Mini Ninjas (seconda opinione)

Sviluppato da IO Interactive | Pubblicato da EIDOS
Piattaforme: Windows, Wii, DS, PS3, X360

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“IO” Interactive è uno studio di sviluppo che sperimenta. Ce ne siamo accorti con il primo Hitman e i suoi discontinui seguiti ma anche con quel capolavoro di Freedom Fighters e con il mediocre Kane & Lynch. Ora “IO” sembra voler provare la strada del gioco semplice e per tutti senza però abbandonare l’azione. Mini Ninjas, dall’aspetto infantile (il primo gioco “IO” pensato in quest’ottica) può sembrare un classico Platform dedicato ai più piccoli. In realtà si tratta di un gioco d’azione a scorrimento che sperimenta diversi approcci. Non ci soffermiamo più di tanto ad esaminare la trama la quale non propone niente di diverso dal solito stereotipo del generico cattivo che causa una minaccia ecologica (rapisce e trasforma animali in servi, un po’ come Eggman in Sonic). Questa stessa minaccia verrà smantellata pezzo per pezzo dal gruppo dei giovani ninja del titolo, tra i quali spicca il protagonista Hiro (assonanza non scelta a caso). Dal lato grafico Mini Ninjas non manca di stupire: malgrado la grafica caramellosa e rotondeggiante ci troviamo davanti a un Giappone bucolico e cartoonesco davvero suggestivo. Il design dei personaggi è stilizzato ma molto azzeccato, e le animazioni a loro attribuite sono consone e mai fuori luogo.

Lo svolgimento di ogni singolo livello è lineare: bisogna arrivare da un punto A ad un punto B della mappa, sconfiggendo i vari gruppetti di pacioccosi samurai ostili che troveremo per la via. Per arricchire questo schema, “IO” si è messa di impegno per offrire al giocatore una grossa gamma di approcci diversi e una serie di curiose azioni collaterali. I livelli sono molto grandi, quindi, oltre al sentiero principale da seguire, l’esplorazione è comunque incentivata dalla classica sindrome da collezione: possiamo raccogliere diverse piante per creare decotti e pozioni curative e difensive, possiamo navigare sugli specchi d’acqua e interrompere la nostra missione con un piccolo minigioco di pesca per recuperare qualche medipack extra (sotto forma di sushi) e, infine, ci sono diversi punti nascosti dove si celano dei piccoli templi che donano al nostro eroe poteri e utili magie. Queste magie (che sbloccheremo man mano che si va avanti nel gioco) costituiscono parte degli approcci diversi che “IO” ci offre per affrontare le diverse situazioni: si può prendere il possesso dei corpi di piccoli animali per sgattaiolare inosservati agli occhi dei nemici, creare tornado e piccole tempeste per colpire più di un bersaglio a distanza, ed è pure presente un incantesimo di luce per sbarazzarsi di fantasmi e fastidiosi non morti. Oltre a questi poteri possiamo ricorrere all’uso di diverse armi (come le immancabili shuriken, e bombe a mano) e alle diverse abilità dei vari personaggi secondari. Anche questi verranno progressivamente sbloccati durante il corso dell’avventura e si potranno usare a proprio piacimento in qualsiasi momento; dal Ninja grosso indispensabile per sbarazzarsi di nemici di dimensioni considerevoli a quello munito di arco per non sporcarsi troppo la katana rimanendo a distanza.

“IO” quindi ci propone una declinazione suo classico tema: la libertà di approccio, che tanto ha reso la serie di Hitman particolare ed unica. In Hitman il giocatore era libero di finire l’intero gioco sia in maniera silenziosa (ottenendo il massimo punteggio nel non farsi scoprire) sia in maniera rumorosa (uccidendo tutti indiscriminatamente), quindi con un approccio antitetico al genere del gioco stesso (che dovrebbe essere uno stealth). Invece in Mini Ninjas questa libertà si manifesta solo attraverso la gamma di azioni possibili senza mai andare contro alla natura stessa del genere: infatti, mentre in Hitman la via rumorosa è vista come penalizzante mentre quella silenziosa è remunerativa, in Mini Ninjas la via più semplice (eliminare tutti usando la semplice katana) sarà sempre quella che garantirà la resa migliore con il minor sforzo. Il provare i vari attacchi, incantesimi e abilità dei personaggi secondari non porta a nulla se non a soddisfare una curiosità, visto che non c’è mai un reale bisogno di usare un determinato incantesimo o un personaggio particolare (se non i sporadici casi già citati sopra). Non è certo d’aiuto poi la  scarsissima varietà di nemici, che non spinge e non motiva all’utilizzo di attacchi che non siano quelli di base. Il sistema di mosse speciali poi è alquanto semplice e immediato, e di conseguenza sarà sempre più comodo della selezione di magie ed armi che rimane un po’ più macchinosa, anche se  non ostica.

Possiamo quindi dire che Mini Ninjas è un gioco riuscito a metà; non fallisce certo su tutta la linea (il level design è sempre molto azzeccato) ma che fatica un po’ ad elevarsi al di sopra della massa di action 3D che popolano il mercato. Si poteva di certo aspirare a qualcosa di più (sarebbe bastata qualche sistematina qua e là) ma se ci si accontenta non si rimane delusi!

Rogue Warrior

Sviluppato da Rebellion | Distribuito da Bethesda Softworks | Piattaforme: PS3, Xbox 360, PC | Pubblicato Dicembre 2009 (PC) | Sito ufficiale

La versione testata è quella PC

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Rogue Warrior è un gioco di merda. Una corta ma intensa esperienza di insulti, razzismo, americanismo becero e ignorante, non nel senso cool del termine. L’unico pregio è che finisce subito, nel senso che dura nemmeno due ore e quindi lo strazio non si protrae più del tempo di rendersi conto di come si sono buttati i soldi.

Il protagonista è un povero mentecatto. Guidarlo causa pietà e un grosso senso di disgusto. Inoltre è talmente potente rispetto agli avversari che dopo qualche minuto ci si chiede dove sia il gioco, visto che i poveri coreani sono così ottusi che è quasi difficile convincerli a sparare. A volte risulta difficilissimo anche farsi scoprire: quando sono girati di spalle potete mettervi a suonare con una banda, tanto non vi sentiranno. La vita deve avergli negato il dono dell’udito.

In realtà vorrei evitare le critiche troppo facili, ma di fronte a un prodotto del genere è difficile rimanere su toni più analitici. Semplicemente non funziona e non c’è un aspetto che possa essere salvato, a meno che uno non si diverta a trascinare un personaggio semi-immortale in giro per brutti ambienti mal realizzati dove fargli massacrare nemici inermi sentendolo pronunciare una raffica di battute cretine che cessa solo con il finale.

Non mi va di farla troppo lunga. Ho scritto questa brevissima recensione solo per sconsigliarlo. Mi viene solo da chiedere perché mai Bethesda ha accettato di pubblicare questa schifezza immonda.

Tales of Monkey Island: Rise of the Pirate God

Lieto fine?

Tales of Monkey Island: Rise of the Pirate God su arsludica.org

Sta a voi scoprirlo: posso solo dirvi che ho appena concluso l’ultimo capitolo di questo Tales of Monkey Island e sono ancora scosso, vuoi per l’emozione per aver completato un Monkey Island dopo 9 anni, vuoi perché a tratti Rise of the Pirate God mi ha ricordato maledettamente l’immenso Le Chuck’s Revenge, seppur con le dovute proporzioni. Non sto scherzando, sono diverse le citazioni al capolavoro LucasArts per eccellenza, sia nella trama che nel gameplay. Impossibile parlarvi del gioco senza rovinarvi nulla, vi dico solo che è una sofferta e intensa passeggiata nei meandri dell’aldilà (e aldiqua) ricca di momenti epici che difficilmente scorderemo.
Rise of the Pirate God è sicuramente il capitolo più bello da vedere e da ascoltare, musiche finalmente adeguate e interpretazione da oscar per Dominic Armato (e in generale per tutti gli altri personaggi) che doppia un Guybrush via via sempre più sofferente e affaticato, a volte quasi arrendevole, come mai l’avevamo visto prima. Parlavamo di passeggiate e in effetti ci troviamo al cospetto del più semplice dei cinque episodi, facilissimo da portare a termine, basta solo aguzzare la vista e avere buona memoria, il più delle volte. Il riciclo delle locazioni è quasi inesistente e quel poco che c’è è più per esigenze di copione che per risparmio nei tempi di sviluppo. Meno personaggi con cui dialogare (ognuno col proprio doppiatore, migliorando nettamente l’immersione rispetto ai primissimi episodi) ma tante cose da dire e da ascoltare.

Rise of the Pirate God su arsludica.org

Tales of Monkey Island è importantissimo per il presente e il futuro della saga, sta contribuendo a fare del bene al mondo delle avventure grafiche moderne (seppur con alcuni innegabili difetti da sistemare) e corregge il tiro di Curse ed Escape from Monkey Island, consegnandoci un Guybrush meno idiota e più maturo, capace di suscitare anche sentimenti diversi dall’ilarità spicciola. L’impegno e il rispetto nei confronti della Saga è evidente e sono sicuro che Ron Gilbert sia soddisfatto del lavoro fatto da tutta Telltale Games; i miei complimenti vanno a tutto il team e in particolare a Mike Stemmle che ha saputo farsi perdonare per le strambe idee di Escape from Monkey Island. Le rivelazioni racchiuse in questo capitolo conclusivo sono pachidermiche, l’unica nota dolente è il finale che lascia diversi punti interrogativi più o meno importanti ma che sono sicuro verranno chiariti in un futuro sequel che possiamo dare per scontato. Attendiamo, io approfitterò della versione DVD per rigiocarci fra qualche tempo e nel frattempo punto il mio browser su www.samandmax2010.com, in attesa dell’uscita della terza stagione!

Batman: Arkham Asylum

Sviluppato da Rocksteady Studios | Distribuito da Eidos | Piattaforme: PS3, Xbox 360, PC | Pubblicato Agosto 2009 (PC) | Sito ufficiale

La versione testata è quella PC

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Non vedo la forza di Arkham Asylum nella trama. Sì, i cliché del personaggio ci sono tutti, ma proprio per questo non stupiscono e sinceramente faccio fatica a spasimare per l’ennesimo scontro contro il Joker. I combattimenti sono belli, ma capito il trucco sono piuttosto semplici, scontro finale compreso. Eppure il gameplay è difficile da denigrare. C’è qualcosa che ti cattura, esteticamente parlando, qualcosa che ti costringe ad andare avanti al di là dei dialoghi e della solita rivolta dei detenuti di Arkham.

Il trucco è il mantello.
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Ninja Blade

Sviluppato da From Software | Distribuito da Microsoft (versione Xbox 360) | Piattaforme: Xbox 360, PC | Pubblicato 2008 (Xbox 360), Novembre 2009 (PC) | Sito ufficiale

La versione testata è quella PC

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Il protagonista di Ninja Blade frena un jumbo con due rampini, ma ha bisogno di una spinta per tirare su una botola. Fa dei salti da capogiro gettandosi dalla cima dei grattacieli di Tokio, ma se cade dal secondo piano di un palazzo normale finisce spiaccicato come la marmellata. Non voglio essere puntiglioso, ma qui il problema è tutto narrativo. Hai i mezzi per fare filmati spettacolari (spesso all’eccesso, tanto da diventare ridicoli) che durano molti minuti, con botti ed esplosioni ovunque, con i personaggi che volano a destra e a sinistra e con dei bestioni immensi che si muovono come fossero delle cavallette impazzite… però non hai le capacità per capire che un personaggio non può continuamente contraddire se stesso.

Arrivati a metà gioco raggiungiamo un gruppo di ostaggi prigionieri di uno dei deuteragonisti più importanti, oltretutto ex-collega del protagonista. Uno di loro riesce a slegarsi e inizia a prendere a pugni il boss meno carismatico della storia dandogliele di santa ragione. Dov’è il problema? Beh, intanto perché si è fatto legare? Voglio dire, se sei così forte, dagliele di santa ragione prima che ti catturi in modo da evitare di diventare l’esca per il salvatore del mondo. È un po’ come se Peach, arrivato Mario a salvarla, picchiasse Bowser senza l’ausilio del baffuto eroe. Inoltre, da tanta violenza il boss ne emerge sminuito e ridicolizzato, visto che fa la figura del babbeo. Lo scontro susseguente, narrativamente parlando, non vede più fronteggiarsi l’eroe e il terribile nemico, ma l’eroe e un cattivo da commedia (oltretutto è molto più facile da battere di molti boss precedenti).

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Tales of Monkey Island: The Trial and Execution of Guybrush Threepwood

Sviluppato e pubblicato da Telltale Games | Piattaforme PC – Wii (Wiiware) | Rilasciato il 30 ottobre 2009

In attesa del capitolo conclusivo dei racconti di Monkey Island, vi parliamo di questo quarto episodio con cronico ritardo.

Tales of Monkey Island - Ars Ludica

Difficile poter eguagliare Lair of the Leviathan, che reputo il miglior capitolo del lotto per contenuti ludici e scenici, ma comunque The Trial riesce a mantenersi su un buon livello e si rivela l’episodio più importante quanto agli avvenimenti che racconta. Guybrush, ritenuto responsabile dell’epidemia causata dalla “Pox of  Le Chuck” viene processato per direttissima nel tribunale di Flotsam Island, locazione del primo capitolo, dopo essere stato salvato dalle grinfie dell’odioso DeSinge (a cui stava per essere consegnato da Morgan LeFlay, traditrice!). Questa volta l’ago della bilancia pende nettamente verso l’importanza e la cura per trama e dialoghi, contornati da una struttura ludica poco entusiasmante ma che ha saputo mettermi in difficoltà diverse volte, soprattutto nella parte finale. Per metà del capitolo dovremo cercare di smontare tutti i capi d’accusa di Guybrush, che farà l’avvocato di se stesso dando sfoggio delle sue scarse abilità oratorie. Nella seconda parte torneremo ad avere a che fare con la foresta di Flotsam Island e i suoi contorti enigmi che un po’ mi hanno ricordato quelli poco immediati dei primi due Monkey. Tornando a parlare di trama e personaggi, arriviamo a una svolta importante nell’intera saga di Monkey Island, e i colpi di scena si susseguono da metà gioco in avanti, facendo probabilmente storcere il naso a diversi fan. Per la prima volta in questo Tales of proviamo emozioni diverse dal solito, grazie all’impegno degli sceneggiatori Telltale che sono riusciti a rappresentare alcuni momenti topici con maestria, senza scadere nel prolisso o nel banale, offrendoci per la prima volta sia il dolce che l’amaro. È piacevole incontrare quasi tutti i personaggi conosciuti fin qui con l’aggiunta del mitico Stan, trasformista del commercio qui presente in veste di avvocato accusatore con il solo scopo di lucrare sul caso, con i suoi gadget a tema.

Tales of Monkey Island - Ars Ludica

Non c’è molto da dire sul comparto tecnico del gioco data la natura episodica, ma si puo’ affermare che il doppiaggio è ancora più impegnato e sentito che nel passato, vuoi anche per le particolari situazioni che si pareranno davanti alle nostre orecchie. La colonna sonora continua a essere poco coraggiosa e ci propone per lo più  i soliti richiami a temi già noti sin dal primo episodio: avrei gradito un’impegno maggiore da parte di Michael Z. Land, in generale per tutta la Tales of, speriamo si rifaccia nella nuova stagione (perché ci sarà, vero Telltale?). Il finale col botto ci prepara all’ultimo capitolo, pericoloso per l’identità e la coerenza di tutta la saga.