordine sparso.

bad

Per ABS:

1) Bloom effectZ
Molto belli, ma hanno rotto il cazzo.

2) EA
Non è fallita neanche quest’anno.

3) Giochi sulla seconda guerra mondiale, squadre speciali antiscorreggia e soldatoni incredibilmente tamarri vari
Basta. Non se ne può più. Perché non vi arruolate sul serio da qualche parte?

Per Coolcat:

1) L’hype
Sono spossato. Ho l’influenza da “viral marketing”, inoculata da filmati che non hanno nulla a che fare con il gioco. Immagini ritoccate, dichiarazioni messianiche, ma perchè non si può mostrare un gioco per quello che è? Invariabilmente, il prodotto finito non è all’altezza delle aspettative, fatta eccezione per i videogiochi che non hanno montato l’attesa artificalmente. Quelli riescono ancora a sorprendermi.

2) La PS3
Ma cosa vuol dire lasciare una console nuova di zecca, potente come il motore di un jet, a macerare sugli scaffali? Neppure un gioco che valga il costo della macchina, tutt’al più timide uscite sul finire dell’anno. E’ un peccato, mi mette tristezza a guardarla dalla vetrina dei negozi. Mi dispiace come per il cattivo di un film, che dopo un lungometraggio di arroganza gratuita, si ritrova solo. Non viene più neppure voglia di accanirsi.

3) Crysis
Non per il gioco in sè, ma perché ha rivelato che la comunità parlante o scrivente dei videogiocatori, è composta per la maggior parte di ragazzini infantili, almeno per quanto riguarda i contenuti delle loro affermazioni. La crisi dell’informazione.

Per Joe Slap:

1) Nintendo Italia
La succursale italica della grande N continua a far magra figura nei confronti della sede giapponese. Non ci basta dover pagare di più le console e il software, rispetto al resto del mondo. Quest’anno abbiamo pure dovuto sopportare la chiusura del forum (in verità non una grande mancanza, data l’età media dei partecipanti), i soliti scialbi premi e una conversione punti stella – punti wii shop, che rasenta l’usura. E’ vero, in fondo sono dei regali e ora abbiamo anche un sito nuovo, ma perchè fare delle discriminazioni così evidenti?

2) Giappone
Questo 2007 ha dimostrato che i gusti dei giapponesi in fatto di videogiochi e piattaforme continuano a cambiare, in peggio. Le console portatili hanno ormai soppiantato quelle da camera e la quantità di software per giocatori occasionali in cima alle classifiche settimanali preoccupa sempre di più. Less Wii Fit, more Super Mario Galaxy, thx.

3) PlayStation 3
Allo stato attuale, malgrado gli sforzi di Sony, non vedo un singolo titolo capace di spingermi all’acquisto di questa console. Gran parte delle promesse sono state disattese e oltre a un paio di buoni titoli come Uncharted e Ratchet & Clank non vedo (parlando di esclusive). In attesa di tempi migliori che sicuramente arriveranno grazie a gente come Kojima, Ueda e Nagoshi.

Per Emack:

1) Heavenly Sword
Il titolo dei Ninja Theory prometteva, attraverso le sensuali movenze della rossochiomata Nariko e della sua intrigante compagna Kai, di evolvere ulteriormente le selvagge battaglie di God of War per regalare finalmente alla PS3 un motivo d’esistenza valido. Il risultato, invece, nonostante l’indiscusso carisma derivante dalla caratterizzazione delle protagoniste, è solo un’esperienza ludica mediocre.

2) Il catalogo del Nintendo DS
Che fine hanno fatto tutte quelle belle idee che nei primi anni caratterizzavano la ludoteca del portatile made in Kyoto? L’anno ormai al termine ha visto il netto affermarsi di una marmaglia di Brain Training, Catz e Giulia Passione Stilista. Alla fine, Phantom Hourglass non ha potuto ribaltare una situazione già troppo compromessa.

3) Kaz Hirai
Ha veramente dato un nuovo volto alla Sony? Non saprei. I suoi unici risultati sono stati lo spremere ancora di più il brand PS2 (proponendo tra l’altro una versione ancora più slim in Giappone) e creare una raffazzonata PS3 da 399 euro. Niente che il più attempato (e visionario) Ken Kutaragi non potesse concepire. Speriamo nel futuro.

Per Karat45:

1) Il Gerstmanngate
Ha svelato al mondo cosa si cela dietro la stampa videoludica specializzata e, soprattutto, dietro quei maledetti numeretti che inchiodano le recensioni dei giochi. Gerstmann è stato cacciato da Gamespot per la recensione di Kane & Lynch, in seguito alle lamentele del publisher (Eidos) per il trattamento subito dal gioco, e ha creato una vera e propria tempesta di polemiche i cui effetti sono ancora in atto. Molti si sono svegliati dal loro fanciullesco mondo fatto di redattori bambinoni che scrivono con il cuore e che seguono soltanto i dettami della passione. La ferita è profonda e il processo di guarigione sarà lento e difficile. Speriamo non vada in cancrena.

2) TimeShift
Mi aspettavo moltissimo da questo gioco. L’ho acquistato e l’ho lasciato a metà. Mi sembrava uno di quegli outsider capaci di stupire per la profondità e l’originalità della trama, ma si è rivelato una bolla di sapone. Peccato.

3) WoW
Ancora WoW. Nel 2007, per tutto il 2007 e probabilmente anche per il 2008, WoW, WoW e solo WoW. Posso dire solo una cosa: lo odio.

Il ritorno di Dragon Quest

Con l’imminente arrivo della riedizione di Dragon Quest IV per Nintendo DS, cercherò di fare una breve panoramica su questa meravigliosa serie di RPG nipponici che, seppure quasi sconosciuta in Europa, rimane una delle epopee più popolari di sempre e che vanta di un’enorme seguito anche in USA, nonostante i fan siano rimasti a secco per l’intero e florido periodo SNES per le ben note peripezie con il management che Enix ebbe alla fine degli anni 90.

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Nato come la risposta nipponica ad Ultima, Dragon Quest ha creato il genere JRPG. Bisogna dire che, nonostante la natura pioneristica del genere, ciò che colpisce è la coerenza nel design che sin dai primi capitoli è stato un aspetto che ha contraddistinto Dragon Quest rispetto ai suoi diretti competitoriimitatori come Final Fantasy. I primi episodi di Dragon Quest mantengono una semplicità ed una chiarezza eccezionale. Anche attività piuttosto banali che titoli contemporanei veicolavano con grossolanità e pressapochismo, come la semplice procedura di esplorazione del mondo, sono veicolati in modo molto naturale: ad ogni barriera geografica (in particolare ai ponti), corrisponde un relativo incremento della difficoltà dei nemici. Il layout stesso del mondo prevede quasi sempre una progressione crescente degli incontri, in qualsiasi fase della storia si sia. Il sistema di incontri, quindi, oltre a fornire un’esperienza progressiva, diventa anche un implicito indicatore della correttezza del percorso scelto. Il sistema di combattimento prevede di recuperare in maniera piuttosto semplice accidentali sconfinamenti in zone non alla portata del giocatore, grazie ad un sistema di ritirata che semplicemente funziona ed alla presenza di item di supporto a prezzi modici che possono essere utilizzati (anzi, devono essere utilizzati) sin dall’inizio del gioco. Chiunque abbia “apprezzato” la distribuzione più o meno randomica degli incontri e dei luoghi nei primi Final Fantasy e abbia ancora i sudori freddi ricordando la martellante quanto inesorabile frequenza degli incontri casuali, apprezzerà la differenza. Anche la difficoltà dei combattimenti ha una progressione molto organica: i personaggi hanno molte difficoltà in fase iniziale ma la progressione della difficoltà non è lineare. Gli incontri di difficoltà crescente non diventano estremamente difficili e non mirano a mantenere costante il livello di sfida ma propongono un modello più verosimile di progressione che aumenti l’autonomia del party e la gestibilità degli incontri da endgame rendendo le cose via via più semplici e gestibili. In parole povere non dovrete mai fare stock di 99 pozioni ogni volta che ci si avventuri fuori da una città nel midend game e si viene sconfitti dai boss per lo più per errori di natura strategica nella gestione del combattimento, piuttosto che per la potenza devastate dei singoli attacchi avversari.

quest2 Bisogna fare anche un inciso sullo stile di gioco di Dragon Quest. Benché esso abbia concretizzato alcuni paradigmi tipici dei JRPG, le meccaniche e l’approccio al gioco sono stati, almeno nei suoi capitoli iniziali, fortemente ispirati agli RPG esplorativi a turni occidentali, come Ultima, Wizardry, Might & Magic e Magic Candle. Nonostante ciò, Dragon Quest è riuscito sin da subito ad omogeneizzare gli elementi di design presenti nei titoli occidentali che, seppure molto ben strutturati ed innovativi per quei tempi, soffrivano di dispersività, scarsa integrazione tra i diversi sotto-sistemi di gioco e di una pessima presentazione generale. Non accadrà mai che i combattimenti dentro e fuori i dungeon siano implementati in modo del tutto diverso (come accadeva in Ultima), che zone adiacenti abbiano mostri di difficoltà profondamente diversa (pick you early CJRPG!) o che esistano una pletora di comandi, icone o shortcut da conoscere a memoria per compiere anche azioni piuttosto semplici. Dragon Quest rispondeva a questi requisiti con un sistema di combattimento semplice ed immediato e con un sistema a menù molto intuitivo e del tutto uniforme sia nelle fasi gestionali che in quelle di scontro. Nonostante le limitazioni intrinseche nel sistema di controllo basato sul joypad a due pulsanti, lo stile dell’interfaccia utente menu-driven di Dragon Quest rimane ancora oggi il punto di riferimento degli RPG per console. Bisogna aggiungere che negli episodi più recenti, Dragon Quest è stato anche uno dei primi RPG a ridurre al minimo la presenza di informazioni a schermo mentre si gioca, aumentando di molto ergonomia ed immersività. Va fatto inoltre notare che all’epoca il gioco era uno dei pochi ad avere un creativo di riferimento (Akira Toryiama) che curasse certosinamente sia gli aspetti visuali che narrativi della serie. La presenza di Toriyama, che negli anni ’80 e ’90 valse a Dragon Quest una presenza praticamente costante in qualsiasi contesto di intrattenimento, si rivelò strumentale per il sucesso della serie che, secondo Famitsu, ad oggi è la proprietà intellettuale rpgistica col più alto numero di copie vendute al mondo.

Come altri titoli giapponesi, anche Dragon Quest ha avuto un cammino evolutivo graduale e solo parzialmente innovativo: nel corso degli anni il sistema ed il design di fondo sono variati di poco, a volte con corsi e ricorsi in termini di meccanismi di gioco (alcuni episodi sono class based, altri sono skill based, etc…). Se la storyline di Dragon Quest vanta due trilogie e due capitoli stand-alone, i miti ed i luoghi della saga sono condivisi ed il sistema di gioco prevede lievi variazioni che sono per lo più funzionali alla narrazione della storia (esaltando ad esempio il semplice protagonista piuttosto che il gruppo), esattamente come accade in Final Fantasy. Quello che rimane è un solidissimo prodotto, anche a distanza di decenni, che ancora si presenta piuttosto bene grazie all’omogeneità che permea tutta la serie. Questo non toglie che chi detesta i JRPG detesterà probabilmente anche Dragon Quest e che chi è votato al culto della Fantasia Finale non accetterà reliquie apocrife nella sua fede, ma c’è da dire che la sua estrema cura nel non indispettire più del dovuto il giocatore con incontri superflui o con necessità continue di farming renderà l’esperienza piuttosto piacevole anche ai Final Fantasy-addicted, magari suscitandogli qualche dubbio circa l’effettiva validità qualitativa della serie nel suo complesso.

La prima trilogia di Dragon Quest ha avuto un successo enorme anche negli Stati Uniti (dove uscì come Dragon Warrior), vantando tra le altre cose un motore grafico interamente revisionato che prendeva di molto le distanze dalla versione nipponica, totalmente priva di animazioni e con grafica più stilizzata (ad una prima analisi sembra un porting di Ultima per console). Per noi Europei, l’unica release degna di nota è stata la non più tanto recente versione per Gameboy Color, uscita in due volumi: Dragon Quest I & II e Dragon Quest III. Se il primo episodio rimane un titolo pioneristico, il secondo ed il terzo episodio sono dei veri e propri colossal: intrecci magistrali coadiuvati da intermezzi animati realizzati con il motore di gioco e personaggi memorabili dettero un valore quasi iconografico a Dragon Quest, valore che la stessa Square riuscì ad elaborare a modo suo solo dopo parecchi anni.

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Oggi Square-Enix ha deciso, molto intelligentemente, di portare su DS solo la seconda trilogia di Dragon Quest, colloquialmente identificata come la trilogia della cittadella volante (anche se i legami tra i singoli episodi sono meno netti dei primi tre capitoli della serie), la meno nota e l’unica che vanta due capitoli (per SNES e successivamente PS1 e PS2) che non hanno mai lasciato il suolo nipponico. La trilogia della cittadella volante, infatti, fu originariamente prevista per il mercato USA ma solo il primo episodio (il quarto della serie, l’ultimo uscito per NES) fu localizzato grazie al management di Enix che non seppe prevedere per tempo l’enorme mole di lavoro di localizzazione necessario, un problema che negli anni a venire fu comune a gran parte della produzione RPGistica nipponica. Poiché all’epoca nessuno studio aveva vere e proprie strutture di localizzazione (che di solito era effettuata alla meno peggio dallo staff di sviluppo), dopo numerose traversie e versioni dalla qualità inaccettabile, Enix decise di rinunciare e di confinare Dragon Quest in Giappone sino a data da destinarsi: solo con il settimo episodio (per Playstation) Dragon Quest avrebbe rivisto il suolo americano (ma non ancora quello europeo). Nonostante la mia scarsissima conoscenza del giapponese, la trilogia della cittadella volante rimane la più solida tra gli story arc dragonquestiani, forse oscurata (ma è questione di gusti) solo dagli splendidi one-shot 7 ed 8 che però arrivarono in un periodo di ulteriore maturità dello scenario RPGistico giapponese.

Tecnologicamente, Dragon Quest IV DS (e i suoi già annunciati seguiti come anche il nuovo nono episodio) sarà completamente aggiornato ed al passo con i tempi, esattamente come accadde con Final Fantasy III: su un motore grafico in full-3D si innestaranno i vecchi sistemi di gioco ed una storyline riscritta senza stravolgimenti, partendo dagli script originali. Se ha funzionato per lo spoglio e discontinuo Final Fantasy III (insieme al II uno dei peggiori capitoli della saga), c’è da credere che, con la trilogia della cittadella volante, il capolavoro sia assicurato. In parallelo alla vecchia trilogia, Square-Enix rilascerà anche il nono episodio in esclusiva per Nintendo DS: il motore grafico sarà lo stesso ma il sistema di gioco è stato pesantemente rivisto introducento parecchie innovazioni sul fronte del gameplay (ancora da confermare ufficialmente) ed integrando parte delle meccaniche previste negli spin-off Dragon Quest: Monsters.

In concusione, Dragon Quest rimane una delle vecchie serie meno conosciute ma forse più accessibili agli appasionati europei: risentendo pochissimo del peso dell’età e fornendo un’esperienza molto più organica dei suoi contemporanei, rimane una delle proprietà intellettuali più interessanti da veder sbarcare sulla corrente generazione di console e forse l’unico titolo JRPG per cui può valere la pena investire nell’acquisto di remake o degli episodi originali.

Best of 2007 – In rigoroso ordine alfabetico

Le classifiche sono insopportabili.

Ma quella che segue non è una classifica e non pretende di esserlo.

Quella che segue è solo una lista di ciò che alcuni membri dello staff di Ars Ludica considerano il meglio del 2007 tra ciò che hanno giocato a fondo. Probabilmente ci sono altri giochi che andrebbero inseriti in classifica ma che ancora non abbiamo giocato. Di questo ce ne dispiace ma non possiamo farci niente, se non invitarvi a prendere la lista che segue per quella che è:

qui Knytt Stories ha la stessa dignità di Bioshock, e non ce ne vergognamo.

Se volete contribuire, postate la vosta lista dei giochi top del 2007. Deve essere completamente vostra, senza condizionamenti da parte dell’hype e senza starci troppo a pensare.

Aquaria (PC, Shareware) (Best per Karat45)
Karat45: Attesissimo dalla comunità indie, Acquaria ha stupito veramente tutti. Stilisticamente splendido, trasporta il giocatore in un mondo acquatico fantasy vasto e pieno di luoghi da esplorare. Il gameplay è solido e studiato in modo perfetto. Stupisce che sia stato realizzato soltanto da due persone. Voglio una versione per Nintendo DS da giocare prima di andare a dormire.

Aquaria

Sito Ufficiale: http://bit-blot.com/aquaria/

Bioshock (PC, Xbox 360) (Best per Karat45, Joe Slap)
Karat45: Rapture: un’utopia trasformata in distopia. Un grande gioco che ruota intorno ad un contenuto profondo e tematizzato in ogni elemento. Un vero e proprio saggio di game design su come non sprecare risorse per mettere su baracconi vuoti e superficiali.
Joe Slap: C’era molta attesa per il ritorno di Irrational Games e posso affermare che le aspettative non sono state disattese. Reputo Bioshock il miglior FPS del 2007, in quanto è capace di coinvolgere il giocatore dalle prime battute fino alla fine del gioco, attraverso una storia interessante e delle ambientazioni da favola, e che risulta molto longevo (cosa quanto mai rara al giorno d’oggi). Un prodotto dall’elevato valore artistico, curato in ogni minimo dettaglio anche se non esente da qualche magagna.

Bioshock

Sito Ufficiale: http://www.2kgames.com/bioshock/

Command & Conquer 3: Tiberium Wars (PC) (Best per Joe Slap)
Joe Slap: Sono un fottuto tradizionalista, lo so. Per questo scelgo Tiberium Wars, come uno dei titoli che più ho apprezzato quest’anno. Il ritorno di una saga storica all’interno del genere RTS, che ha preferito affinarsi piuttosto che stravolgersi in nome dell’innovazione assoluta. Il risultato è un RTS abbastanza vario e longevo, dall’ottima grafica (prestante anche su macchine vetuste) e dal multiplayer classico (a base di rush) costantemente giocato e aggiornato dagli sviluppatori. Apprezzabile il ritorno degli FMV con attori di un certo livello.

Tiberium War

Sito Ufficiale: http://www.commandandconquer.com/

Diabolik: Original Sin (PC) (Best per Karat45)
Karat45: Bellissima avventura grafica che riesce a riprodurre alla grande il feeling del personaggio Diabolik. Scenari bellissimi, un gameplay ibrido tra un’avventura punta e clicca e uno stealth game e alcuni momenti di gioco memorabili lo rendono un titolo da provare assolutamente. Peccato per qualche dialogo sottotono. Ma sono inezie in confronto al resto.

Diabolik: Original Sin

Sito Ufficiale: http://www.artematica.com/index.php?sezione=gamesdetails&idGame=4

Enemy Territory: Quake Wars (PC) (Best per Joe Slap)
Joe Slap: Tra i tanti sparatutto online usciti quest’anno, la mia preferenza va a Quake Wars. Lotta serrata tra capisaldi del genere, quest’anno i concorrenti non sono mancati, ma QW ha mostrato di avere una marcia in più. E’ stato capace di offrirmi ore di sana esaltazione, grazie ai clan che mi hanno ospitato durante i match, dimostrando che la chiave del suo gameplay è la collaborazione. Le classi sono variegate, le armi sono cattive e le mappe spettacolari, il tutto sbocciato su un motore grafico collaudato e scalabile. Da provare assolutamente, ma non da soli.

Enemy Territory: Quake Wars

Sito Ufficiale: http://www.enemyterritory.com/

Forza Motosport 2 (Xbox 360) (Best per Joe Slap)
Joe Slap: In attesa che esca Gran Turismo 5, chi possiede una Xbox360 può impegnare mani e piedi su questo titolo che si ispira alla serie di Polyphony Digital, ma che già con la seconda versione ha acquisito una sua personalità, riuscendo a far meglio del rivale (al momento ancora GT4) in elementi chiave quali fisica e intelligenza artificiale. Oltre alla corposa parte single player, il gioco offre una completa modalità online ricca di interessanti caratteristiche che poggiano su un ottimo net code. Consigliato a tutti gli appassionati di racing games.

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Sito Ufficiale: http://forzamotorsport.net//

Hurrican (PC, Freeware) (Best per Karat45)
Karat45: Remake amatoriale di Turrican realizzato da un gruppo di sviluppatori tedeschi. Ci ha fatto aspettare anni ma si è rivelato un piccolo capolavoro. Difficile ma giocabilissimo è curato in ogni minimo dettaglio. Celebrazione in grande stile di un classico ancora oggi amatissimo.

Hurrican

Sito Ufficiale: http://turrican.gamevoice.de/hurrican_site/

Knytt Stories (PC, Freeware) (Best per Karat45)
Karat45: Platform poetico e minimale, dall’atmosfera magica e surreale. Formato da schermate fisse da esplorare e ammirare, è anti-frenetico e anti- tecnologico, e offre un gameplay rilassante ma non banale incentrato sul fascino evocativo dei suoi scenari.

knytt stories

Sito Ufficiale: http://nifflas.ni2.se/index.php?main=02Knytt_Stories

Metal Gear Solid: Portable Ops (PSP) (Best per Joe Slap)
Joe Slap: La versione europea di una trasposizione ritenuta dai molti improponibile, è arrivata quest’anno sulla consolina Sony e ne ha mostrato i muscoli. Fedele alla saga in quasi tutti i suoi elementi, regala circa 20 ore di coinvolgente gioco intramezzato da stralci di narrazione a fumetto, da uno stile unico. Colonna sonora all’altezza e doppiaggio di qualità fanno da contorno a uno stealth game da portare in giro, che considero uno dei migliori titoli in assoluto per PSP.

Metal Gear Solid: Portable Ops

Sito Ufficiale: http://www.konami.jp/gs/game/mpo/index.html

Portal (PC, Xbox 360, PS3) (Best per Joe Slap, Karat45)
Joe Slap: Un vero trip mentale, Portal è brevissimo ma intenso, fa girare i neuroni ma al tempo stesso rilassa, perché non ti mette pressione. Una voce amica/nemica ci accompagna durante tutti i livelli di gioco, via via più complessi, contribuendo alla sensazione di sentirsi un criceto motivato a vedere la fine del tunnel.
Karat45: Quello che è stato presentato come una specie di gioco bonus dell’Orange Box ha avuto un impatto dirompente, facendo parlare di se molto più di Half-Life 2: Episode Two. I motivi? Il gameplay geniale basato su una singola arma crea portali e, soprattutto, la caratterizzazione dei pochi elementi di gioco che sono diventati immediatamente culto tra i videogiocatori. Il cubo da compagnia, la voce femminile di un computer nevrotico e umanissimo e la magnifica canzone finale (Still Alive) sono già leggenda.

Portal

Sito Ufficiale: http://orange.half-life2.com/portal.html

Puzzle Quest: Challenge of the Warlords (PC, Xbox 360, PSP, Nintendo DS) (Best per Karat45)
Karat45: Puzzle game della Infinite Interactive (quelli della serie Warlords) che inserisce nel genere alcuni elementi degli RPG (quest da risolvere, una mappa da esplorare, punti esperienza da raccogliere, classi da utilizzare, magie, abilità ecc). Nessuno credeva potesse funzionare. Loro sì e hanno creato un vero gioiello.

Puzzle Quest

Sito Ufficiale: http://www.infinite-interactive.com/puzzlequest/

Sam & Max: Season One (PC) (Best per Joe Slap)
Joe Slap: Ne ho già parlato a fine stagione, aggiungo poco altro. Il ritorno in grande stile di Dave Grossman e Steve Purcell, accolti da Telltale Games, che hanno rilanciato in pista il duo più matto delle avventure grafiche con una sistema a puntate che fa l’occhiolino alle serie TV. Esperimento pienamente riuscito in quanto, grazie a questa formula, i costi risultano contenuti e soprattutto viene attribuita massima importanza al feedback dei videogiocatori.

Sam & Max Season One

Sito Ufficiale: http://telltalegames.com/samandmax/

Sega Rally Revo (PC, Xbox 360, PS3) (Best per Joe Slap)
Joe Slap: Il ritorno del rally arcade per eccellenza mi ha davvero sorpreso, ero abbastanza fiducioso nelle abilità del team, ma il fatto che una licenza di tradizione prettamente nipponica fosse stata affidata a uno studio europeo, non mi ha fatto dormire sogni tranquilli, fino all’uscita. Sega Rally Revo rinnova la saga rimanendo fedele a se stessa, cancellando i terribili ricordi della versione 2006 e sfoggiando un motore grafico al passo coi tempi e un comparto audio di livello, condito dai soliti controlli super arcade.

Sega Rally Revo

Sito Ufficiale: http://rally.sega-europe.com/it/

S.T.A.L.K.E.R.: Shadow of Chernobyl (PC) (Best per Karat45)
Karat45: Capolavoro russo ruotante intorno alla tragedia di Chernobyl e ispirato, nemmeno troppo indirettamente, da un classico del regista Tarkovskij. Nei panni di uno S.T.A.L.K.E.R. privo di memoria, dobbiamo riuscire ad arrivare in cima alla centrale attraversando il cadavere dell’utopia comunista, ormai ridotta a terreno di caccia per mercenari ed eserciti. La ricostruzione dell’area intorno alla centrale è qualcosa che va vista e vissuta, nonostante qualche difetto.

S.T.A.L.K.E.R.: Shadow of Chernobyl

Sito Ufficiale: http://www.stalker-game.com/

Super Mario Galaxy (Wii) (Best per Joe Slap)
Joe Slap: Cinque fottuti anni per avere un nuovo episodio di Super Mario. Credo sia il giusto dazio da pagare se alla fine Nintendo ci consegna un titolo di tale portata. Semplicemente il Gioco del mio 2007, che continuerò a giocare e rigiocare per anni, in attesa di un suo degno successore. Il platform game per eccellenza, capace di spingersi oltre, laddove nessuno ha mai osato.

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Sito Ufficiale: http://ms2.nintendo-europe.com/supermariogalaxy/itIT/index.html

Super Paper Mario (Wii) (Best per Joe Slap)
Joe Slap: Piacevole sorpresa, passata un po’ in sordina in questo 2007 anche per colpa del notevole ritardo rispetto all’uscita americana. SPM è un platform condito da alcuni elementi RPG, ambientato nella versione cellulosa del mondo di Mario e soci, realizzato da Intelligent Systems sotto la supervisione di Nintendo. Una piccola perla imperfetta, capace di regalare una ventina di ore di piacevole relax.

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Sito Ufficiale: http://wii.nintendo.com/site/spm/

Team Fortress 2 (PC, Xbox 360, PS3) (Best per Karat45)
Karat45: Sparatutto multiplayer inserito nell’Orange Box o acquistabile singolarmente su Steam, Team Fortress 2 mi ha ricondotto nel magico mondo dei giochi online, grazie al suo stile unico fatto di personaggi ben caratterizzati visivamente e la possibilità di utilizzare ben nove classi differenti. Stupisce vedere come la Valve sia riuscita a equilibrare il tutto senza commettere errori grossolani.

Team Fortress 2

Sito Ufficiale: http://orange.half-life2.com/tf2.html

The Legend of Zelda: Phantom Hourglass (Nintendo DS) (Best per Karat45, Joe Slap)
Karat45: Zelda approda su DS e si rinnova grazie alle possibilità offerte dalla console portatile della Nintendo. Ogni aspetto è stato studiato per adattarsi ai canoni della touch generation e il risultato andrebbe studiato da tutti quelli che hanno fallito nello sfruttare i due schermi e il pennino con prodotti grossolani. Giocabile, profondo anche se un po’ troppo facile, è il gioco del Natale 2007 per chi possiede il DS.
Joe Slap: Il gioco che dimostra le reali differenze tra la proposta portatile di Nintendo e quella della concorrenza. Il titolo che sfrutta appieno il Nintendo DS, che evolve i controlli e che aggiunge un pizzico di originalità a questa saga che, a parer mio, cominciava a puzzare di vecchio.

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Sito Ufficiale: http://phantomhourglass.nintendo-europe.com/itIT/index.html

The Witcher (PC) (Best per Karat45)
Karat45:
The Witcher è la dimostrazione che è possibile mettere su un gioco fantasy senza scadere in cliché infantili e banali. Quello che stupisce è l’ottima scrittura dei dialoghi e come è stata gestita la narrazione, nonostante l’ampiezza del mondo di gioco. Gli sviluppatori di prodotti più blasonati (Oblivion e Gothic 3… tanto per citare due nomi molto noti) dovrebbero giocarci un po’ e prendere appunti.

The Witcher

Sito Ufficiale: http://www.thewitcher.com/

You Are Empty (PC) (Best per Karat45)
Karat45: Lo so, lo so. Chi ha recensito questo gioco lo ha massacrato dandogli voti bassissimi. I difetti ci sono, indubbiamente. Ma forse andavano considerati anche i numerosi pregi, tra cui la bellezza dei livelli, rappresentazione ludica del crollo del comunismo come idea più che come regime. Profondo e pessimista, You Are Empty va giocato con uno spirito critico diverso da quello graficasonorogiocabilitàlongevità. Se non siete in grado di andare oltre alcuni modelli tridimensionali bruttini… lasciatelo perdere.

You Are Empty

Sito Ufficiale: http://www.youareempty.com/