Sviluppato da Quantic Dream | Pubblicato da SCEE | Piattaforma Playstation 3 | Rilasciato a febbraio 2010
Lunga è stata l’attesa per il nuovo parto di David Cage (al secolo David De Gruttola) e la sua Quantic Dream e in molti continuano a chiedersi se ne sia valsa davvero la pena. Ho affrontato Heavy Rain come mio solito, immergendomi il più possibile all’interno del setting di questo thriller interattivo cercando di vivere le emozioni come fossero mie, amplificando le sensazioni e i brividi lungo la mia schiena.
Ho acquisito le fattezze di Ethan Mars, cercando di condividerne le poche gioie e le tante sofferenze dall’inizio alla fine della storia. Un dramma diviso in tante brevi scene frammentate da caricamenti continui che segmentano un po’ troppo l’esperienza. Forse non sono la persona adatta ad analizzare e criticare un prodotto del genere ma ci provo lo stesso; da diversi anni ho abbandonato il cinema abbracciando il videogioco come unico mezzo d’intrattenimento televisivo e spesso mi accorgo di essere più magnanimo e meno pignolo di prima, di fronte alla realizzazione di storie e personaggi dei videogiochi.
Con Heavy Rain nasce il termine interactive fiction: un prodotto che unisce il cinema al videogioco sfruttando i pregi di entrambi, una lunga trama approfondita con personaggi credibili su cui interagire, portando avanti le vicende e modificandole secondo le nostre scelte. Primogenito purosangue? Vediamo.
Essendo questa una recensione mi si impone la descrizione della struttura e meccaniche di questo titolo. Heavy Rain è un videogioco atipico: controlliamo i protagonisti di una storia drammatica attraverso combinazioni di tasti preimpostati che ci vengono proposti sullo schermo sotto forma di Quick Time Event (QTE da ora in avanti), il gioco ce li suggerisce facendo comparire delle forme rappresentanti i tasti del DualShock 3 oppure le direzioni verso cui dovremo spostare il thumbstick destro, o ancora la richiesta di scuotere il controller, grazie alle funzionalità giroscopiche integrate. Per camminare bisogna tenere sempre premuto il tasto R2 e per ruotare la testa (che indicherà anche la direzione da seguire) bisogna usare il thumbstick di cui sopra. Ogni scelta che compiamo puo’ modificare delle variabili nella storia, facendole prendere strade a volte inaspettate, altre prevedibili. Il tempo gioca spesso un ruolo fondamentale, sia nel dare delle risposte che durante l’azione. Non è presente un inventario, ma ci sono sporadiche scene in cui andremo ad analizzare delle prove, raccogliendole e confrontandole per ottenere indizi rilevanti. Controlleremo quattro personaggi, che si ritroveranno sempre più vicini tra loro col dipanarsi delle vicende. Tramite la pressione del tasto L1 è possibile cambiare l’inquadratura alternandola a quella proposta dal gioco. Ogni scena puo’ essere interpretata in maniera diversa ed possibile rigiocarle tutte in un secondo tempo per scoprirne le conseguenze alternative, come fosse una vecchia storia a bivi di Topolino.
Cos’è un laser game? Genere sparito secoli or sono (uno degli ultimi esponenti fu il divertente Braindead 13) torna ogni tanto sulle bocche di chi lo ricorda con affetto ma che stranamente non vuole più vederlo sulle piattaforme odierne. Tra i vari delusi di Heavy Rain sul web, “laser game” è stato il termine più ricorrente, sin dalla visione dei filmati in anteprima. Peccato però che ciò che vediamo in Heavy Rain ricorda molto più il sistema visto in Shenmue che non uno Space Ace. In un laser game si procede alla cieca, succubi di uno sfiancante trial & error continuo in cui neanche l’istinto puo’ aiutarti più di tanto, la via per proseguire l’azione è una e una sola da scoprire con tentativi a volte privi di logica. Heavy Rain e i suoi QTE sono invece in bella mostra, come in Shenmue, e alcuni possono essere sbagliati generando diverse conseguenze, da un semplice scivolone alla fine prematura di uno dei personaggi (principali e non); la differenza è sostanziale. Già in MGS4: Guns of the Patriots ne abbiamo apprezzato l’utilizzo per farci sentire ancora più vicini al personaggio, nei suoi sforzi e sofferenze. Il vero limite dei QTE è che rappresentano l’unico modo per dare forma a tutte le azioni di Heavy Rain, da una semplice carezza a un colpo di pistola, e chi se ne lamenta farebbe bene ad aspettare l’impiego di interfacce neurali.
Parlare dell’aspetto tecnico di Heavy Rain ha senso perché è un titolo che basa tutto sulla storia, i suoi personaggi e il realismo. Quasi tutto è innegabilmente delizioso per gli occhi e l’acqua, assoluta protagonista, ha un effetto un po’ gelatinoso ma di sicuro impatto. In generale la grafica è fatta molto bene, però siamo ancora lontani dalla rappresentazione fedele della realtà. Realismo, nel caso di Heavy Rain, significa proporre delle situazioni credibili con dei personaggi che sembrano vivi, capaci di suscitare delle emozioni nel giocatore tramite la loro voce e le loro espressioni, come in un film. Da uno degli studi di motion capture più attrezzati del mondo non ci si poteva aspettare che delle animazioni splendide e così è; dopotutto centosessanta giorni di riprese dovevano portare buoni frutti. Peccato però per la stramba idea di far controllare i personaggi tramite la pressione costante del grilletto R2 coadiuvato dall’utilizzo del thumbstick destro per direzionare e ruotare la testa: questa soluzione rovina la sospensione dell’incredulità dato che spesso si assiste a dei movimenti molto impacciati, così innaturali da ricordare il primo Resident Evil.
Se c’è una cosa davvero difficile da realizzare in un videogioco sono gli occhi di un essere umano. Purtroppo in Heavy Rain si assiste a momenti in cui questi sanno davvero di finto, facendo sembrare i personaggi dei manichini senza vita. Questo fenomeno si verifica soprattutto quando i protagonisti si trovano a dover osservare qualcosa in maniera ravvicinata: le pupille non si stringono facendoli sembrare dei non vedenti. Non è un voler fare le pulci, ma è normale che su un titolo che basa tutto sul realismo e sul ricreare una storia per farci piangere e star male queste cose vadano notate; fortunatamente non è così in tutte le scene. La colonna sonora l’ho trovata ottima nella sua semplicità e il doppiaggio è da film grazie alle voci illustri assoldate per la versione italiana. È facile affezionarsi e dispiacersi per le vicende di Ethan, grazie all’eccellente lavoro fatto da Pino Insegno (un po’ meno per Claudia Gerini che poteva dare di più nel ruolo di Madison) che si è impegnato come per una produzione cinematografica.
Inaspettatamente Heavy Rain è longevo; intendiamoci, non dura trenta ore (per fortuna) ma una decina piena sì, e per un prodotto del genere è una durata di tutto rispetto. Personalmente non credo di rigiocarlo ulteriormente, perché una storia deve rimanere quella che è stata al primo giro, però qualche scena la si rivede con gli amici per confrontarla e riderci su.
Al di là delle magagne che mi portano a reputare Heavy Rain un prodotto imperfetto, posso dire di essermi emozionato diverse volte, grazie all’ottima caratterizzazione dei personaggi che mi ha portato subito ad affezionarmi ai protagonisti (Ethan e Scott in primis) facendomi tremare le mani in alcune situazioni di fronte a dei bivi che potevano rivelarsi fatali. Per anni ho difeso l’operato di Quantic Dream su Fahrenheit, prodotto quanto mai controverso e che ha saputo spaccare la critica come pochi altri titoli. Mi piace premiare chi sperimenta e alcuni titoli innovativi fungono da prototipi, le buone idee vanno tenute e sfruttate per realizzarne un degno erede raffinato e proponibile anche al videogiocatore dal palato più schizzinoso.
Heavy Rain è una ciambella senza buco: saporita, ma ancora non troppo vicina alla forma corretta. Mi ha fatto provare delle emozioni, mi ha convinto di avere in mano la possibilità di scegliere di fronte a dei bivi importanti, mi ha permesso di chiacchierare per serate intere con amici che l’hanno affrontato e completato, confrontando punti in comune e scelte opposte che hanno portato a diversi sviluppi verso finali opposti. Stavolta è davvero possibile influenzare lo scorrere degli eventi, arrivando persino a poter perdere alcuni personaggi importanti, senza che la storia finisca prematuramente. Sembra poco ma non lo è, e qui siamo abbastanza lontani dalle scelte binarie di un Mass Effect qualunque.
In Heavy Rain iniziamo svegliandoci sul nostro letto cominciando a prendere confidenza con il nostro alter ego e il suo mondo. Diventiamo così un po’ protagonisti e un po’ registi di questa storia – eccolo, il vero difetto di Heavy Rain: a volte viene confuso il ruolo del videogiocatore; in alcune scene siamo registi di un film, in altre protagonisti di una storia vera e in altre ancora, ignari spettatori. La storia va avanti lasciandoci dei buchi non indifferenti e, senza voler rovinare niente a nessuno, bara spostando il nostro ruolo da regista a spettatore a cui vengono nascosti dettagli altrimenti chiari ed evidenti, con mezzi quantomeno discutibili. Questo è irritante.
Heavy Rain avrebbe dovuto rappresentare la consacrazione di David Cage tra i grandi dell’industry, ma non è così. Per realizzare l’interactive fiction per eccellenza, Quantic Dream avrebbe bisogno di assoldare uno sceneggiatore d’esperienza (così come ha fatto SEGA per la serie Yakuza) capace di realizzare una storia senza punti deboli, su cui applicare l’impianto ludico ideato da Cage e soci, rivedendo un attimo gli eccessi del sistema di controllo e facendo un beta testing il più estenuante possibile.
Soltanto allora saremo tutti lieti di aver pagato il prezzo pieno per il biglietto.
Note e avvertenze:
Prima di tutto un consiglio: avviate Heavy Rain soltanto dopo aver liberato almeno 10 gb di spazio nell’hard disk della vostra Playstation 3. Purtroppo, se il gioco si trovasse con poco spazio libero a disposizione, vi costringerebbe a caricamenti estenuanti che a volte portano al blocco totale della console. Il gioco è afflitto da diversi bug più o meno frequenti, come alcuni momenti di muto totale (che fortunatamente non fa perdere la sincronia del parlato sul video) o alcuni blocchi dell’azione durante il gioco. Sporadicamente puo’ verificarsi qualche compenetrazione di poligoni e qualche personaggio secondario che si inceppa nell’animazione.
Ma come è possibile che in un gioco dal titolo “Heavy Rain”, in cui piove 25 ore su 24, non appaia MAI un ombrello? :-O