Postal di Uwe Boll è il miglior film tratto da un videogioco che sia mai stato realizzato. Inizialmente si rischia di cadere nell’equivoco che ha accompagnato l’uscita del film, con decine di videogiocatori imbizzarriti pronti ad azzannare il buon Uwe alla gola per i suoi pessimi adattamenti. In realtà qualcuno dovrebbe spiegarmi che cosa si aspettava da un film tratto da House of the Dead e, sinceramente, film come Doom o Resident Evil sono, nel loro essere profondamente hollywoodiani, molto peggiori. Ma questa è un’altra storia.
Postal incrocia tutta una serie di temi e li frulla in calderone radioattivo di irriverenza e di cattivo gusto. Frustrazioni individuali, terrorismo internazionale, religione, sesso, nazismo e così via. C’è Bush (che aiuta Bin Laden per tutto il film), c’è Bin Laden (terrorista timido ossessionato dalla comunicazione) e ci sono le bombe atomiche (il degno finale).
Il dialogo iniziale sulla carenza di vergini che spettano ai martiri dell’Islam, con relativo schianto sulle Torri Gemelle causato dai passeggeri inferociti i quali, tentando di fermare degli ormai innocui terrosti, causano la perdita di controllo dell’aereo, fa subito capire i toni di cui è permeata tutta la pellicola.
La descrizione del parco giochi a tema nazismo, con inquadrature fisse di insegne con sopra i nomi dei locali ispirati al Terzo Reich e ai campi di concentramento, è quasi didascalica nell’ostentazione del fastidio che vorrebbe causare.
Il nano stuprato da un esercito di scimmie e il disabile usato dal protagonista per scavalcare un recinto o da un poliziotto per raccattare qualche soldo, sono dispetti fatti al buonismo imperante.
Postal è volgare e non lo nasconde, pretende di essere folle, ma sembra più il prodotto di qualche birra di troppo; un rutto a teatro e una risata quando il Titanic affonda e la sequenza è fatta.
Insomma, vi starete chiedendo, cosa c’è di buono nel film?
Ci deve per forza essere qualcosa di buono?
Boll è un videogiocatore di vecchia data, uno di quelli che probabilmente ha superato varie generazioni di macchine da gioco. Il fatto è che… se ne fotte. Il film è permeato dallo spirito anarcoide di chi vuole fare male consapevolmente. Non c’è una singola sequenza in cui non tenti di sputare sopra qualcosa. Lo spirito è quello romanticamente nichilista dei rozzi cibernetici signori degli anelli che vivevano di patatine negli scantinati e creavano videogiochi spesso assurdi con una naturalezza oggi inconcepibile. Nell’immaginario dei pionieri del medium videoludico potevano tranquillamente convivere le avventure di eroi senza macchia con quelle di tipi inquietantemente antisociali. Un gioco in cui si stirano pedoni con l’auto? Perché non farlo. Uno in cui una donna raccoglie al volo sperma con la bocca? Eccolo pronto, e subito dopo vai con una sghignazzata e un litro di birra. Ma dopo una dormita, via a salvare qualche principessa in pericolo in un mondo idealizzato popolato da mostri e fate. Poi, magari, perché non farsi un giro con il povero Henry dentro una casa gigante piena di pericoli (questa la capiranno in tre)?
Il bello è che non c’è contraddizione. Ovvero, la contraddizione sembra esserci ma il vissuto la smentisce. Ecco, non so se sono riuscito a far capire perché Postal mi è piaciuto, nonostante il film. Sinceramente mi importa poco che sia dissacrante, politicamente scorretto e altre stupidaggini del genere. Ciò che lo rende notevole è il suo essere naturalmente contraddittorio, ma senza curarsene troppo, ovvero la sua sfacciata (in)consapevolezza, il suo essere linearmente paradossale oltre ogni ragionevole dubbio.
Boll prende gli ingredienti, li dosa senza seguire nessuna ricetta, continua a buttare nella pentola il dolce, il salato e anche parecchia merda e se ne fotte. Alla fine non ti serve il pasto, ma te lo rovescia in testa chiedendoti se ti piace e disinteressandosi della risposta. È uno stronzo, ma uno stronzo sincero. Fa quello che vuole fare, senza curarsi se sta girando un film horror, un film d’azione o quant’altro. Lo fa e basta, per poi tornarsene alla sua birra e alle sue patatine.