Ars Ludica down per circa 24 ore, ma voi non avete visto niente

Chiedo scusa ai lettori per l’assenza prolungata, ma ho voluto volgere in provvidenziale l’attacco di cui il nostro sito è stato vittima nel tardo pomeriggio di sabato, e svolgere un’attività di pulizia del codice e ottimizzazione del sito (ancora da perfezionare) che rimandavo da parecchio tempo.

Quanto ai dettagli dell’attacco non c’è molto da dire se non che è sempre bene tenere aggiornati i propri script, e ancor meglio non usarne di intrinsecamente insicuri. Non basta essere simpaticissimi per evitare che qualcuno che studia da cracker vi prenda di mira in un sabato pomeriggio di noia.

E uscimmo a riveder Gotham


Batman Arkham City
è un gioco interessante perché realizzato da uno studio giovane (si tratta della terza opera dei Rocksteady) e perché questo studio è brittanico. Ritengo questi due particolari estremamente rilevanti e non trascurabili nell’analisi dell’opera.

(Breve ed impreciso) Escursus di storia del fumetto

Negli anni ’80 il fumetto americano visse un periodo di particolare sviluppo: in particolar modo si assistì alla definitiva massificazione del fumetto seriale statunitense, la diffusione del fumetto indipendente ed il ritorno al successo della striscia quotidiana – il tutto coadiuvato da un rapido processo di rivalutazione e rilettura della semiotica fumettistica cominciato con l’affermazione del post-modernismo. Simboli di questo periodo sono tre personaggi: Calvin ed Hobbes, Batman e Daredevil.

Questi tre personaggi rappresentarono un’evoluzione del fumetto statunitense verso tematiche nuove: il rapporto tra immaginazione e realtà, la dimensione onirica ed utopica dell’eroe, la tragedia dell’impotenza del singolo. Tali temi, introdotti o solo accennati dagli autori americani come Frank Miller, Bill Waterson e Jim Shooter, rivestiranno un ruolo centrale e saranno approfonditi dagli sceneggiatori britannici, tra cui ricordiamo Alan Moore, Neil Gaiman ed Alan Grant (giusto per limitarci ai primi rappresentanti della british invasion).

I Rocksteady sono stati influenzati da questi autori?

Sì e no.

Mi spiego meglio: non mancano, nell’intera opera, continui riferimenti e rimandi ad archi narrativi, luoghi, avvenimenti più o meno noti dell’universo dell’Uomo Pipistrello. Da Bludhaven, la città protetta da Nightwing/Dick Grayson, ai fatti de “Il Lungo Halloween”, come l’Uomo Calendario, o la ricostruzione del commissariato di Arkham City secondo i dettagli forniti nella serie minore Gotham Central. Ma è anche vero che gli sviluppatori si sono concentrati nella realizzazione di un gioco-scrigno in cui inserire il maggior numero di personaggi, oggetti, ecc. dell’universo gothamita e vi siano riusciti senza particolari forzature, grazie all’interessante idea di dedicare ad ogni “guest star” un certo numero di missioni secondarie.

Questi personaggi, tra cui includerei anche Catwoman, presentano una caratterizzazione minima e rivestono un ruolo accessorio: sono i giocatori che, incontrandoli, contestualizzeranno immediatamente le loro parole e le loro azioni all’interno dell’ecosistema del gioco. Questa regola presenta però due eccellenti eccezioni: Batman e Joker.

NB: DA QUESTO MOMENTO L’ARTICOLO PRESENTA NUMEROSI SPOILER.

Giustizia, meraviglia e morte ad Arkham City

In realtà, durante la campagna principale, sembrerà che il principale avversario di Batman sia il dottor Hugo Strange. Si tratta di uno dei primi, grandi avversari dell’Uomo Pipistrello che però, negli ultimi anni, sembra esser stato un po’ accantonato: ciò spiega l’interessante scelta, da parte di Rocksteady, d’introdurlo come un personaggio (quasi) estraneo alle conoscenze di Bruce Wayne/Batman e, allo stesso tempo, di prendersi alcune libertà nella scrittura della sceneggiatura del gioco.

La principale di queste è l’associazione del dottor Strange ai piani della setta degli Assassini di Ra’s al Ghul: da un lato vi è l’uomo di scienza, il medico convinto di poter curare il male endemico degli umani attraverso l’applicazione dello stato d’eccezione, mentre dall’altro troviamo il mistico ed utopico leviatano che, per assicurare all’umanità una vita migliore, desidera uccidere i forti che minacciano i deboli, imponendo il proprio giudizio (e quindi la propria legge). Questa dicotomica alleanza porterà, per via trasverse, alla pianificazione di un piano diviso in due parti:

  1. La circuizione dei peccatori, eseguita attraverso la creazione di un luogo “al di fuori della legge”: non è un caso che la prima location del gioco sia un tribunale e che, al suo interno, vi troviamo due figure: Due Facce e l’Uomo Calendario. Il primo rappresenta la difficoltà e la fallacità della giustizia umana; il secondo l’inesorabile scorrere del tempo (nella cui fine molti uomini vedono una giustizia superiore ed ubiqua, cioè divina).
  2. L’eliminazione dei peccatori, emendati dai propri peccati per mezzo del sacrifico del capro espiatorio (Bruce Wayne/Batman) che muore per essi.

Questi elementi funzionano fino a quando Batman non ascende al cielo attraverso la Wonder Tower. “Meraviglia” che, in ambito filosofico, è considerata da Platone ed Aristotele come sentimento all’origine della filosofia e che, secondo Descartes, è la prima delle passioni; mentre, in ambito filologico, il termine deriva dal termina latino mirabilia che indica il “mirare, mostrare”. Tale significato è sinonimo dell’origine di mostro, monstrum cioè “mostrare, ammirare”.

Batman riesce, attraverso la propria meraviglia, a mirare (e quindi a riconoscere) la mostruosità dell’epurazione applicata da Strange e Ra’s e quindi può ribellarsi ad essa, sconfiggendo i propri avversari. Ma la figura di Batman è anch’essa dicotomica, riunendo in sé il trauma, la follia del bambino e la ragione positivista dell’adulto che si adopera per realizzare un bene superiore.

E chi rappresenta la follia di Batman, se non il Joker stesso?

E quindi uscimmo a riveder le stelle

La conclusione dell’opera è decostruttiva e sublime. La morte del Joker è causata dalla follia del clown stesso, una follia che affligge e porterà alla fine di Bruce Wayne stesso (evento che, nel fumetto, è accaduto due volte: in occasione della saga di Knightfall e di Crisi Finale). L’uscita di Batman/Bruce Wayne è un’immagine particolarmente efficace: dietro di lui vediamo Arkham City illuminata di rosso e fumante, fornace di un inferno creato dall’uomo, e dinanzi troviamo il commissario Gordon, la legge umana che accogliere il mortale giudizio divino.

Batman è quindi sconfitto e, con lui, il giocatore stesso. Non gli resta che vagare per Arkham City, in cerca di una redenzione che non potrà mai arrivare.

Inutile dire che questa caratterizzazione dei personaggi proviene da un approccio tipicamente britannico al fumetto e, non casualmente, ritrova numerose similitudini nelle ultime avventure del personaggio DC realizzate da Grant Morrison. Secondo una mia opinione personale è probabile che i Rocksteady abbiano voluto manifestare la propria intenzione di non dedicarsi, nel breve termine, ad un’altra avventura dell’Uomo Pipistrello. Ma questa è una speculazione che solo il tempo ci confermerà.

La nascita di un voto

Mi sono già espresso in passato sull’ottusità insita in ogni voto numerico, e su quanto siano sterili le discussioni che riguardando quelli che dovrebbero essere dei semplici giudizi sintetici. Personalmente li abolirei del tutto. Ma purtroppo ci sono, e sono importantissimi sia per i lettori sia a livello economico. Poiché mi capita giornalmente di incappare in discussioni idiote sull’argomento, con gente che si scanna per i centesimi di voto, cercherò di chiarirlo una volta per tutte con un post in cui cerchero di non dire niente di particolarmente originale o pregnante (mi serve solo per copia/incollarlo nelle discussioni suddette). Insomma per ribadire l’ovvio, che tanto ovvio non deve essere visto il potere assunto da Metacritic e visto che intorno ai voti si scatenano vere e proprie guerre di trincea, con fazioni di barbari pronti a darsi battaglia in nome di questo o quel videogioco.

La domanda cui tenterò di rispondere è semplice: un voto può essere oggettivo? Ovvero, un voto può riassumere realmente il valore di un’opera complessa come un videogioco in modo da fondarsi effettivamente su di essa? La risposta è scontata: no, ma credo che vada esplicitata una volta per tutte. Piuttosto che gettarmi in pasto alla filosofia, procederò con argomenti a prova di lettore medio dei siti specializzati in videogiochi.

Prendiamo i criteri usati dal sito specializzato più famoso e letto al mondo, IGN, criteri che, di fatto, sono da tempo immemore lo standard della critica di settore e che sono impliciti anche nelle recensioni dei siti che esprimono il giudizio sintetico solo attraverso il voto globale:

Presentazione
Grafica
Colonna sonora
Gameplay
Longevità
Globale

Prendiamo come riferimento una recensione con il punteggio perfetto, quella di Uncharted 3: L’Inganno di Drake

Presentazione 10
Grafica 10
Colonna sonora 10
Gameplay 10
Longevità 10
Globale 10

Fin qui nulla da eccepire. Uncharted 3 ha una presentazione eccezionale ed è curato in ogni dettaglio, graficamente è il top su PS3; chi potrebbe negarne la spettacolarità? La colonna sonora è di stampo hollywoodiano, il gameplay procede senza scossoni ed è equilibrato in ogni suo aspetto e la longevità è garantita dal multiplayer. Nulla da eccepire, quindi? 10 è il voto “oggettivo” di Uncharted 3? Quello che balla sullo schermo insieme ai proiettili di Drake?

Giochiamo un po’ accorpando un paio di criteri e sommandone uno nuovo:

Grafica + Colonna sonora: Stile
Aggiungiamo infine il criterio dell’originalità.

Abbiamo quindi uno schema di giudizio formato da:

Presentazione
Stile
Gameplay
Longevità
Originalità
Globale

Invece di mettere subito i voti, discutiamo i nuovi criteri. Il gioco è graficamente bellissimo, la colonna sonora è tecnicamente superba, ma se parliamo di stile, questi due elementi ne esprimono uno in particolare? Formano qualcosa d’inedito, di artisticamente valido e dal valore indiscutibile? Sono portatori di una visione del mondo originale? Oppure sono semplicemente funzionali all’atmosfera generale scelta per il gioco? Insomma, prescindendo dal valore produttivo, come giudichiamo stilisticamente Uncharted 3? Magari ci piace Indiana Jones alla follia e gli diamo in effetti 10; o, magari, siamo tra quelli che pretendono un po’ di originalità e lo bruciamo con un 5/6. In fondo stiamo parlando di stile, non di dimensioni delle texture. In questo caso, qual è il voto oggettivo? Le cose si complicano.

Per ora saltiamo il gameplay e la longevità, che riprenderò in seguito, e parliamo del fattore inedito e poco considerato gettato nella mischia, di cui però si parla continuamente: l’originalità. Tecnicamente si tratta di un criterio che si spiega da solo e che risponde alla domanda fondamentale: cosa porta di nuovo un videogioco, nel caso in questione Uncharted 3, nel mondo dei videogiochi? Per il titolo di Naughty Dog la risposta è facile: assolutamente niente di niente. Fa tutto molto bene, ma non ha veramente nulla di originale. Insomma, viene ripreso il gameplay del secondo capitolo senza svilupparlo in nessuna direzione inedita. Nemmeno a livello di scrittura c’è niente di nuovo. Mettiamogli un sonoro 0, suvvia, se lo merita.. Riscriviamo la pagella rimettendo a posto i voti e calcolando di nuovo la media matematica:

Presentazione 10
Stile 6
Gameplay 10
Longevità 10
Originalità 0
Globale 7.2

Oh, 7.2 ad Uncharted 3? Ma siamo usciti pazzi? Parliamone. A questo punto qualcuno potrà suggerirmi: perché per lo stile non facciamo lo stesso discorso fatto con l’originalità, ovvero l’aggiungiamo agli altri criteri invece di considerarla una sintesi di grafica e sonoro? Più criteri, più oggettività. Il globale, in quel caso, sarebbe un 8 netto. Sempre troppo basso? Però, a questo punto, qualcuno potrebbe voler discutere altri fattori. Perché considerare oggettivo il 10 dato al gameplay? A qualcuno potrebbe non piacere l’eccesso di sequenze scriptate e la scarsa sfida complessiva; ad altri potrebbe non andare giù di trovarsi di fronte a un Uncharted 2 rifinito. Quindi quel 10 da cosa nasce? Dal confronto con altri giochi. Ovvio, ma rimane il problema dell’oggettività: quel 10 è veramente la rappresentazione oggettiva del gameplay di Uncharted 3? E se staccassimo dal gameplay e dalla longevità il “fattore sfida” e gli dessimo un 5 perché in media con quello di moltissimi altri videogiochi (ovvero praticamente nullo)? Vediamo:

Presentazione 10
Grafica 10
Sonoro 10
Stile 6
Gameplay 10
Fattore sfida 5
Longevità 10
Originalità 0
Globale 7.625

7.625 è il voto oggettivo di Uncharted 3? C’è da impazzire. “Eppure no”, mi dirà qualcuno, “io ci ho giocato e sono pronto a difendere quel 10 globale fino alla morte”. Qualcuno, invece, dirà che non è proprio perfetto e che un 9.5 sarebbe più adatto. Altri, invece, potrebbero dire che in fondo è il terzo capitolo di una serie che li ha stancati e, quindi, non è il caso di esagerare con i voti, 7 è più che sufficiente. Tre oggettività differenti o molte soggettività? In realtà potremmo andare avanti per un bel po’ sommando criteri, dividendone altri o togliendone di vecchi. Ci potrebbe anche essere chi, in modo salomonico, potrebbe chiedere l’azzeramento complessivo della pagella e il mantenimento del solo globale, perché in fondo quello che conta è il valore che si dà all’esperienza complessiva, non certo quello dei singoli fattori. Ma a quel punto chi potrebbe impedire a qualcuno di dargli 4 in caso di esperienza complessiva negativa? Non è possibile farlo perché i fattori di cui sopra sono oggettivamente eccellenti? Ma non li avevamo appena aboliti? Oltretutto, perché un giudizio negativo sarebbe subito bollato come un modo per mettersi in mostra? Perché lo stare nella media voti va bene mentre distaccarsene no?

Inoltre, leggendo la maggior parte degli articoli su Uncharted 3 è quasi scontato ritrovarvi, più o meno esplicitamente, i fattori della pagella di IGN. Quindi, chiedo ancora, il semplice globale come fa a essere oggettivo se segue dei criteri che abbiamo visto non esserlo affatto? E le aspettative non vogliamo proprio considerarle? E il prestigio di una serie? Quante volte il fattore attesa e il blasone hanno influito enormemente sul giudizio di questo o quel gioco che, riletto con il senno di poi, è stato enormemente ridimensionato? Quante volte il tempo ha reso evidenti problemi che in fase di recensione non erano stati neanche considerati perché offuscati da altri fattori?

Ma, per paradosso, stabiliti dei criteri assoluti per il giudizio dei videogiochi, perché il Club degli Strateghi di Collegno non dovrebbe voler inserire un criterio specifico per giudicare Uncharted 3, magari la tatticità dei combattimenti, e vedere il suo voto considerato oggettivo come quello degli altri? Se per i membri del club è importante avere una valutazione di quell’aspetto, perché gliela si dovrebbe negare? Il problema è sempre lì che incombe: possono darsi due voti oggettivi dello stesso videogioco?

La critica cinematografica ha risolto la cosa in modo ineccepibile: l’assunto generale è che il giudizio nasce dall’applicazione degli strumenti critici scelti e non ha alcuna pretesa di oggettività. Per fare un esempio concreto, è considerato normale che il critico cinematografico dell’Avvenire possa esprimere su un film un giudizio completamente opposto rispetto al critico cinematografico del Manifesto. Resi espliciti i criteri, il resto è puro discorso, senza starsi a lambiccare troppo sui singoli aspetti del film. È anche vero che la critica cinematografica tiene molto meno in considerazione i valori produttivi rispetto a quella videoludica, ancora enormemente affascinata dai numeri del marketing (non per niente stiamo sempre a discutere di vendite).

Purtroppo nel mondo dei videogiochi l’ottusità dell’utenza e la sprovvedutezza dei recensori, che credono di poter scrivere di videogiochi solo perché nella vita hanno giocato tanto, la fanno da padrone. I voti sono delle bandiere che, se non corrispondono alle aspettative del lettore, diventano motivo di guerre furiose quanto idiote, combattute a colpi di decimali. D’altro canto i criteri di giudizio sono gli stessi da trent’anni e spesso si crea confusione dandogli più o meno peso a seconda dei contesti, senza però specificare perché e senza quindi creare un quadro critico coerente per giustificare le proprie scelte (che imporrebbe proprio un modo nuovo di scrivere le recensioni).

Insomma, per concludere, se vi trovate un’altra volta a discutere con qualcuno che invoca il “voto oggettivo”, sputategli in faccia questa roba e toglietevelo dai coglioni.

Gaming Effect – Episodio Ventuno

Oh ragazzi, crolla il governo ed esce il ventunesimo episodio di Gaming Effect dedicato a Uncharted. Qualcosa vorrà pure dire. Comunque cercate di ascoltarlo quando siete permeati dalla tristezza. Diverrete ancora più tristi.
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Locandina episodio 21

Dopo l’annuncio relativo all’abbandono della periodicità mensile Gaming Effect torna, nel periodo periodo dell’uscita di Uncharted 3, con una retrospettiva sui primi due capitoli della serie di Naughty Dog.

Analizzeremo brevemente la storia del team, dai primi titoli fino alle serie successive, che hanno trasportato il successo da Playstation a Playstation 2, fino all’attuale console casalinga di Sony.

Nel più classico stile di Gaming Effect, la retrospettiva include svariate sequenze in-game prese direttamente dalle versioni localizzate in italiano dei primi due Uncharted.

Buon ascolto.

Download mp3

Le recenzzioni natalazie brevi

Sviluppatori al lavoro. Chissà su quale gioco del Natale 2012.

Assassin’s Creed Revelations
Ma Assassin’s Creed, poi patchato in Assassin’s Creed II, a sua volta patchato in Assassin’s Creed Brotherhood, non lo avevo disinstallato l’anno scorso? 9.5 per la costanza.

Call of Duty: Modern Warfare 3
Ma Call of Duty: Modern Black Ops 2 non lo avevo disinstallato l’anno scorso? 9.0 per il coraggio di essere sempre uguali.

Battlefield 3
Ma Call of Duty: Modern Black Ops 2 non lo avevo disinstallato l’anno scorso? Però ha il motore grafico più figo. Qualcosa non torna. 9.9 perché brucia le schede grafiche vecchie.

Uncharted 3: L’Inganno di Drake
Ma a questo non avevo già giocato l’anno scorso? O era due anni fa? 9.9 perché in fondo che male c’è.

Gears of War 3
Bravi, ci hanno messo due anni per ricolorarlo. 9.5 perché finisce una storia di merda.

FIFA 12
L’anno prossimo voglio le maglie svolazzanti, sennò non gli do 9.9. Intanto 9.8 tié.

PES 2012
L’anno prossimo voglio che diventi come FIFA, altrimenti non gli do 9. Intanto 8.9 tié.

The Legend of Zelda: Skyward Sword
Vivere una favola. Da venticinque anni a questa parte. 10 netto e pulito.

Super Mario 3D Land
Mario è Mario. Da ventisei anni a questa parte. 10 netto e pulito.