Quake 4 [single player]

Sviluppato da Raven & id Software | Pubblicato da Activision | Piattaforme PC, Mac, Xbox 360 | Rilasciato il 18 Ottobre 2005

Spesso ci si affanna lungamente nella ricerca di un gameplay peculiare, di un concept che rechi con sé almeno una lieve brezza di novità; eppure, talvola, ci si può sorprendere di quanto sia dannatamente divertente giocare a un titolo situato esattamente agli antipodi dell’originalità e della personalità. Ciò è certamente quanto mi è accaduto con Quake 4, ennesimo first person shooter sviluppato sotto l’egida congiunta di Raven Software e della gloriosa id di Carmack (che ha fornito l’engine, l’id Tech 4, mutuandolo dal precedente Doom 3).

La storia riprende gli eventi conclusisi in Quake 2, proiettando il videogiocatore nello scenario della sanguinosa guerra contro gli Strogg, una razza aliena decisamente somigliante ai Borg di trekkiana memoria; il protagonista, Matthew Kane, è un marine che della squadra Rhino con il compito di mettere la parola fine al conflitto, impegnato così in quella che gli umani credono sia l’ultima offensiva prima della vittoria (alla fine di Quake 2 veniva distrutta l’arma principale dei nemici, il tremendo Makron). Com’è ovvio in questi casi, nulla va come previsto e allora sarà compito dell’utente trovare il bandolo della matassa tra proiettili fumanti e creature ostili.

Carneficine, carneficine, e ancora carneficine: con ossessione durante tutti i livelli bisogna far fuoco selvaggiamente, e per spuntarla occorre prontezza dei riflessi piuttosto che l’uso della ragione; i Raven non si sono certo sforzati di elaborare un qualche spunto provvisto di personalità. Direi, piuttosto, che siano regrediti (se si può definire tale l’impostazione seguente) agli schemi senza fronzoli del Croteam e del relativo Serious Sam. Anche il design dei livelli non propone nulla di distintivo e non fa evolvere certo alcun concetto: le mappe ambientate in interni ricalcano il classico stilema fantascientifico con corridoi poco illuminati, sale che fungono da arene provviste di colonne per ripararsi, e porte che celano alla vista la presenza di simpatici nemici vogliosi di farci a pezzettini; le mappe ambientate in esterni, anche se graficamente non al top della resa, hanno il pregio di essere giocate a bordo di mezzi quali mech, navette e corazzati assortiti, diversificando un poco lo strumento mediante il quale dispensare morte e distruzione. Meritevole di menzione è un accadimento collocato circa a metà della storyline, quando il povero Kane è catturato e costretto ad un trattamento di trasformazione in Strogg decisamente poco confortevole: il giocatore osserva nella solita prospettiva in prima persona le mutilazioni del doloroso processo, raggiungendo in quest’occasione la massima identificazione con le sorti del proprio alter ego rispetto all’intera esperienza ludica.

Nonostante da un punto di vista distaccato sembra che non vi sia alcun aspetto capace di brillare di luce propria in questo Quake 4, osservando il prodotto sotto la distorcente lente del già citato divertimento (quella che ha consacrato titoli come Halo 3) non ci si può esimere dal constatare come meccaniche ultra collaudate abbiano ancora una volta funzionato con elevata efficienza. Reso oggi appetitoso da un prezzo budget molto conveniente, data l’intrinseca levità (senza contare la corposità del sempiterno multiplayer) risulta particolarmente consigliato in questi mesi estivi in cui c’è certamente meno tempo e voglia per chiudersi in casa davanti al piccì.

Cultura videoludica: due chiacchiere con la redazione di Babel

Babel blogSabato 8 dicembre 2007 esordiva Babel – Parliamo di Videogiochi, una rivista in PDF di 20 pagine liberamente scaricabile, condotta e impaginata da Federico Res. La redazione è composta principalmente da elementi che gravitano intorno alla community di The First Place (TFP in breve, un network di cultura videoludica ideato e gestito dal giornalista Ivan Fulco), tra i quali citiamo Tommaso De Benetti, autore di Ringcast e collaboratore di Ring (e-zine di approfondimento sul videogioco edita tra il 2002 e il 2005, potete scaricarla dalla colonna destra di questo blog), e Vincenzo Aversa, articolista di TFP nonché creatore di un show umoristico online intitolato “Corso per videogiocatori professionisti“.

Cogliamo quindi l’occasione per intervistare la redazione di Babel per porre delle domande relative alla sua conduzione e al tempo stesso riflettere sulla condizione della cultura videoludica in Italia.

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Quando l’RPG era volutamente difficile

Giocare oggi a Might & Magic (o a qualsiasi altro vecchio RPG), è come andare ad un party sado maso, farsi appendere nudo al centro della sala da ballo e attendere l’inevitabile. Eppure è divertente proprio grazie a questo suo brutale realismo che si è un po’ perso nei giochi-luna park: la controparte umana conta. Non basta saper leggere il quest log/walkthourgh per avanzare, bisogna crescere come giocatori insieme al gioco.

Might & Magic

Certo, si paga un’interfaccia antiquata (che allora era user friendly, rispetto a titoli analoghi) ma ci si guadagna in soddisfazione. L’esplorazione ha un senso, non serve solo a eliminare il fog of war dalla minimappa: vicino alla città di partenza c’erano dungeon da endgame, ogni sezione del mondo aveva i suoi bei segreti più o meno nascosti che spesso pagavano meglio delle main quest. Tutto passava per il proprio party: bisogna pianificare livelli ed escursioni: raramente una zona era percorribile tutta d’un fiato, bisognava essere cauti, tornare più volte alla base, stare attenti alle sorprese, amministrare le proprie risorse fisiche e mentali. Rottura di palle? Forse, ma anche realismo e sfida.

Il concetto, che non è nuovo e sopravvive oggi nel filone roguelike (che stanno ridiventando popolari anche nel mainstream), è tipico dei giochi (quelli fisici): il giocatore (umano) all’inizio è una pippa. Se è abbastanza sveglio, impara a giocare, se non lo è rimane una pippa. Impietoso, sadico ma anche intrigante. Un po’ tutti i vecchi RPG erano così, il vantaggio è che molti avevano un sistema di gioco pensato per essere un sistema di gioco, non un’accozzaglia di eccezioni per raggiungere un artigianale bilanciamento for dummies come il popolare D&D. Il sistema faceva la differenza, si potevano fare previsioni, intavolare strategie, allocare risorse, pianificare imprese, controllare il territorio, creare una propria lista di priorità. Il mondo, poi, faceva il resto, diventava la creta dalla quale modellare il proprio party: certo c’erano sempre aree che diventavano facili una volta divenuti abbastanza potenti, ma il level design non era pensato per guidare il giocatore. Bisognava trovare la strada, non percorrerla con la garanzia di trovare sempre l’incontro abbastanza facile da essere vinto. Era in voga la promozione dei valori: indipendenza, sperimentazione, ambizione, strategia, pianificazione, responsabilità, iniziativa.  Erano doti che metteva chi giocava, non gli scripter tramite dialoghi a scelta multipla che si può benissimo non leggere, tanto la prima opzione è sempre quella che non crea problemi. Non è forse questo il fulcro dell’avventura? A cosa serve un gioco se non ci mette alla prova su diversi livelli intellettuali? Ad allenare l’indice destro?

Magic Candle

Oggi si direbbe senza esitazione che si tratta di game design mediocre, fatto male, frustrante. Perché ai giochini devono riuscire sempre tutti. Nessuno metterebbe mai in dubbio che, magari, è semplicemente chi gioca che è un inetto. Meglio? Peggio? Sicuramente un design diverso e meno scontato.

So Blonde e intervista a Steve Ince

Sviluppato da Wizarbox | Piattaforma PC | Uscita prevista in Italia il Ottobre 2008

Qualcuno si ricorda di Steve Ince? Spero di sì, perché ha contribuito alla realizzazione di classici dell’avventura grafica come Broken Sword, Beneath a Steel Sky e Lure of the Temptress, quando militava nella mitica Revolution Software. Dopo essere diventato freelancer ed aver collaborato a vari progetti, grazie ad Anaconda si sta preparando al ritorno in prima persona nel campo delle avventure punta e clicka con So Blonde.

In So Blonde vestiremo i panni di Sunny Blonde, sbarazzina diciassettenne con cui ci ritroveremo su un’isola caraibica, dopo essere caduti da una nave di crociera, convinti di essere vittima di uno scherzo architettato dal tour operator che ha organizzato il nostro viaggio. Dopo essere stati al gioco per un po’ su quest’isola che sembra in tutto e per tutto provenire dal passato, ci accorgeremo di essere tornati indietro al tempo di pirati e bucanieri! Il gioco è già uscito in Germania e Francia, ricevendo voti lusinghieri, e approderà in Italia dopo l’estate distribuito da Halifax.

Nell’attesa che esca la versione italiana, abbiamo approfittato dell’occasione per porgere qualche domanda al buon Steve, designer del gioco, persona disponibile nonché professionista con esperienza decennale.

So Blonde sta per uscire, quali sono i tuoi pensieri adesso? Sei soddisfatto del lavoro? Hai avuto tempo sufficiente per inserire tutte le tue idee nel gioco finale?
Sono molto soddisfatto del lavoro compiuto, è stato un piacere e mi sono divertito molto durante lo sviluppo. Non avrei mai avuto tempo sufficiente per inserire tutte le mie pensate in So Blonde, quindi ho dovuto concentrarmi su ciò che ritenevo più importante e vitale per il gioco.

Come ci si sente ad essere tornati in prima persona sulla scena delle avventure punta e clicca?
Tornare a lavorare su un’avventura grafica è stato fantastico in particolare grazie alla qualità della grafica, il grande numero di personaggi e alla storia che abbiamo creato. E’ sempre un piacere per me lavorare su giochi basati su storie. Inoltre ho apprezzato molto il lavoro di Wizarbox, che ha sviluppato So Blonde: considerando che è il loro primo gioco originale completo, hanno fatto un lavoro splendido.

Pensi ci sia spazio per nuove avventure grafiche, in questa era “next-gen”?
Assolutamente! So Blonde sta ricevendo ottime critiche in Germania e in Francia, il che dimostra che se realizzi un’avventura con il giusto approccio può ancora ritagliarsi una buona fetta di mercato. Infatti, una delle migliori riviste francesi di giochi PC ha giudicato So Blonde con un 8/10, il che ci rende ancora più felici se consideriamo che l’ultimo gioco di Tom Clancy ha preso solo 7/10.

Che ne pensi del digital delivery? Possiamo considerarlo come una scialuppa di salvataggio per gli sviluppatori indipendenti e per I generi amati da nicchie di giocatori?
Ci sono due aspetti interessanti: il digital delivery sta già dando la possibilità di recuperare vecchi titoli che molti giocatori odierni si sono persi e che per diverse ragioni sono ormai introvabili tramite i mezzi di distribuzione canonici. Sfortunatamente l’assenza di vero marketing per questo settore manca di informare una gran parte di giocatori delle possibilità offerte.
Il secondo aspetto interessante è che il DD mette in vetrina vari tipi di giochi a un bacino di utenza più variegato e che include anche i casual gamer. Questo può trasformarsi in un numero maggiore di nuove avventure indirizzate a questi nuovi giocatori. Magari non avranno enigmi complessi come quelli delle avventure classiche, ma immagino si possa lavorare di più sulle trame a supporto di un gameplay più semplificato.

Dobbiamo aspettarci un seguito per So Blonde? O addirittura una nuova avventura?
Sarei felicissimo di lavorare su un sequel. In ogni caso questa possibilità dipende solo da Wizarbox, e io sto aspettando che mi chiamino a tale scopo! Sono fiducioso sulla possibilità di realizzare una nuova avventura in futuro, ma al momento non so quando questo accadrà.

Dacci tre motivi per comprare So Blonde!
– Vi divertirete da matti senza bisogno di sudare!
– Se non lo comprate i ghiacciai si scioglieranno domani stesso (o forse dopodomani).
– Non ci sono enigmi difficili che comprendono capre! (riferimento all’infausto enigma presente nel primo Broken Sword ndJS).

Oppure…

– C’è un pappagallo nel gioco.
– Ci sono i pirati.
– C’è un cattivone con la gamba di legno.

Oppure…

– Siamo riusciti a miscelare divertimento e dinamismo dei personaggi, narrando una storia coinvolgente mediante le interazioni del gameplay.
– Sunny crescerà genuinamente man mano che prenderà confidenza con le situazioni inaspettate che accadono su questa strana isola.
– Il gioco è ricco di umorismo e sentimenti che spingeranno i personaggi verso un finale che può essere definito dalle azioni intraprese dal giocatore.

Più le cose cambiano, più restano le stesse.

Signori e signore, ecco a voi Resident Evil 4 e mezzo!

Delusione e amarezza.

La prima dimostrazione in-game della punta di diamante della line up di Capcom la posso riassumere con queste due parole. Per carità, tutti i trailer presentati fino a oggi sono stati capaci di entusiasmarmi, sono montati ad arte e non hanno particolari momenti bassi. Peccato che è crollato tutto, come un castello di sabbia, dopo aver visto una reale parte giocata in occasione della conferenza Microsoft pre E3. Ebbene, quella determinata (piccola) fetta di gioco mi è parsa davvero moscia, ma il vero problema è che il gioco, attualmente,  si presenta come una versione in HD di Resident Evil 4. Tutto è uguale a RE4, gioco che mi fece schizzare dalla sedia in preda allo stupore e incredulità in seguito alla visione dei primi screens su Gamecube. Oggi ci ritroviamo con un gioco pressoché identico nelle meccaniche e persino nelle animazioni. I nemici zoppicano allo stesso modo, se gli spariamo contro, barcollano e rovinano a terra seguendo le stesse identiche movenze dei vecchi contadini del precedente gioco! Non solo, alcuni di loro hanno il solito tentacolo che esce dal collo dopo essere stati decapitati e non rimane traccia di alcun livido se spariamo loro con un fucile, un mitra o addirittura un bazooka. Nessun arto staccato, neanche un singolo puntino rosso o nero sui loro corpi. Torna nuovamente il tizio con la sega elettrica, solo che qui fa meno paura, evviva!
Tutto qua? beh no, è stato mostrato anche il cooperative mode, che permette di giocare l’avventura con un amico, collaborando in determinate situazioni (un pò come in Resident Evil 0, solo che ci si muove in due contemporaneamente). Un pò poco direi, per un titolo tanto atteso, che ha saputo rinnovarsi in occasione del quarto episodio ma che non riesce a fare altrettanto con questo nuovo gioco in cui ci si aspettava un’esperienza più matura e sicuramente capace di sfruttare le moderne console. Bella la next-gen.

Trailer di Resident Evil 5 – E3 2008


Dimostrazione del gioco all’E3

La mia speranza è che da qui a marzo 2009 (mese in cui uscirà il gioco) tante cose cambieranno, altrimenti non potrò che rimanere deluso dall’operato di Capcom (e non sarebbe la prima volta).

Palle di energia

Capita che i deuteragonisti di molti videogiochi, per far vedere che sono potenti e incattiviti, creino una palla di energia nella mano destra, la portino all’altezza della faccia e pronuncino qualche parola campale, tanto per far scorrere un po’ di adrenalina nella schiena di chi li guarda.

Lara Croft, dovrendo affrontare l’underworld, ha optato per indossare mezza muta (almeno una semistagna completa gliela potevano comprare… pulciari). Probabilmente sarà chiamata a nuotare in acque caldissime oppure pensa di sconfiggere gli avversari mostrandogli le natiche. Anche la comodità di correre sugli spuntoni di roccia a piedi nudi è alquanto dubbia, ma cosa non si farebbe per mostrare un paio di gambe sullo schermo?

Ma torniamo alle palle luminose dei deuteragonisti, che in quanto tali non brillano per intelligenza altrimenti, con i mezzi di cui solitamente dispongono, riuscirebbero a conquistare il mondo in pochi istanti.

Ho visto molti video dell’E3. Ovvero, ho visto molti video dell’E3. Ovvero, ho visto trailer cinematografici dei giochi. Però ho visto anche dei giochi.

Qualcuno mi spiega perché i cattivi si portano sempre delle palle brillanti davanti alla faccia? Perché poi le lanciano?

Qualche concept interessante si è visto, ad esempio I’m Alive o de Blob (che però non sono delle novità assolute), e si è visto anche qualche gioco stiloso, ad esempio il nuovo Prince of Persia o Afro Samurai… però moriranno asfissiati dalla cacca degli animali che girano sul Nintendo DS e sul Wii, me lo sento.

50 strumenti, ma vi rendete conto? 50 strumenti. Hai capito? Chissà se ci sono anche il berimbau e lo shofar. Sarebbe da veri razzisti non metterli, altro che i negroni da uccidere in Resident Evil 5. Bossi ne ha già ordinate 20 copie per farci giocare i leghisti e una decina di microfoni del Wii da usare nei comizi.

Ho dei nomi da proporre per il microfono del Wii. Che ne dite di Wiicrofono? E di “cantaesuonaconilwiiaccudendounacaimanorealesudsdandoglidamangiareuncatz”?

La cacca dei fottuti cagnacci che girano sul DS sta emanando una puzza impressionante, finirò per abbandonare la console sull’autostrada. Però uscirà anche il gioco dell’allegro meccanico. Mi sento offeso. Voglio anche quello del traduttore ciccione.

Eppure il gioco spaziale uguale a quello fantasy ma con gli alieni al posto degli orchi c’è… aspetta, come si chiama… Space Sicché?

Stavo intavolando un discorso sulle palle di energia… ma ho perso il filo.