Pubblicato da Konami | Sviluppato da Kojima Productions |Piattaforma Sony Playstation 3
“War has changed”
Così apre Solid Snake, rinnovato narratore delle vicende in medio oriente, campo di battaglia in cui inizierà la sua ultima missione. E’ lui, che con la voce roca e provata, ci informa dell’attuale situazione mondiale, sulle note di una struggente canzone dal sapore orientale. Già, senza mezzi termini Kojima e la sua troupe ci informano sin dal principio che questa sarà davvero l’ultima missione di Solid Snake. Dopo aver ultimato il gioco e sopito l’adrenalina, sono riuscito a ricomporre il puzzle che finalmente giunge al completamento, chiudendo un ciclo (cosa mai avvenuta coi precedenti episodi, a dispetto di quanto detto da Hideo Kojima).
Guns of the Patriots è la fiera del fanservice, senza per questo essere poco coerente o eccessivamente ruffiano. In questo ultimo e avvincente episodio ci sarà concesso fare di tutto, come a dire “prendete questo regalo, prima dell’addio”. I rimandi alle precedenti missioni si sprecano, sia nelle sensazioni provate che nelle situazioni affrontate e, non ultimi, nei soggetti incontrati. C’è spazio per quasi tutti, non preoccupatevi; il parco personaggi copre un po’ tutte le epoche che abbiamo vissuto, riservandoci anche qualche inaspettata sorpresa.
Dopo aver fatto un po’ di pratica grazie alla beta di Metal Gear Online, mi sono trovato subito a mio agio con le nuove aggiunte e modifiche apportate ai controlli di Snake, che hanno subito delle importanti rifiniture, agevolando l’esperienza di gioco senza frammentarla eccessivamente. Per la prima volta si potrà giocare anche in prima persona, muovendosi liberamente oltre che usare la mira automatica in terza persona (che non permette di colpire punti vitali, come la testa del nemico). Non dovremo più curare Snake come in Snake Eater, né tanto meno potremo fargli la barba come si vociferava tempo fa; sarà comunque presente il sistema di mimetizzazione già visto in MGS3, adattato all’immediato futuro ove si colloca questo nuovo episodio. Grazie all’octocamo, tuta realizzata da Otacon, potremo mimetizzarci in meno di un secondo, replicando l’aspetto esteriore del materiale su cui ci stendiamo, sicuramente più comodo che entrare e uscire in continuazione dal menu di gioco come facevamo in passato. Più avanti nel gioco, recupereremo anche la face-camo, che ci consentirà di estendere la mimetizzazione al 100% del corpo oltre che a prendere le sembianze facciali di altri individui (e qui potete immaginare come si sia sbizzarrito Kojima, nel “nascondere” simpatici bonus). Ad aiutarci nelle nostre missioni ci sarà il robottino MK-II, piccola replica del Metal Gear presente in Snatcher, avventura cyberpunk realizzata da Hideo tanti anni fa per vari sistemi. Questo simpatico aggeggio ci permetterà di intrufolarci in zone più difficilmente accessibili a Snake, sfruttando le sue piccole dimensioni e l’invisibilità. L’MK-II è provvisto anche di un opportuno cavo che può stordire il nemico o controllare particolari dispositivi elettronici. Otacon ci accompagnerà per la prima volta sul campo di battaglia, proprio grazie all’impiego di questo robot capace di salvarci la pelle in alcune scene e agire in prima persona in situazioni particolarmente delicate. A sostituire la stamina, introdotta con Snake Eater, arriva la “psiche”, barra che si consuma in particolari momenti di tensione e stress (altro valore parametrizzato, dipendente dalla furia del combattimento e dal livello di bracconaggio dei nemici) che fa perdere la precisione a Snake rendendolo più vulnerabile agli attacchi dei nemici. Parlando di questi ultimi, le nuove unità introdotte mostrano particolare carisma, soprattutto i commando Frogs (donne provviste di esoscheletri che permettono particolari acrobazie) e i mastodontici e agilissimi Gekkou, mech bipedi per metà organici, capaci di essere un vero incubo per il giocatore. Per chi si è sempre lamentato delle frequenti interruzioni generate dai numerosi dialoghi via codec dei precedenti episodi (in particolare in Sons Of Liberty), sarà felice di sapere che qui sono stati ridotti all’osso e spesso avvengono durante l’azione o i filmati d’intermezzo, senza nemmeno mostrare la classica schermata di collegamento (un escamotage già visto nel film di MGS3 presente sul terzo disco di Subsistence).
Ciò che mi ha entusiasmato meno è il comparto boss, vero fiore all’occhiello di quasi tutti i precedenti episodi (con qualche buffa eccezione). Questa volta fronteggeremo dei nemici i cui principi poggiano su tre elementi di base: la nostalgia (di Snake e del giocatore), la bellezza (della donna celata dietro la propria armatura) e la brutalità della guerra. Quattro bellissime donne (plasmate su modelle realmente esistenti) imprigionate in esoscheletri capaci di donar loro poteri speciali, senza alcuna misericordia. I loro nomi (e altri elementi) richiamano nemici già affrontati, spingendo il giocatore a ricordare le imprese passate, quasi come in un incubo senza fine. Trovo che i riferimenti al passato lascino il tempo che trovano, c’era davvero bisogno di insistere fino a tal punto? Anche le storie dietro a questi personaggi sanno un po’ di forzatura, in ogni caso nulla a cui prestare troppa attenzione, in quanto la loro esistenza ha significato solo all’inizio e poco dopo la fine di ogni scontro. A me sono serviti più che altro come punto di riferimento nell’avanzamento del gioco, ma non nego comunque l’intensità di alcuni momenti in un paio di scontri (soprattutto quello contro Crying Wolf e Screaming Mantis). Le emozioni forti comunque non mancano e trovano posto in alcune soluzioni mai viste in un videogioco, in cui la fusione tra cinematiche e azione ludica tocca livelli mai raggiunti prima.
L’armeria di gioco è quanto di più vasto e completo si sia visto mai in un action game. Drebin, onnipresente ed emblematico personaggio, ci fornirà i suoi servigi sin dal principio, come la vendita e modifica di armi e accessori, oltre che lo sblocco di gran parte della ferraglia che ruberemo ai nemici, legata all’ID del proprietario.
Passando all’aspetto prettamente tecnico, posso affermare che la qualità delle cinematiche è impressionante e si fondono alle parti giocate in maniera magistrale, senza mai spezzare l’azione o rovinarne il coinvolgimento. Peccato per le ombre in bassa risoluzione (si nota soprattutto nel primo atto) e per alcune texture affette dallo stesso problema. I modelli dei personaggi sono dettagliatissimi e le animazioni realistiche. Il tutto è accompagnato da un reparto sonoro da standing ovation. Ci è stato detto che il BRD è stato riempito al 100% per inserire audio quasi senza compressione, sarà che mi accontento di “poco” ma già i miei timpani godettero abbastanza con Snake Eater, cosa che si è ripetuta. Purtroppo è impossibile non notare evidenti cali del framerate, che raramente minano l’efficacia di alcuni intermezzi (tutti riprodotti in tempo reale, ad eccezione di un filmato del terzo atto, improponibile anche su un PC moderno). Anche durante l’azione capita di avere dei rallentamenti, ma è probabilmente lo scotto da pagare per godere di un’esperienza del genere (e già i maligni saranno pronti a spergiurare che su X360 sarebbe stato fluido, i flame sono all’ordine del giorno). Tornando ai nostri timpani, non posso che complimentarmi per il pregevole lavoro fatto nella composizione ed esecuzione della colonna sonora, adeguata al contesto e alla triste condizione del personaggio principale. Il doppiaggio della versione europea è lo stesso di quella americana, con le solite voci note dietro ai microfoni. Trovo che David Hayter (da sempre la voce di Snake) abbia fatto un lavoro eccelso, forse il miglior doppiaggio di tutta la saga. Grazie alla sua interpretazione, la sensazione che Snake sia invecchiato precocemente è davvero tangibile.
Per accorgersi che il team di Kojima abbia pensato un po’ a tutti i videogiocatori, basta andare nel completo menu delle opzioni di gioco. E’ addirittura possibile ridimensionare lo schermo a proprio piacimento, permettendo anche a chi che come me possiede uno schermo 16:10, di poter visualizzare il gioco con le giuste proporzioni e senza tagli. Insomma, nulla è stato lasciato al caso e per questo gli sviluppatori meritano un plauso. La vibrazione è sfruttata magistralmente come e più dei precedenti episodi, con una scenetta simpatica atta a tributarne il ritorno (non vi svelo nulla). Il motion sensing è usato in pochissime occasioni e senza particolare originalità.
Ora passiamo alla domanda che un po’ tutti si sono posti, estimatori e non della saga: Guns Of The Patriot, vale davvero il prezzo di una Playstation 3? La mia risposta è sì, ma con riserva. Se da un lato MGS4 offre un’esperienza visiva di prim’ordine (seppur non esente da magagne) capace di spremere la console come nessun altro gioco fino ad ora, a cui aggiungiamo un gameplay sicuramente migliorato rispetto al passato, dall’altro è evidente che chi non ha giocato i precedenti episodi farà davvero molta fatica a comprendere l’intera trama. Inutile girarci attorno, sappiamo benissimo che Metal Gear Solid è un ibrido film-videogioco: proprio per questo motivo, senza un buon riassunto delle precedenti “puntate”, giocarlo ha poco senso. Inoltre reputo la parte giocata assolutamente insufficiente per ciò che concerne la sua longevità, schiacciata dall’eccessiva presenza di parti filmate, gioia per i fan più accaniti e dolore per chi cercava un gioco con un ottimo bilanciamento tra gameplay e intrattenimento passivo. Se siete tra questi ultimi, vi consiglio di acquistare Metal Gear Solid The Essential Collection (non ancora disponibile in Europa), prima di pensare a MGS4.
Di certo il mio giudizio finale (globale, non aspettatevi un anacronistico e assurdo voto numerico) sarebbe stato ben diverso se le parti giocate avessero beneficiato di altre buone 5 ore nette, davvero un peccato.